Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3734 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3734 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOCCUTO SECONDO N. IL 29/03/1958
avverso la sentenza n. 1939/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
17/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. R p8 E. erp
che ha concluso per fi
.

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

LC0

Data Udienza: 03/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 gennaio 2013 la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza
del G.u.p. presso il Tribunale di Trani del 16 dicembre 2011, che all’esito di giudizio abbreviato
dichiarava Boccuto Secondo colpevole dei reati di coltivazione di due distinte piantagioni di
cannabis indica [capi sub a) e b)] ex artt. 110 c.p. e 73, comma 1, del D.P.R. n. 309/90,
rispettivamente commessi in Canosa di Puglia sino al 13 agosto ed al 7 settembre 2010, e,

ventimila di multa, applicate la recidiva reiterata e la diminuente del rito.

1.1. Il primo Giudice aveva accertato che, in concorso con altre persone, l’imputato aveva
coltivato due distinte piantagioni di cannabis, situate nel fitto di una vegetazione prossima alle
sponde del fiume Ofanto e rispettivamente consistenti in 204 e 520 piante utili alla produzione
di sostanza del tipo marijuana.
Il giudizio di colpevolezza è stato basato sui risultati dell’attività di pedinamento ed
osservazione, oltre che di controllo a distanza operato anche mediante un rilevatore satellitare
collocato nell’automobile in uso al Boccuto. Le attività d’indagine svolte dai Carabinieri hanno
consentito, in particolare, di osservare in più occasioni l’imputato mentre si recava presso le su
indicate piantagioni, accompagnandovi i complici, intrattenendosi sul posto e curando
l’approvvigionamento del carburante che alimentava la pompa per l’irrigazione dei due
appezzamenti. In occasione dell’ultimo controllo svolto dagli organi d’indagine, relativo ad una
delle due piantagioni, veniva arrestato in flagranza il complice Nunzio Marchetta.

2. Avverso la predetta pronuncia della Corte d’appello di Bari ha proposto ricorso per
cassazione il difensore di fiducia di Secondo Boccuto, deducendo due motivi di doglianza.

2.1. Inosservanza della legge penale ex art. 606, lett. b), c.p.p., in relazione alla mancata
applicazione dell’art. 530 c.p.p., avendo i Giudici di merito erroneamente giustificato la
condanna, stante la discrasia emergente dal confronto fra le annotazioni di servizio effettuate
dalla P.G. nell’ambito del procedimento a carico del coimputato Marchetta Nunzio, arrestato in
data 7 settembre 2010, e quelle tratte dal verbale di arresto a carico del Boccuto, unitamente
ai tracciati del monitoraggio effettuato nello stesso giorno mediante un sistema di rilevazione
GPS posizionato nell’automobile in uso al Boccuto: i Carabinieri, infatti, si appostavano in
attesa del Marchetta e contemporaneamente, alle ore 0,00 del 7 settembre 2010, davano inizio
al servizio di osservazione nei pressi dell’abitazione del Boccuto; discrasia, questa, che lascia
sorgere il dubbio che la P.G. abbia pedinato il solo Marchetta, mentre per l’imputato si sia
limitata ad osservare gli eventuali spostamenti attraverso quel sistema di monitoraggio
(peraltro con esiti incerti e sostanzialmente inattendibili, poiché sulla base di quei rilievi la
piantagione avrebbe dovuto trovarsi in un punto situato nell’Oceano Atlantico al largo del
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riconosciuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni sei di reclusione ed euro

Portogallo, come accertato e posto in evidenza da una consulenza tecnica di parte, il cui
contenuto, inoltre, documentava uno stato dei luoghi completamente diverso da quello
ricostruito dai verbalizzanti, sia in ordine alla posizione dei terreni coltivati dal Boccuto,
distante circa due chilometri dal fiume Ofanto, sia per l’assenza di una fitta vegetazione).

