Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37289 del 21/06/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37289 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Fantini Nicholas, nato 1’08/07/1992;

Avverso la sentenza emessa il 27/04/2017 dalla Corte di appello di Bologna;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Sentite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Simone
Perelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Sentito l’avv. Simone Sabbatini per le parti civili, Mattia Gregorio, Mattia
Mauro e Del Sordo Annunziata;

Sentiti per il ricorrente l’avv. Flavio Moscatt e l’avv. Rossana Lania, che
hanno concluso per l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 21/06/2018

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 18/12/2015 il G.U.P. del Tribunale di Rimini,
procedendo con rito abbreviato, giudicava Nicholas Fantini colpevole del reato
ascrittogli ai sensi degli artt. 56 e 575 cod. pen. e, concesse le attenuanti
generiche e la diminuente per il rito, lo condannava alla pena di 4 anni di
reclusione.
L’imputato, inoltre, veniva condannato alle pene accessorie di legge e al

carcere.
L’imputato, infine, veniva condannato al pagamento delle spese processuali
e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, alle quali veniva
riconosciuta una provvisionale di 2.000,00 euro per Mauro Gregorio e Annunziata
Del Sordo e di 6.000,00 euro per Mattia Gregorio.

2. Con sentenza emessa il 27/04/2017 la Corte di appello di Bologna
decidendo sull’impugnazione proposta dall’imputato, confermava la decisione
impugnata e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese
processuali.

3. Da entrambe le sentenze di merito, pienamente convergenti, emergeva
che i fatti delittuosi in contestazione avevano luogo il 09/03/2014, quando,
all’interno della discoteca Rio Grande di Bellaria Igea Marina, si verificava uno
scontro fisico tra due gruppi di ragazzi, tra i quali l’imputato e la vittima, sedata
dagli addetti alla sicurezza del locale.
Lo scontro, in particolare, vedeva contrapposti due gruppi, costituiti da una
parte da quattro ragazzi – Nicholas Fantini, Carmine Raia, Igor Arlotti e Raffaele
Vasini – dall’altra da due ragazzi – Mattia Gregorio e Francesco Bugli – che si
fronteggiavano fisicamente, per ragioni che entrambi i Giudici di merito
attribuivano alle tensioni personali scaturite dall’antagonismo politico delle due
fazioni. Si accertava, infatti, che Fantini, Raia, Arlotti e Vasini facevano parte
dell’organizzazione di estrema destra denominata Bellaria Skinheads, che
gravitava nel più vasto ambito del Movimento Veneto Fronte Skinheads; mentre,
Gregorio e Bugli appartenevano al gruppo di ispirazione anarchica denominato
Autorganizzati Rimini, vicino alle frange romagnole dell’estrema sinistra.
Su questa prima fase dello scontro convergevano le testimonianze degli
addetti alla sicurezza della discoteca – Giuseppe Lo Russo e Alberto Migani – che
consentivano di ricostruire la fase genetica della vicenda criminosa in
contestazione.
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pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia in

Successivamente, Fantini veniva avvisato da alcuni avventori che, fuori dalla
discoteca, era atteso dal gruppo contrapposto; l’imputato, pertanto, si
impossessava del coltello a serramanico di Carmine Raia e usciva dal locale nel
quale, in quel momento, si trovava in compagnia dei suoi amici, trovando ad
attenderlo un gruppo di soggetti, con cui iniziava un ulteriore scontro, che si
concludeva con l’accoltellamento della vittima, colpita all’addome da due
fendenti, che le venivano inferti dal ricorrente.
A seguito dell’accoltellamento, Gregorio veniva ricoverato in ospedale e

atteso che le ferite riportate avevano prodotto una lacerazione delle pareti
interne dello stomaco della vittima. Tale intervento, dunque, secondo quanto
attestato dai sanitari, si rendeva necessario in conseguenza del pericolo di morte
in cui versava Gregorio dopo il suo ricovero, attesa la gravità delle lesioni
intestinali subite.
Nel corso delle indagini preliminari, veniva anche svolta una consulenza
tecnica di parte, eseguita dal dott. Maurizio Ventrucci, finalizzata ad accertare la
dinamica degli accadimenti criminosi e le cause medico-legali che avevano
determinato il ferimento di Mattia Gregorio nel corso della colluttazione oggetto
di vaglio, le cui conclusioni venivano ritenute condivisibili da entrambi i Giudici di
merito.
Gli accadimenti criminosi, al contempo, venivano ricostruiti attraverso gli
accertamenti sulle tracce ematiche rinvenute sul coltello utilizzato dall’imputato,
sottoposto a sequestro, che appartenevano sia all’imputato sia alla vittima. In
particolare, le tracce ematiche di Fantini venivano repertate sull’impugnatura
dell’arma da taglio sequestrata; mentre, quelle di Gregorio venivano repertate
sulla lama dello stesso oggetto.
Si consideri ulteriormente che Fantini presentava delle ferite da taglio sul
primo e sul secondo dito della mano destra, che venivano ritenute compatibili
con le modalità con cui il coltello veniva impugnato dall’imputato al momento
dell’aggressione e idonee a giustificare il rinvenimento delle tracce ematiche
sull’impugnatura dell’arma.
La dinamica degli accadimenti criminosi, inoltre, veniva ricostruita grazie alle
dichiarazioni dell’imputato, che ammetteva le sue responsabilità, pur tentando di
minimizzare il suo ruolo e attribuendo alla sua azione finalità esclusivamente
difensive. Il ricorrente, infatti, riferiva che era stato aggredito dai giovani del
gruppo di Gregorio con cinture e bottiglie, con la conseguenza che si trovava
costretto a reagire all’aggressione posta in essere nei suoi confronti dagli
aggressori che lo aspettavano all’esterno della discoteca.

