Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37333 del 10/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 37333 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SIMEONE MARCO N. IL 06/04/1961
avverso l’ordinanza n. 21/2013 TRIB. LIBERTA’ di CAGLIARI, del
22/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/07/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Gioacchino Izzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
– Uditi, per il ricorrente, gli avvocati Guido Mancabitti e Salvatore Casula, che
hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Cagliari, con ordinanza del

applicata a Simeone Marco il 9-10-2012 per reati di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentali, nonché per reati in materia di imposte sui redditi e
sul valore aggiunto (artt. 2-8-10 del D.Igs 474/2000), commessi quale
amministratore della Sept Italia spa.

2. Contro l’ordinanza suddetta proponeva appello il prevenuto al Tribunale del
riesame di Cagliari che, con ordinanza del 22-2-2013, rigettava il gravame,
condividendo il giudizio di permanenza delle esigenze cautelari che avevano dato
luogo all’applicazione della misura. Rimarcava che la reiterazione delle condotte
distrattive e dissipatorie in un lungo arco di tempo (dal 1997 al 2000) e la
gravità delle medesime, la spregiudicatezza nell’avvalersi della posizione di
supremazia occupata in varie altre società e i significativi precedenti penali
facevano del Simeone un soggetto che, se rimesso in libertà, avrebbe con ogni
probabilità reiterato le condotte delittuose che gli vengono attribuite.

3. Contro l’ordinanza suddetta ha proposto ricorso per cassazione, nell’interesse
dell’indagato, l’avv. Salvatore Casula, che si duole della violazione degli artt. 274
e 299 cod. proc. pen., nonché degli artt. 125 e 299 cod. proc. penale.
Sotto il primo profilo lamenta che il Tribunale ha rigettato il gravame con
espressioni generiche e stereotipate, senza far riferimento a “ipotesi concrete”
attraverso le quali si manifesterebbe il pericolo di reiterazione criminosa.
Contesta che le condotte tenute dall’indagato in relazione alla gestione e al
fallimento della Sept Italia spa, nonché i precedenti penali, siano segni di una
particolare inclinazione a delinquere, e che la posizione occupata dal Simeone in
altre società sia idonea a favorire la consumazione di delitti della stessa specie di
quelli per cui si procede. Lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto del
tempo trascorso dall’applicazione della misura e che abbia dato rilievo a
procedimenti penali pendenti senza valutarne l’intrinseca consistenza.
Sotto il secondo profilo censura il percorso motivazionale dell’ordinanza, che ha
fondato il pericolo di reiterazione criminosa sulla posizione del Simeone in società
che sono state solo occasionalmente in contatto con la Sept Italia spa (Cidi
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18-1-2013, rigettava l’istanza di revoca della custodia cautelare in carcere

International, Liss Project, Grandi Bonifiche spa), ovvero sono in liquidazione
(Wahoo), oppure sono già sotto la lente della Guardia di Finanza (la Marma) o
agiscono su mandato del Governo (Sviluppo Italia).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
La richiesta di sostituzione di misura custodiale con altra meno afflittiva

specifiche situazioni che, in relazione alla gravità del fatto nonché alla natura ed
al grado delle esigenze cautelari, rendono imprescindibile ed inevitabile la
necessità di adottare e mantenere la misura cautelare più grave, dando conto,
con criteri logici e di plausibile persuasività, delle ragioni giustificative di un
provvedimento che sacrifica la libertà personale nella misura massima
consentita.
Ciò è in concreto avvenuto, dacché IL Giudice delle indagini preliminari e,
poi, il Tribunale del riesame, hanno motivato la propria decisione di rigetto con le
seguenti, lineari argomentazioni:
– il Simeone è accusato di gravi reati contro l’ordine economico e gli interessi
finanziari dello Stato, commessi in un considerevole arco di tempo (dal 1997 al
2010), nel corso del quale il prevenuto non ha mai mostrato di desistere
dall’illecito comportamento tenuto, nonostante il gravissimo danno già procurato
ai creditori (oltre 15 milioni di euro di beni distratti e dissipati);
– il Simeone è già gravato da numerosi precedenti penali per reati di natura
previdenziale (omesso pagamento di contributi) e, in un caso, per un reato di
natura edilizia;
– numerosi sono i procedimenti penali tuttora a carico del Simeone e riguardano
tutti reati di notevole allarme sociale (omesso versamento di ritenute
previdenziali, truffa e diffamazione, omesso versamento di ritenute fiscali);
– il Simeone risulta avere interessenza o responsabilità gestorie in numerose
altre società, alcune già in stato di dissesto.
Su questi presupposti – conclude coerentemente il Tribunale – è altamente
probabile che il prevenuto, se rimesso in libertà, non si asterrà dal commettere
altri reati della stessa specie di quelli per cui si procede, avvalendosi della
pregressa esperienza e del ruolo ancora ricoperto nelle società che a lui fanno
capo. Né queste logiche argomentazioni sono contrastate dalle ragioni del
ricorso, giacché il pericolo “concreto” di reiterazione criminosa è stato desunto come pretende il difensore – proprio dalle “modalità e circostanze del fatto”
addebitato al Simeone, nonché dalla sua inquietante personalità, desunta dai
precedenti penali. Né maggiore concludenza ha il fatto – rimarcato dal difensore
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implica per il giudice l’obbligo di motivare accertando in concreto se ricorrano le

- che alcune delle società riconducibili al Simeone sono in liquidazione, sono
sotto la lente della Guardia di Finanza o sono partecipate dal Governo, giacché la
posizione del liquidatore non si distingue da quella dell’amministratore (se non
per la direzione degli atti che è abilitato a compiere); l’indagine della Guardia di
Finanza può essere, semmai, stimolo al compimento di ulteriori attività illecite,
dirette a nascondere quelle precedenti; la partecipazione governativa al capitale
sociale non ha mai scoraggiato gli amministratori disinvolti.
Il ricorso pertanto non può essere accolto, qui ulteriormente osservandosi

conservazione della misura massima, integra un giudizio di fatto che non è
censurabile in sede di legittimità tutte le volte in cui, come nella specie, esso sia
condotto e sviluppato nel rispetto delle regole che presiedono la logica
dell’argomentare, e sia altresì fondato su una serie coerente di ragionevoli
letture della realtà, secondo massime di comune esperienza ed in relazione all’id
quod plerumque accidit.
Al rigetto del ricorso consegue, per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10 luglio 2013

Il Co

le e Estensore

Il Presidente

che il giudizio sulla permanenza delle esigenze cautelari, agli effetti della

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