Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37340 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37340 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
MLAKAR Edoarda, nata a Napoli il 19/11/1951
avverso la sentenza del 6/5/2011 della Corte di appello di Torino, che ha
confermato nei confronti dell’imputata la sentenza emessa il giorno 11/6/2010
dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Torino al termine di rito
abbreviato, con la quale esclusa la recidiva e concesse le attenuanti ex art.73,
comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 ed ex art.62-bis cod. pen., la stessa
sig.ra Mlakar è stata condannata alla pena di un anno, undici mesi e dieci giorni
di reclusione e 1.400,00 euro di multa in relazione al reato continuato ex artt.81
cod. pen. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309. Fatti commessi dal 26/5/2009

Data Udienza: 18/04/2013

all’agosto 2009.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 6/5/2011 la Corte di appello di Torino ha confermato
nei confronti dell’imputata la sentenza emessa il giorno 11/6/2010 dal Giudice
delle indagini preliminari del Tribunale di Torino al termine di rito abbreviato con

A

cui, esclusa la recidiva e concesse le attenuanti ex art.73, comma 5, del d.P.R. 9
ottobre 1990, n.309 ed ex art.62-bis cod. pen., la stessa sig.ra Mlakar è stata
condannata alla pena di un anno, undici mesi e dieci giorni di reclusione e
1.400,00 euro di multa in relazione al reato continuato ex artt.81 cod. pen. e 73
d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309. Fatti commessi dal 26/5/2009 all’agosto 2009.
La Corte di appello ha respinto l’unico motivo d’impugnazione con il quale si
sollecitava la riduzione della pena in relazione alle condizioni personali e alla
riconducibilità delle condotte tenute allo stato di tossicodipendenza.

lamentando l’errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e
vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento
alla determinazione della pena base, non contenuta in misura prossima al
minimo edittale, e non adeguatamente ridotta alla luce delle concesse
circostanze attenuanti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

L’impugnazione è manifestamente infondata e caratterizzata da

genericità, e come tale deve essere dichiarata inammissibile.
Sia il giudice di primo grado sia la Corte di appello hanno motivato le ragioni
che hanno condotto alla qualificazione del fatto in termini di minore gravità
rispetto alla ipotesi di reato inizialmente contestata e a contenere la pena
ulteriormente mediante l’esclusione degli effetti della recidiva e la concessione
delle circostanze attenuanti generiche. Si è in presenza di valutazioni di merito
che, tenuto conto dei motivi di appello, sono state logicamente motivata con
riguardo alla complessiva situazione di fatto e alla personalità della ricorrente;
l’assenza di vizi motivazionali preclude a questa Corte ogni intervento di censura
e rende il motivo di ricorso manifestamente infondato perché estraneo alle
ipotesi ex art.606 cod. proc. pen.
2. A ciò deve aggiungersi che la riproposizione in sede di ricorso degli
argomenti già sottoposti al giudice di appello e da questi motivatamente respinti
integra nel caso in esame una ipotesi di genericità dell’impugnazione. In effetti,
secondo il costante orientamento di questa Corte, si considerano generici – con
riferimento al disposto degli artt.581, comma primo, lett.c) e 591, comma primo,
lett. c) c.p.p. -, i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimità le
medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo
grado e che nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di
appello ha posto a fondamento della decisione sui punti contestati. Si tratta di
interpretazione costantemente applicata dalla giurisprudenza di questa Corte ed

2

2. Avverso tale decisione la sig.ra Mlakar propone ricorso personalmente

espressa, da ultimo, con la sentenza della Sez.6, n.22445 del 2009, P.M. in
proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che

“e’ inammissibile per

genericità il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed
argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo
disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato”.
3. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/4/2013

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