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sottoposto a un intervento chirurgico intestinale, che si rendeva indispensabile,

Si escludeva, infine, che l’imputato potesse essere stato provocato dalla
persona offesa, atteso che le emergenze probatorie imponevano di ritenere che
Fantini avesse dato consapevolmente origine alla rissa che si sviluppava fuori
dalla discoteca Rio Grande di Bellaria Igea Marina.
Secondo i Giudici di merito, il ricorrente, dopo il primo litigio, usciva dal
locale, all’interno del qual era rimasto, essendo stato avvisato della presenza
all’esterno di esso del gruppo avverso composto da Mattia Gregorio e Francesco
Bugli e, armatosi di un coltello a serramanico, che si faceva consegnare da

vittima con le modalità di cui si è detto.
Sulla scorta di tale ricostruzione degli accadimenti criminosi, l’imputato
Nicholas Fantini veniva condannato alla pena di cui in premessa.

4. Avverso la sentenza di appello Nicholas Fantini, a mezzo dell’avv. Flavio
Moscatt, ricorreva per cassazione, deducendo sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all’art. 603 cod. proc. pen.,
conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso
argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano il
rigetto della richiesta difensiva di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, che
veniva respinta con ordinanza emessa dalla Corte di appello di Bologna nel
giudizio di secondo grado.
L’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in particolare, era
stata formulata dalla difesa di Fantini, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.,
nell’ambito dei paragrafi C, C1, C2, C3 e C4 (pagine 18-32) dei motivi nuovi,
datati 25/01/2017, depositati presso la Corte di appello di Bologna, che
riguardavano, in via principale, gli atti istruttori contenuti nell’allegato 10, blocchi
C, D, E del fascicolo delle indagini preliminari e, in via subordinata al mancato
accoglimento della richiesta di integrazione probatoria principale, gli atti istruttori
contenuti nell’allegato 10, blocchi A e B dello stesso fascicolo.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione
in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse
esaustivamente conto delle ragioni che imponevano il rigetto della questione di
legittimità costituzionale proposta dalla difesa di Fantini nell’ambito dei motivi
nuovi, sopra citati.
La questione di legittimità costituzionale era stata proposta in riferimento
all’art 454 cod. proc. pen., per violazione degli artt. 111, 117 Cost., 6 CEDU, in
conseguenza del fatto che il mancato deposito di atti istruttori contenuti nel
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Carmine Raia, che veniva sequestrato nell’immediatezza dei fatti, affrontava la

fascicolo delle indagini preliminari, specificamente riguardanti gli atti dell’allegato
10, blocchi A e B del fascicolo delle indagini preliminari – cui sopra ci si è riferiti
– aveva determinato un’elusione delle regole del contraddittorio, indispensabile
al fine di consentire alle parti di scegliere il rito processuale con cui farsi
giudicare, sulla base di una conoscenza integrale del procedimento penale, che
presuppone una discovery del materiale probatorio inesistente nel caso in
esame.
Con il terzo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di

esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse
esaustivamente conto della ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo della
fattispecie contestata a Fantini, ai sensi degli artt. 56 e 575 cod. pen., atteso che
la dinamica degli accadimenti criminosi e le modalità con cui si era verificato
l’accoltellamento in danno di Mattia Gregorio imponevano di escludere gli
elementi costitutivi del tentato omicidio, non risultando dimostrata la prova

dell’animus necandi del ricorrente.
Né le emergenze processuali consentivano di ipotizzare una soluzione
alternativa a quella prospettata dalla difesa del ricorrente, in ragione del fatto
che gli esami medico-legali condotti dal dott. Ventrucci avevano evidenziato che
l’accoltellamento di Gregorio era stato provocato dalla concitazione degli
accadimenti criminosi conseguenti al litigio intercorso tra i due antagonisti, nei
quali risultavano coinvolti numerosi soggetti, distinti in due fazioni contrapposte.
Ne conseguiva che non vi era alcuna certezza sul fatto che l’azione armata di
Fantini fosse stata univocamente orientata a provocare l’evento delittuoso in
contestazione.
Si evidenziava, pertanto, che difettava nei confronti del ricorrente ogni

animus necandi, indispensabile alla configurazione del tentato omicidio che gli
veniva ascritto, non avendo Fantini alcuna ragione per uccidere il suo
contingente avversario o comunque di desiderarne la morte. Né potevano
assumere rilievo le circostanze relative al numero di fendenti inferti alla vittima,
atteso che le modalità concitate con cui il litigio si era sviluppato, delle quali si è
già detto, rendevano evidente che la colluttazione tra i due giovani era
caratterizzata da un forte dinamismo e da una sovrapposizione dei ruoli
antagonisti.
Ne discendeva che le incertezze probatorie sull’esistenza

dell’animus

necandi, che i Giudici di merito avevano attribuito all’azione dell’imputato in
termini congetturali, avrebbero dovuto condurre a un differente inquadramento
della sua condotta delittuosa, rispetto alla quale si imponeva una rivalutazione
dell’elemento psicologico.
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motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in

Con il quarto motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al mancato riconoscimento
della scrinninante della legittima difesa, che, tenuto conto della dinamica degli
accadimenti criminosi, andava applicata all’imputato, quantomeno nella forma
putativa.
Secondo la difesa di Fantini, infatti, gli accadimenti criminosi all’esito dei
quali la vittima veniva accoltellata dovevano essere inseriti in un più ampio
contesto soggettivo, caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di