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in considerazione della carenza di prova
riguardo alla natura stupefacente della sostanza in sequestro, avendo la Corte d’appello

riferimento alla campionatura ed all’analisi qualitativa e quantitativa effettuata dai Carabinieri,
che non sembra essere, di per sé, un dato univoco o comunque decisivo per identificare lo
specifico “tipo” di sostanza, con la conseguenza che la decisione è stata in tal modo ancorata
ad una valutazione di mera probabilità, incompatibile con la necessaria prova della concreta
offensività della condotta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile in quanto non è volto a rilevare mancanze argomentative ed
illogicità ictu ()cuti percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte
valutative compiutamente giustificate dalla Corte d’appello, sostanzialmente reiterando,
peraltro, le medesime censure già sollevate dinanzi ai Giudici di merito, che ne hanno
conformemente escluso la fondatezza sulla base di un congruo e lineare percorso
argomentativo, pervenendo alla decisione impugnata attraverso una completa ed approfondita
disamina delle risultanze processuali.
Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in risalto nella
sentenza del Giudice di prime cure, la cui struttura motivazionale viene a saldarsi
perfettamente con quella di secondo grado, sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e
privo di lacune, la Corte di merito ha puntualmente disatteso la diversa ricostruzione
prospettata nelle deduzioni e nei rilievi sollevati dalla difesa, ponendo in evidenza, con
plausibili giustificazioni: a) da un lato, che sulla base degli elementi desumibili dagli atti
acquisiti nel corso dell’istruttoria, ed in particolare dalle deposizioni rese dai Carabinieri che
presero parte alle attività d’indagine, la ragione della genericità del verbale di arresto del
Marchetta – laddove, senza distinguere fra le due pattuglie, fa riferimento ad una presenza
unitaria dei militari nella zona della piantagione – deve esser spiegata alla luce del fatto che
nel momento in cui si procedette a quell’arresto l’attività di monitoraggio degli spostamenti del
Boccuto era ancora segreta e la specificazione delle modalità dell’arresto del complice avrebbe
dunque compromesso l’esito delle indagini in corso; b) dall’altro lato, che è del tutto irrilevante
l’anomalia segnalata riguardo ai dati rilevati sullo schermo del GPS, poiché le risultanze
dell’attività di pedinamento ed osservazione svolte dai Carabinieri avevano consentito di

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motivato sul punto in assenza di un accertamento peritale ed attraverso un generico

accertare direttamente gli spostamenti del Boccuto, i luoghi dove egli aveva lasciato
l’autovettura e si era intrattenuto con i complici, e quello ove era coltivata la canapa indiana.
La sentenza impugnata, peraltro, ha chiarito che le piante sequestrate nei due
appezzamenti sono state sottoposte tutte a campionatura e ad analisi quantitativa e qualitativa
presso i competenti servizi degli organi investigativi, risultando da tali accertamenti il dato
inequivoco che in ambedue le situazioni si trattava di piante di cannabis indica, con un peso
lordo di quintali 31 per le piante (n. 502) poste sotto sequestro il 7.9.2010, mentre per quelle

attivo puro, utili alla preparazione di n. 1349 dosi droganti. il 14 agosto
Al riguardo, l’impugnata sentenza ha fatto buon governo dei principii più volte stabiliti da
questa Suprema Corte (da ultimo, Sez. 5, n. 5130 del 04/11/2010, dep. 11/02/2011, Rv.
249703; Sez. 3, n. 28556 del 21/06/2012, dep. 17/07/2012, Rv. 253149), secondo cui, per
stabilire l’effettiva natura stupefacente di una sostanza, non è necessario ricorrere ad una
perizia tossicologica, essendo del tutto sufficiente il ricorso ad altri elementi o mezzi di prova,
quali, ad es., le dichiarazioni testimoniali, gli accertamenti di polizia ecc..

4. La Corte d’appello, pertanto, ha compiutamente indicato le ragioni per le quali ha
ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione dei delitti oggetto del tema
d’accusa, ed ha evidenziato al riguardo gli aspetti maggiormente significativi, dai quali ha
tratto la conclusione che la ricostruzione proposta dalla difesa si poneva solo quale mera
ipotesi alternativa, peraltro smentita dal complesso degli elementi di prova processualmente
acquisiti.
La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su un quadro
probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e come tale in nessun modo
censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica.
In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione del compendio
storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi ammessa alcuna incursione nelle
risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti accertati nelle
pronunzie dei Giudici di merito, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l’iter
argomentativo ivi tracciato, e a verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu
ocull percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle
correlative acquisizioni processuali.

5. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima
equo determinare nella misura di euro mille.

P.Q.M.

3

(n. 204) successivamente sequestrate il 14 agosto erano ricavabili mg. 33.736 di principio

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, lì, 3 dicembre 2013

c( I resi e

Il Consigliere estensore

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