Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37317 del 26/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 37317 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PILERI FRANCESCO PAOLO N. IL 26/06/1949
TORTORICI GIOVANNI N. IL 20/03/1954
RIZZICO AGOSTINO N. IL 23/03/1950
nei confronti di:
MONTALBANO SAVERIO N. IL 04/01/1950
avverso la sentenza n. 773/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
30/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/06/2013

I
– Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Udito, per il ricorrente, l’avv. Marcello Bacci in sostituzione dell’avv. Salvatore
Sansone, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
– Udito il difensore d’ufficio dell’imputato, che ha chiesto la dichiarazione di
inammissibilità del ricorso.

1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 30-1-2012, in riforma di
quella emessa dal Tribunale di Termini Imerese, ha assolto Montalbano Saverio
dal reato di cui all’art. 616 cod. pen. (violazione di corrispondenza) perché il
fatto non sussiste.
La vicenda processuale riguarda l’attività posta in essere dal comandante della
Polizia Municipale di Termini Imerese, che aveva proceduto all’apertura di buste
indirizzate a membri della polizia municipale e aveva appreso il contenuto delle
missive.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
delle parti civili Rizzico Agostino, Pileri Francesco Paolo e Tortorici Giovanni,
l’avv. Salvatore Sansone, il quale, agli effetti della responsabilità civile, censura
la sentenza per vizio di motivazione e ne chiede l’annullamento. Deduce che il
giudice d’appello si è limitato a ritenere, peraltro errando, la natura non privata
della corrispondenza nonostante sulle buste fosse chiaramente apposta il
nominativo del destinatario e la dicitura “RISERVATA”. Non ha tenuto conto del
fatto che il Montalbano era stato sollecitato e poi diffidato dal Sindaco del
comune e dal Segretario generale dello stesso a rispettare la “personalità” della
corrispondenza indirizzata agli agenti del corpo di Polizia Municipale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata si fonda su un’errata lettura dei dati normativi di
riferimento e va pertanto annullata.
Emerge pacificamente dalla sentenza suddetta che l’imputato, responsabile
di un settore della Polizia Municipale di Termini Imerese, dispose l’apertura e la
protocollazione di tutte le buste pervenute al corpo suddetto, anche di quelle
indirizzate agli agenti della Polizia Municipale ed anche di quelle recanti la
dicitura “RISERVATA PERSONALE”. Ad avviso del giudice d’appello questa prassi,
sebbene contestata ab initio dai destinatari delle missive, è da ritenere corrett ,
2

RITENUTO IN FATTO

in quanto le missive erano contenute in buste intestate al Comune ed erano
annotate sul protocollo in uscita dello stesso Ente. A fondamento del discorso
giustificativo la Corte d’appello di Palermo richiama il disposto dell’art. 53 ,
comma 5, del Dpr 445/2000, il quale prevede “l’obbligo per tutte le
amministrazioni di procedere alla protocollazione di tutta la corrispondenza
ricevuta e spedita dall’amministrazione demandando a quest’ultima il compito di
fissare i criteri e le modalità ed i termini della suddetta attività di
protocollazione”.

obbligatoria i documenti ricevuti e spediti dall’amministrazione e tutti i
documenti informatici”. Innanzitutto, va distinta la “registrazione” dalla presa di
cognizione del contenuto del documento, che non si deve necessariamente
accompagnare alla prima delle operazioni suddette, essendone logicamente
distinta. Poi, la norma va coordinata con le altre diposizioni di carattere civile e
penale che disciplinano la materia, le quali esigono che la corrispondenza
privata, quando sia inequivocabilmente tale, non tollera interferenze da parte di
terzi, in quanto relativa a beni fondamentali della persona, che sono oggetto di
tutela costituzionale: la libertà di comunicazione e il diritto alla riservatezza. Tali
diritti non vengono meno per il fatto che il titolare sia membro di una P.A., né
l’inserimento in un ufficio amministrativo comporta l’affievolimento della tutela,
per le necessità di “registrazione” degli atti, giacché tale operazione può
senz’altro attuarsi nel rispetto delle prerogative dei singoli che di essa fanno
parte, mediante l’attuazione di forme di protocollazione che salvaguardino la
segretezza della corrispondenza.
La necessità di tener conto e rispettare i diritti del personale amministrativo
comporta, pertanto, che la corrispondenza indirizzata all’Ente va tenuta distinta
da quella indirizzata alla persona e, allorché questa venga in considerazione non
come membro dell’apparato amministrativo, ma uti singuli, di assicurargli la
conoscenza esclusiva del contenuto delle missive a lui dirette.
Nel caso di specie non è contestato che la corrispondenza fosse indirizzata alle
parti civili, non quali membri della Polizia Municipale, ma come persone private,
e che tale caratteristica fosse chiaramente desumibile dai segni impressi dal
mittente sulla corrispondenza, che vi aveva apposto la dicitura sopra specificata.
Tanto basta perché nessun altro, al di fuori dei destinatari, fosse abilitato ad
apprenderne il contenuto, perché la natura della corrispondenza dipende dalla
volontà del mittente, che, come è libero di affidare il suo pensiero al mezzo di
comunicazione in discussione, è libero di determinarne il regime di circolazione.
Pertanto, l’apertura delle buste suddette da parte di un soggetto diverso
dal destinatario, attuata nella consapevolezza del carattere privato della
corrispondenza, integra la condotta descritta dalla norma contestata. La Co o
rte

3

In realtà l’art. 53 cit. si limita a stabilire che “sono oggetto di registrazione

d’appello di Palermo non si è attenuta a tale principio, per cui la sentenza va
annullata agli effetti civili e disposto il rinvio al giudice competente in sede civile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al Giudice civile
competente per valore in grado di appello.

Così deciso il 26/6/2013

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