antagonista degli avversari contingenti del ricorrente, per reagire al quale
l’imputato, in preda a un forte stato di agitazione, che gli era stato provocato
dall’aggressione fisica di Gregorio, lo aveva accoltellato per ragioni
esclusivamente difensive.
Ne derivava che la Corte territoriale bolognese, nell’escludere la legittima
difesa, quantomeno putativa, invocata in favore del ricorrente dal suo difensore,
non aveva tenuto conto delle condizioni di tempo e di luogo nelle quali
l’aggressione dell’imputato in danno della persona offesa aveva avuto luogo,
sottovalutando al contempo lo stato di grave alterazione emotiva nel quale
versava il ricorrente per effetto della situazione di aspra conflittualità che si era
venuta a creare tra i due gruppi di giovani – che aveva origine nell’iniziale litigio
svoltosi all’interno della discoteca Rio Grande di Bellaria Igea Marina – e
dell’aggressione violenta di cui era stato vittima, che avevano scatenato la sua
reazione armata.
Occorreva, pertanto, una rilettura complessiva degli accadimenti criminosi,
finalizzata a comprendere le condizioni di contingente disagio psichico
dell’imputato, in conseguenza del quale accoltellava la persona offesa, contro cui
reagiva, vedendosi inaspettatamente aggredito. Ne conseguiva che
l’accoltellamento della vittima non era espressione di una volontà omicida, ma di
una reazione difensiva, pur impulsiva e rabbiosa, che imponeva di ricondurre il
suo comportamento alla legittima difesa, quantomeno putativa.
Con il quinto motivo di ricorso, che veniva proposto in stretta correlazione
con il terzo e il quarto motivo, già vagliati, si deducevano violazione di legge e
vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al mancato
riconoscimento della scriminante della legittima difesa, che, tenuto conto della
dinamica degli accadimenti criminosi, andava applicata all’imputato, quantomeno
nella forma putativa con eccesso colposo prevista dall’art. 55 cod. pen.
Secondo la difesa di Fantini, infatti, l’erroneo inquadramento dell’elemento
soggettivo della fattispecie di reato contestata all’imputato, nei termini che si
sono esaminati nell’ambito del terzo e del quarto motivo del ricorso, influiva sia
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contendenti contrapposti in due gruppi e dall’atteggiamento fortemente

ai fini della configurazione del tentato omicidio ascritto al ricorrente, sia sotto il
profilo, subordinato, del riconoscimento della legittima difesa putativa, che gli
andava riconosciuta quantomeno nella forma dell’eccesso colposo di cui all’art.
55 cod. pen.
Con il sesto e conclusivo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge
e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la
decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse
esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di escludere l’attenuante
della provocazione.

caratterizzava per sua estemporaneità, determinata dall’atteggiamento
provocatorio di Gregorio, che si inseriva nel contesto di contingente conflittualità,
già evidenziato, di cui la decisione in esame non aveva tenuto conto, limitandosi
a una valutazione dei fatti delittuosi svincolata dalle emergenze probatorie, che
imponevano di tenere conto della condotta provocatoria della persona offesa.
Si evidenziava, al contempo, che l’atteggiamento di Gregorio, di per sé
decisivo ai fini del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 2, cod.
pen., andava ulteriormente correlato alle condizioni di alterazione emotiva del
ricorrente, che erano state determinate dal comportamento assunto dal suo
contingente avversario, peraltro riconosciuto dagli stessi Giudici di appello
bolognese, che evidenziavano come gli accadimenti criminosi in contestazione
traevano origine da un litigio occasionale, che pur non preordinato nelle
intenzioni dei soggetti che vi partecipavano, si radicava nella contrapposizione
politica dei due gruppi nei quali gravitavano l’imputato e la vittima.
Tuttavia, a fronte di tali incontrovertibili elementi circostanziali, che
imponevano una rilettura del compendio probatorio acquisito in senso favorevole
a Fantini, il Giudice di appello bolognese non svolgeva alcuna considerazione per
motivare il suo dissenso dalle censure difensive, limitandosi ad affermare che le
fonti di prova acquisite nel corso delle indagini preliminari non potevano ritenersi
sufficienti a fare ritenere proporzionato all’atteggiamento della vittima la
reazione aggressiva che ne aveva determinato l’accoltellamento, escludendo
l’attenuante di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen. sulla base di un percorso
argomentativo assertivo e svincolato dalle risultanze processuali.
Le considerazioni che si sono esposte imponevano l’annullamento della
sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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Si deduceva, in particolare, che l’azione armata del ricorrente si

1. Il ricorso proposto da Nicholas Fantini è inammissibile, risultando basato
su motivi manifestamente infondati.

2.

Deve ritenersi inammissibile il primo motivo di ricorso, con cui si

deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata,
in riferimento all’art. 603 cod. proc. pen., conseguenti al fatto che la decisione in
esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse
esaustivamente conto delle ragioni che imponevano il rigetto della richiesta di

emessa dalla Corte di appello di Bologna nel giudizio di secondo grado che
appariva in contrasto con le risultanze processuali.
Deve premettersi che tale doglianza costituisce una riproposizione delle
censure sollevate con l’atto di appello del ricorrente, alle quali la Corte
territoriale bolognese forniva risposte ineccepibili, nel passaggio motivazionale
esplicitato nelle pagine 5-7 della sentenza impugnata.
Nel processo di appello, in particolare, la difesa di Fantini, attraverso il
deposito di motivi nuovi, evidenziava che 8 giorni dopo il deposito
dell’impugnazione della sentenza di primo grado, era venuta a conoscenza del
fatto che Mattia Gregorio e Francesco Bugli erano stati arrestati, con la
conseguenza che solo a partire da tale momento – nella quale acquisiva la
notizia di una ricostruzione degli accadimenti criminosi alternativa a quella
vagliata dal G.U.P. del Tribunale di Rimini – si trovava nelle condizioni di
formulare le richieste difensive riguardanti gli atti estranei al giudizio di secondo
grado e utili all’accertamento dei fatti in contestazione.
Tali atti venivano distinti dalla difesa di Fantini in cinque distinti segmenti
investigativi, comprendenti: i blocchi A e B, che costituivano atti del processo
contro Fantini che il pubblico ministero non aveva mai depositato, in relazione ai
quali si chiedeva che venisse dichiarata la nullità dell’originario decreto di
giudizio immediato; i blocchi C, D, E, di cui si chiedeva l’acquisizione, per la loro
valenza dimostrativa della legittima difesa invocata in favore dell’imputato,
conseguente al fatto che dai relativi atti emergeva che il gruppo di estrema
sinistra denominato Autorganizzati Rimini, nel quale gravitava Gregorio, aveva
attaccato gli appartenenti alla fazione di estrema destra denominata Bellaria
Skinheads, nella quale gravitava Fantini, sulla base di un’azione armata
preordinata a colpire l’imputato.
Occorre ulteriormente premettere che all’udienza del 23/02/2017 la Corte di
appello di Bologna accoglieva parzialmente le istanze istruttorie della difesa di
Fantini, disponendo l’acquisizione degli atti di cui ai blocchi A e B sopra citati e
fissando per la discussione finale del processo l’udienza del 27/04/2017.
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rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, che veniva respinta con un’ordinanza

2.1. In questa cornice, occorre anzitutto evidenziare che costituisce
espressione di un orientamento ermeneutico consolidato quello secondo cui
l’omessa allegazione di atti istruttori facenti parte di un fascicolo stralciato non
determina alcuna violazione delle prerogative difensive, atteso che soltanto gli
atti formalmente acquisiti possono formare oggetto della decisione, che, nel caso
di specie, interveniva all’esito di giudizio abbreviato.
Ne discende che le eventuali omissioni, quand’anche riscontrate, non
determinano la nullità del decreto di giudizio immediato, essendo, più

della decisione, che non può fondarsi su un compendio probatorio che non è
stato ritualmente acquisito al fascicolo processuale.
Occorre, in proposito, richiamare la giurisprudenza di questa Corte,
consolidatasi in tema di richiesta di rinvio a giudizio, che si ritiene applicabile al
caso in esame, affermando che il mancato deposito, unitamente al decreto di
giudizio immediato, di una parte della documentazione relativa alle indagini
preliminari espletate non integra una causa di nullità dello stesso decreto, non
espressamente prevista, ma implica soltanto l’inutilizzabilità degli atti non
trasmessi (Sez. 3, n. 49643 del 22/09/2015, Fede, Rv. 265552; Sez. 1, n. 19511
del 15/01/2010, Basco, Rv. 247192).
Ferme restando tali considerazioni, che impongono di escludere la ricorrenza
della dedotta nullità del decreto di giudizio immediato, non può non rilevarsi che,
nel caso di specie, non sono comunque ravvisabili violazioni delle regole
preordinate alla corretta instaurazione del contraddittorio tra le parti processuali,
in ragione del fatto che, nel giudizio di primo grado, il G.U.P. del Tribunale di
Rimini, sulla base delle richieste espressamente formulate dal ricorrente, lo
rimetteva in termini consentendogli di chiedere che si procedesse con le forme
del giudizio abbreviato, dopo l’acquisizione degli atti indicati dalla stessa parte e
sulla base della loro compiuta disamina. Ne consegue che la richiesta di rito
abbreviato presentata dalla difesa Fantini si giustificava alla luce della rimessione
in termini dell’imputato e si fondava su una conoscenza del compendio
probatorio acquisito sulla base delle richieste formulate dallo stesso ricorrente,
che venivano accolte.
Si aggiunga ulteriormente che risulta smentito dalle risultanze processuali
l’assunto difensivo, secondo cui gli atti di indagine contenuti nell’allegato 10,
blocchi C, D, E del fascicolo delle indagini preliminari non erano stati messi a
disposizione della difesa di Fantini e risultavano decisivi ai fini dell’accertamento
degli accadimenti criminosi, imponendo l’attivazione dello strumento di cui
all’art. 603 cod. proc. pen.

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semplicemente, causa di inutilizzabilità degli atti non trasmessi, rilevante ai fini

Analoghe considerazioni valgono per gli atti processuali contenuti
dell’allegato 10, blocchi A e B del fascicolo delle indagini preliminari, la cui
acquisizione veniva formulata dalla difesa di Fantini nel contesto del primo
motivo di ricorso, in via subordinata al mancato accoglimento della richiesta di
integrazione probatoria relativa ai blocchi C, D, E.
Deve, in proposito, rilevarsi che la Corte di appello di Bologna, come
evidenziato nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 7 della sentenza
impugnata, disponeva l’acquisizione degli atti che, secondo la difesa di Fantini,

prerogative difensive. Tale acquisizione mirava a verificare se erano stati
sottratti all’imputato atti processuali depositati nel fascicolo stralciato, che
illegittimamente non erano stati messi a disposizione del ricorrente, nei cui
confronti si procedeva con il rito immediato per il solo tentato omicidio in danno
di Gregorio.
All’esito di tale acquisizione, eseguita dalla Corte territoriale bolognese in
conformità delle richieste difensive, emergeva che «nessun atto di una
qualsivoglia minima rilevanza probatoria posto in essere alla data sia della data
del provvedimento di stralcio, sia della richiesta di giudizio abbreviato risulti non
depositato e non posto a disposizione dell’imputato […1». Ne conseguiva che
«nessun atto di indagine favorevole all’imputato risulti non depositato e non
posto a disposizione dell’imputato stesso […]».
Ne discende che gli atti di indagine controversi, dopo essere stati acquisiti,
venivano debitamente valutati dalla Corte di appello di Bologna, che escludeva
che gli stessi possedessero una valenza favorevole al ricorrente, con il
conseguente venire meno del requisito della decisività indispensabile
all’attivazione dei poteri di cui all’art. 603 cod. proc., pen. posti a fondamento
della doglianza in esame.
Al contempo, l’acquisizione degli atti in questione rendeva evidente che, al
contrario di quanto dedotto, non si era verificato alcun pregiudizio delle
prerogative difensive del ricorrente, essendo stato accertato che il suo difensore
aveva avuto piena conoscenza del compendio probatorio raccolto prima del
provvedimento di stralcio e della conseguente richiesta di giudizio abbreviato,
formulata – in conseguenza della richiesta di remissione in termini di cui si è
detto – sulla base di una cognizione completa e pienamente consapevole del
materiale processuale.
Ricostruito in questi termini il percorso valutativo compiuto dai Giudici di
merito, nel caso di specie non vi era alcuno spazio per disporre ulteriori verifiche
istruttorie, dovendosi richiamare in proposito l’orientamento consolidato di
questa Corte, secondo cui: «Alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale si
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non erano stati messi a disposizione del ricorrente, pregiudicando le sue

può ricorrere solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli
atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già
acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel
senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé
oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza» (Sez. 6, n. 20095 del
26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228; si veda, in senso sostanzialmente conforme,
anche Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, Panozzo, Rv. 237410).
Queste ragioni impongono di ribadire l’inammissibilità del primo motivo di

3. Dall’inammissibilità del primo motivo di ricorso discende l’inammissibilità
del secondo motivo, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione
in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse
esaustivamente conto delle ragioni che imponevano il rigetto della questione di
legittimità costituzionale che era stata proposta dalla difesa di Fantini nell’ambito
dei motivi nuovi, datati 25/01/2017, depositati nel giudizio di secondo grado
celebrato davanti alla Corte di appello di Bologna.
Tale censura di costituzionalità veniva prospettata dalla difesa del ricorrente
in riferimento all’art 454 cod. proc. pen., per violazione degli artt. 111, 117 Cost.
e 6 CEDU.
Occorre premettere, analogamente a quanto si è osservato con riferimento
al primo motivo di ricorso, che l’assunto difensivo posto a fondamento della
dedotta incostituzionalità risulta smentito dalle risultanze processuali, non
tendendo conto del fatto che il G.U.P. del Tribunale di Rimini, sulla base delle
richieste formulate dal ricorrente, lo rimetteva in termini consentendogli di
chiedere che si procedesse con le forme del giudizio abbreviato, dopo
l’acquisizione degli atti e sulla base della loro compiuta disamina.
A tali dirimenti considerazioni deve aggiungersi che le ragioni che si sono
esposte nel rigettare il primo motivo di ricorso impongono di evidenziare che, nel
caso specifico, la questione di legittimità costituzionale dedotta dalla difesa di
Fantini, in riferimento all’art. 454 cod. proc. pen., non assume alcun rilievo
concreto ai fini della decisione.
Occorre, in proposito, ribadire che costituisce un dato processuale
incontroverso – attestato dalla stessa difesa del ricorrente nelle pagine 1-5
dell’atto di appello – quello secondo cui gli atti di indagine svolti nel
procedimento connesso, relativo alla rissa svoltasi davanti alla discoteca Rio
Grande di Bellaria Igea Marina, venivano acquisiti dal pubblico ministero
procedente e messi a disposizioni della difesa dell’imputato, esaminati i quali
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ricorso.

Fantini chiedeva che si procedesse nei suoi confronti con le forme del rito
abbreviato.
Ne discende che, sotto questo profilo, nessuna lesione delle prerogative
difensive di Fantini è riscontrabile nel caso in esame, atteso che scelta
processuale del ricorrente discendeva dalla discovery del compendio probatorio
acquisito nel fascicolo delle indagini preliminari del procedi -mento penale per
rissa, in conseguenza della quale l’imputato, dopo essere stato rimesso in
termini, decideva di procedere con le forme del rito abbreviato.

ricorso.

4. Deve ritenersi inammissibile il terzo motivo di ricorso, con cui si
deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata,
conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso
argomentativo che desse esaustivamente conto dell’elemento soggettivo della
fattispecie di reato contestata a Fantini, ai sensi degli artt. 56 e 575 cod. proc.
pen., atteso che la dinamica degli accadimenti criminosi e le modalità con cui si
era verificato l’accoltellamento in danno di Mattia Gregorio imponevano di
escludere gli elementi costitutivi del tentato omicidio.
Osserva il Collegio che l’assunto processuale da cui muove il ricorrente
risulta smentito dalle emergenze probatorie, che impongono di ritenere
pienamente condivisibile il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale
bolognese nell’escludere l’accidentalità dei fendenti che provocavano il ferimento
di Gregorio, tenuto conto della violenza e della rapida successione con cui i due
fendenti, inferti da Fantini con un coltello a serramanico, che gli veniva fornito da
Carmine Raia, venivano sferrati all’intestino della persona offesa e della
vicinanza tra l’imputato e la vittima, che non consentivano di ipotizzare la
casualità dei colpi.
In questa cornice, quanto alle censure difensive relative all’assenza di
univocità dell’intento omicidiario del ricorrente, desumibile dalle conseguenze
lesive dell’azione criminosa di Fantini, deve rilevarsi che tali doglianze risultano
smentite dalla documentazione sanitaria acquisita nel corso delle indagini
preliminari, richiamata a pagina 2 della sentenza impugnata, che consentivano di
affermare che la dinamica dell’accoltellamento e la tipologia delle ferite riportate
da Gregorio non permetteva di ipotizzare una mera accidentalità dei fendenti
sferrati al suo indirizzo.
Né è possibile nutrire altrimenti dubbi sull’intento omicida sotteso all’azione
criminosa di Fantini, reso evidente dalla circostanza, correttamente evidenziata a
pagina 28 della sentenza impugnata, che il comportamento di Fantini non
12

Queste ragioni impongono di ribadire l’inammissibilità del secondo motivo di

implicava semplicemente «l’accettazione di una sfida […]», atteso che la sua
uscita dalla discoteca Rio Grande comportava la decisione «a sangue freddo e
con premeditazione di affrontare la stessa a mano armata […]».
Le verifiche processuali, invero, non solo consentivano di stabilire un
incontrovertibile nesso eziologico tra i due fendenti e le lacerazioni intestinali
subite dalla vittima, ma permettevano di affermare che tali lesioni, in assenza
dell’intervento chirurgico eseguito in via d’urgenza – in conseguenza della
distanza ravvicinata con cui l’azione armata si era concretizzata e della violenza

decesso.
Queste conclusioni consentivano alla Corte territoriale bolognese di trarre
conferma della rapidità della sequenza criminosa che aveva portato al ferimento
di Gregorio da parte di Fantini, avvalorata dal fatto che i fendenti sferrati dal
ricorrente attingevano il contendente in un’area vitale del corpo, quella
intestinale, su cui si provocavano profonde lacerazioni. Da questo punto di vista,
la sede dell’area corporee investite dalla furia omicida di Fantini costituisce un
ulteriore elemento sintomatico della sua determinazione criminosa, certamente
incompatibile con la possibilità di un’azione estemporanea o comunque
occasionale, invocata dal difensore dell’imputato in riferimento all’elemento
soggettivo del reato contestato ai sensi degli artt. 56 e 575 cod. proc. pen.
Si consideri, in proposito, che dalla cartella clinica della persona offesa,
richiamata a pagina 8 della decisione di primo grado, si evinceva che
l’accoltellamento di Gregorio gli provocava una «ferita penetrante di circa 3 cm,
con eviscerazione, lunga circa 4 cm […]» e un’altra «ferita penetrante di circa 3
cm, lacerazione di vaso breve in peritoneo e lacerazione di circa 2 cm della
parete posteriore dello stomaco; con sutura della lacerazione dello stomaco,
interventi di riparazione di plastica della milza […]». Né tali elementi di
valutazione nosografica venivano contestati dalla difesa del ricorrente, che
conseguentemente devono essere ritenuti incontroversi nella loro consistenza
clinica.
Ne discende che la ricostruzione della dinamica degli accadimenti criminosi
effettuata dal Giudice di appello bolognese risulta fondata su una valutazione
ineccepibile del compendio probatorio acquisito, che la rendevano incompatibile
con l’accidentalità dell’accoltellamento invocata dalla difesa del ricorrente.
Questa ricostruzione, al contempo, impone di escludere la plausibilità della
versione dell’accaduto fornita da Fantini, secondo la quale non intendeva
accoltellare Gregorio e si era limitato a difendersi dall’aggressione patita per
mano dell’avversario, dopo averlo incontrato all’uscita della discoteca Rio Grande
di Bellaria Igea Marina dalla quale era uscito.
13

delle due coltellate che colpivano la persona offesa – ne avrebbero provocato il

Sulla scorta di tale ricostruzione dell’aggressione attuata dal ricorrente nei
confronti di Gregorio, che deve essere necessariamente correlata alle circostanze
di tempo e di luogo nelle quali maturava la sua determinazione, la Corte
territoriale bolognese formulava un giudizio ineccepibile sull’idoneità e
sull’univocità degli atti posti in essere dall’imputato a provocare la morte della
vittima, nel valutare la quale è necessario richiamare la giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui: «L’idoneità degli atti, richiesta per la configurabilità del reato
tentato, deve essere valutata con giudizio “ex ante”, tenendo conto delle

determinarne la reale adeguatezza causale e l’attitudine a creare una situazione
di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto» (Sez. 1, n. 27918 del
04/03/2010, Resa, Rv. 248305; si veda, in senso sostanzialmente conforme,
anche Sez. 6, n. 23706 del 17/02/2004, Fasano, Rv. 229135).
4.1. In questa cornice, deve ulteriormente rilevarsi che l’univocità degli atti,
censurata dalla difesa di Fantini nei termini di cui si è detto, costituisce il
presupposto indispensabile per ritenere una condotta delittuosa riconducibile
all’alveo applicativo dell’art. 56 cod. pen., consentendo la configurazione di un
tentativo punibile. Tutto questo risponde all’esigenza di ricostruire la volontà del
soggetto attivo del reato rispetto all’aggressione del bene giuridico protetto dalla
norma penale, nel nostro caso rappresentato dalla vita umana, conformemente a
quanto statuito da questa Corte, secondo cui: «In tema di tentativo, il requisito
dell’univocità degli atti va accertato ricostruendo, sulla base delle prove
disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente quale emerge dalle
modalità di estrinsecazione concreta della sua azione, allo scopo di accertare
quale sia stato il risultato da lui avuto di mira, sì da pervenire con il massimo
grado di precisione possibile alla individuazione dello specifico bene giuridico
aggredito e concretamente posto in pericolo» (Sez. 4, n. 7702 del 29/01/2007,
Alasia, Rv. 236110; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1,
n. 7938 del 03/02/1992, Lubrano di Ricco, Rv. 191241).
Ne deriva che il requisito dell’univocità degli atti – certamente riscontrabile
in capo a Fantini per le ragioni esposte nel paragrafo 4, cui si rinvia – deve
essere accertato sulla base delle connotazioni concrete della condotta illecita
dell’imputato, nel senso che gli atti posti in essere devono possedere, tenuto
conto del contesto in cui sono inseriti e della dinamica dell’azione delittuosa,
l’attitudine a rendere manifesto il proposito criminoso perseguito, desumibile sia
dagli atti esecutivi che da quelli preparatori (Sez. 2, n. 46776 del 20/11/2012,
D’Angelo, Rv. 254106; Sez. 2, n. 18196 del 04/03/2010, Di Guardo, Rv.
247045).

14

circostanze in cui opera l’agente e delle modalità dell’azione, in modo da

In questo contesto, non può non rilevarsi conclusivamente che la dinamica
dell’aggressione di Fantini deve ritenersi dimostrativa del fatto che la sua azione
armata conseguisse a una volontà omicida persistente e univocamente orientata
nella direzione prefigurata nelle sentenze di merito, consentendo di affermare
che l’imputato avesse voluto colpire Gregorio, accoltellandolo, noncurante del
rischio di causarne la morte. Ant
. – e . infondato il
Le considerazioni che si sono esposte impongono di riter g

5. Analogo giudizio di inammissibilità deve essere espresso con riferimento
al quarto motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al mancato riconoscimento
della scriminante della legittima difesa, che, tenuto conto della dinamica degli
accadimenti criminosi, andava applicata all’imputato, quantomeno nella forma
putativa.
Osserva, in proposito, il Collegio che tenuto conto delle modalità
incontroverse con cui si sviluppava l’aggressione armata nei confronti di
Gregorio, non è possibile ritenere la condotta delittuosa posta in essere da
Fantini giustificabile ai sensi dell’art. 52 cod. pen., nemmeno sotto il profilo
dell’eventuale eccesso colposo, invocato dalla sua difesa con il quinto motivo di
ricorso, alla stregua dei parametri canonizzati dalla giurisprudenza di legittimità
consolidata, secondo cui: «I presupposti essenziali della legittima difesa sono
costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima
deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata
tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale)
tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla
inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa. L’eccesso colposo
sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a
quest’ultima collegati, sicché, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti
colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la
inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a
disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con
valutazione ex ante, e occorre poi procedere ad un’ulteriore differenziazione tra
eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario,
dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art.
55 cod. pen., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale
comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante» (Sez. 1, n.
45425 del 25/10/2005, Bollardi, Rv. 233352; si veda, in senso sostanzialmente
conforme, anche Sez. 4, n. 33591 del 03/05/2016, Bravo, Rv. 267473).
15

terzo motivo di ricorso.

Nemmeno è possibile,

proprio in conseguenza della dinamica

dell’accoltellamento all’esito del quale Gregorio veniva ferito e della gravità delle
lesioni personali riportate dalla persona offesa dal reato, ritenere sussistenti i
presupposti della legittima difesa putativa – così come invocata dalla difesa del
ricorrente – alla luce dei parametri ermeneutici elaborati da questa Corte,
secondo la quale: «La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di
quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non
sussiste obiettivamente ma è supposta dall’agente sulla base di un errore

atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo
attuale di un’offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti,
l’esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente
soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d’animo dell’agente» (Sez.
1, n. 3898 del 18/02/1997, Micheli, Rv. 207736; si veda, in senso
sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 6024 del 27/01/2016, Mistretta, Rv.
266199).
La Corte territoriale bolognese, dunque, escludeva in capo a Fantini la
sussistenza di un atteggiamento difensivo, ancorché putativo, sulla base di una
ricostruzione ineccepibile della dinamica degli accadimenti che precedevano
l’accoltellamento di Gregorio, osservando che tale esclusione discendeva
dall’assenza di elementi dimostrativi di una reazione difensiva. Sul punto, non si
può che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che si attaglia
perfettamente al caso in esame, secondo cui: «In tema di tentato omicidio,
vanno esclusi l’eccesso di legittima difesa e la legittima difesa putativa
allorquando l’aggressore attenti con arma da taglio all’incolumità di un uomo
disarmato mirando a zone vitali del corpo, senza presentare a sua volta alcuna
lesione dimostrativa di un’aggressione patita» (Sez. 1, n. 26878 del 25/05/2012,
Inturri, Rv. 253068; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1,
n. 45425 del 25/10/2005, Bollardi, Rv. 233352).
Queste considerazioni impongono di ribadire l’inammissibilità del quarto
motivo di ricorso.

6. Dall’inammissibilità del terzo e del quarto motivo di ricorso discende
l’inammissibilità del quinto motivo, proposto in stretta correlazione con il terzo e
.41, h
il quarto motivo,rs-rdeducevano)
o violazione di legge e vizio di
motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al mancato riconoscimento
della scriminante della legittima difesa, che, tenuto conto della dinamica degli
accadimenti criminosi, andava applicata all’imputato, quantomeno nella forma
putativa con eccesso colposo prevista dall’art. 55 cod. pen.
16

scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva

Si deve, pertanto, rinviare preliminarmente ai paragrafi 4 e 5, per la
compiuta disamina delle ragioni che impongono di respingere le censure
difensive che vi sono sottese.
Osserva, al contempo, il Collegio che, nel caso di specie, difetta il requisito
primo e indispensabile per configurare la legittima difesa invocata in favore di
Fantini, nella forma putativa con eccesso colposo prevista dall’art. 55 cod. pen.,
costituito dal convincimento di doversi difendersi dall’aggressione di Gregorio,
atteso che il ricorrente, quando veniva avvisato della presenza della persona

all’interno del locale e avrebbero potuto fare ricorso alle forze dell’ordine per
sventare il pericolo di un’aggressione da parte della vittima e del suo gruppo
antagonista, altrimenti inevitabile. Ne consegue che il ricorrente, lungi
dall’attivarsi a scopo meramente difensivo, usciva dalla discoteca dove si trovava
– armato di un coltello a serramanico, acquisito con le modalità su cui ci si è già
soffermati – allo scopo di contrastare Gregorio, esponendosi volontariamente alla
sua possibile reazione, con la chiara intenzione di sopraffarlo, con la
conseguenza di dovere escludere ogni connotazione putativa dal suo
atteggiamento.
Ne discende che le modalità con cui aveva inizio lo scontro armato tra i due
gruppi antagonisti, impedisce di ipotizzare la sussistenza di una situazione di
pericolo dalla quale scaturiva la necessità di difendersi da parte di Fantini, che, al
contrario, usciva dalla discoteca per affrontare consapevolmente il suo
antagonista, accettando le possibili conseguenze del caso. Sul punto, non si può
non richiamare la giurisprudenza di legittimità consolidata in tema di necessità di
difesa, che impone di escludere la forma putativa con eccesso colposo invocata
dalla difesa di Fantini, secondo la quale la condizione di necessità indispensabile
per la configurazione della legittima difesa «ha una portata perentoria che
esclude, dal suo rigoroso orizzonte applicativo, qualsiasi caso di volontaria
determinazione di una situazione di pericolo, ivi compreso quello in cui l’agente
abbia contribuito ad innescare una sorta di duello o sfida contro il suo avversario
o attuato una spedizione punitiva nei suoi confronti» (Sez. 1, n. 12740 del
20/12/2011, El Farnouchi, Rv. 252352; si veda, in senso sostanzialmente
conforme, anche Sez. 1, n. 2911 del 07/12/2007, dep. 2008, Marrocu, Rv.
239205).
Ne discende che le argomentazioni svolte dai Giudici di appello bolognesi
appaiono prive di vizi logici e impongono di escludere la sussistenza dei
presupposti per l’applicazione della legittima difesa nella forma putativa con
eccesso colposo invocata dalla difesa di Fantini, dovendosi ribadire che
l’esimente in questione non può essere riconosciuta al soggetto che reagisce a
17

offesa all’esterno della discoteca Rio Grande di Bellaria Igea Marina, si trovava

una situazione di pericolo alla cui determinazione egli stesso ha concorso con il
suo comportamento, determinandosi ad agire nonostante disponesse – tenuto
conto delle circostanze di tempo e di luogo concretamente riscontrate – della
possibilità di evitare lo scontro fisico con i soggetti antagonisti, senza pregiudizio
e senza disonore (Sez. 1, n. 5697 del 28/01/2003, Di Giulio, Rv. 223441; Sez. 1,
n. 5424 del 04/03/1992, Filopanti, Rv. 190299).
Tali considerazioni impongono di ribadire l’inammissibilità del quinto motivo

7. Analogo giudizio di inammissibilità, infine, deve essere espresso in
riferimento al sesto motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e
vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la
decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse
esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di escludere l’attenuante
della provocazione, il cui riconoscimento si imponeva alla luce dell’atteggiamento
assunto dalla vittima nelle fasi degli accadimenti criminosi che precedevano il
suo accoltellannento.
Allo scopo di inquadrare l’attenuante della provocazione prevista dall’art. 62,
n. 2, cod. pen., occorre preliminarmente richiamare la giurisprudenza
consolidata di questa Corte, secondo la quale: «Ai fini della configurabilità
dell’attenuante della provocazione occorrono: a) lo “stato d’ira”, costituito da
un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in
rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui”; b) il “fatto ingiusto altrui”,
che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come
effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito
di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento
alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale; c) un rapporto di
causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione,
indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile
una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta» (Sez. 1, n. 4780 del
14/11/2013, Saieva, Rv. 258454; si veda, in senso sostanzialmente conforme,
anche Sez. 5, n. 12558 del 13/02/2004, Monetti, Rv. 228020).
In questa cornice ermeneutica, deve osservarsi che la Corte territoriale
bolognese riteneva correttamente insussistente il requisito dell’ingiustizia della
condotta di Fantini, atteso che le evidenze probatorie non consentivano di
ritenere dimostrato che l’imputato avesse aggredito il suo contingente
avversario, per effetto della sua provocazione, che non risultava corroborata
dalle risultanze processuali, compiutamente esaminate in relazione alle doglianze

18

del ricorso.

proposte con il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso in esame, già
vagliati.
Le evidenze probatorie, al contrario, impongono di escludere la ricorrenza di
tale indicatore soggettivo dell’attenuante della provocazione in capo a Gregorio,
con la conseguenza di dovere ritenere, già sotto questo indefettibile profilo,
inapplicabile la circostanza invocata in favore di Fantini ex art. 62, n. 2, cod.
pen. (Sez. 5, n. 12588 del 13/02/2004, dep. 16/03/2004, Fazio, Rv. 228020;
Sez. 5, n. 11708 del 29/01/1988, Fratini, Rv. 179831).
Invero, la ricostruzione della fase genetica dell’aggressione armata dal

provocatorio della vittima, risultando dimostrato che l’imputato, usciva dalla
discoteca Rio Grande di Bellaria Igea Marina, dopo essersi armato di un coltello a
serramanico, che si era procurato tramite Raia, allo scopo di cercare lo scontro
con Gregorio, che era iniziato all’interno del locale ed era stato bloccato
dall’intervento degli addetti alla sicurezza. Ne consegue che Fantini, dopo la
prima frazione dello scontro con Gregorio, usciva dalla discoteca con la piena
consapevolezza che il suo comportamento avrebbe potuto comportare la
prosecuzione e un epilogo cruento del precedente litigio, tanto è vero che si
premuniva di un coltello a serramanico, prefigurando evidentemente uno
sviluppo armato dello scontro con la persona offesa.
In questo contesto, non è nemmeno possibile ritenere sussistente un
rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’atteggiamento
della vittima e il comportamento del ricorrente, atteso che l’inattendibilità delle
dichiarazioni rese sul punto dall’imputato non consente di ipotizzare alcun
collegamento tra le due condotte, con la conseguenza di non potere ritenere
sussistente nemmeno questo ulteriore elemento necessario alla ricorrenza
dell’attenuante della provocazione, conformemente alla giurisprudenza
consolidata di questa Corte (Sez. 1, n. 16790 dell’08/04/2008, D’Amico, Rv.
240282; Sez. 1, n. 9373 del 10/06/1994, Castronovo, Rv. 200136).
Queste ragioni impongono di ritenere inammissibile il sesto motivo del
ricorso in esame.

8. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Nicholas Fantini deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 2.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Consegue, infine, a tali statuizioni la condanna del ricorrente alla rifusione
delle spese sostenute dallKparte civili Annunziata Del Sordo ~1:ixtia , Mauro
19

ricorrente non consente di affermare la sussistenza di un atteggiamento

Gregorio e Mattia Gregorio, che liquida in complessivi 2.400,00 euro, oltre spese
generali nella misura del 15 °/0, CPA e IVA.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila rI in favore della Cassa delle
ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e

Gregorio Mauro e Gregorio Mattia, che liquida in complessivi e 2.400,00 euro,
oltre spese generali nella misura del 15 Wo, CPA e IVA.
Così deciso il 21/06/2018.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Alelund o Centonze

Adriano Iasillo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositatm in Cancelleria oggi

Roma, lì

`ì–

AGO, 2018

difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Del Sordo Annunziata,

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