Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37285 del 15/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37285 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FLORIS EFISIO N. IL 04/08/1965
SASSO DONATO N. IL 06/02/1973
avverso la sentenza n. 105/2014 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 17/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Udito, per l.parte civile, l’Avv
Udito • difensortAvv.SO

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Data Udienza: 15/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 maggio 2012 la Corte militare di appello aveva
confermato la decisione del Tribunale militare di Verona che aveva dichiarato
Floris Efisio e Sasso Donato colpevoli del reato di distruzione e deterioramento di
cose militari in concorso, aggravato per avere, quali militari in servizio presso
l’aliquota radiomobile del comando compagnia carabinieri di Muggia e comandati
in servizio di perlustrazione, mandato intenzionalmente «fuori giri» il motore

velocità di circa 100 Kmh, provocando la rottura del cambio e del differenziale,
ed aveva condannato il Floris alla pena di un anno e due mesi di reclusione
militare ed il Sasso alla pena di un anno di reclusione militare, con i doppi
benefici.

2. Con sentenza del 26.6.2014 n. 32697 le sezioni unite di questa Corte cui la prima sezione aveva rimesso i ricorsi – annullavano la sentenza di secondo
grado, disponendo il rinvio per nuovo giudizio alla Corte militare di appello,
affermando che i contenuti comunicativi oggetto di intercettazione e
registrazione utilizzati nel giudizio ai fini di prova non costituiscono, nella specie,
corpo del reato come ritenuto dai giudici di merito e, pertanto, sono soggetti al
limite di utilizzabilità di cui all’art. 270 cod. proc. pen..

3. Nel giudizio di rinvio la Corte militare di appello, in data 17.12.2014,
esclusa la utilizzabilità del solo contenuto comunicativo delle registrazioni ed
intercettazioni e non della registrazione del rumore del motore dell’auto, alla luce
di quanto affermato nella sentenza della Corte di legittimità, confermava,
comunque, la decisione di primo grado per il Sasso e riformava la sentenza
relativamente al Floris limitatamente alla determinazione della entità della pena
che riduceva ad anni uno di reclusione militare.

4.1. Ha proposto ricorso per cassazione il Floris, a mezzo del difensore di
fiducia, denunciando, in primo luogo la violazione del principio di cui all’art. 533
comma 1 cod. proc. pen. dell’«oltre ogni ragionevole dubbio» perché l’accusa
non è stata in grado di provare i fatti costitutivi del reato contestato e di fugare i
dubbi difensivi sulle cause del danno riportato dall’autovettura di servizio,
restando in piedi ipotesi alternative.
In secondo luogo, si contesta la configurabilità dell’obbligo di intervenire da
parte del Floris, fondato su mere supposizioni.

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dell’autovettura appartenente all’amministrazione militare, portandola alla

4.2. Il Sasso, a mezzo del difensore di fiducia, denuncia la violazione di
legge in ordine alla rigetto della richiesta di declaratoria di nullità della sentenza
di primo grado e conseguente trasmissione degli atti al Tribunale militare di
Verona, nonché, la mancata rinnovazione del dibattimento.
Rileva che, in conseguenza della utilizzazione da parte del primo giudice di
conversazioni intercettate non utilizzabili, è stato violato l’art. 191 cod. proc.
pen, e, quindi, si è determinata la nullità ex artt. 179 e 180 cod. proc. pen.;

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la Corte doveva provvedere alla rinnovazione del

604 n. 5 cod. proc. peri..
Contesta la conclusione che la rottura del motore fosse conseguenza di una
azione volontaria del Sasso fondata su mere ipotesi ed, in specie, sull’ascolto del
rumore, ovvero sulla opinione personale del testimone Summo a commento del
rumore registrato, ihrakle quelle del Giannino e del Corvino. Ad avviso del
ricorrente, quindi, non è stata acquisita la prova della responsabilità al di là del
ragionevole dubbio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ inammissibile per palese aspecificità il ricorso proposto dal Floris.
Il ricorrente assume il mancato superamento di ipotesi alternative indicate
nell’appello delle cause del danno riportato dall’autovettura di servizio sulle quali
la Corte di merito ha motivato con argomenti logici, ancorati ai fatti accertati.
Alla luce dell’esito dell’inchiesta amministrativa, della testimonianza resa dal
consulente di parte, Cappel, che ha affermato che il fuori giri non è incompatibile
con lo stato in cui era stato trovato il motore, ed escluse cause riconducibili alle
condizioni della auto al momento del fatto ed a precedenti sinistri, ha concluso
che il <> registrato dalla centralina dell’auto era certamente
imputabile al comportamento del Sasso e che è stato causa del danno riportato
dal veicolo che non presentava alcuna precedente anomalia di funzionamento.
Quanto alla contestata configurabilità dell’obbligo di intervenire da parte del
Floris, la Corte di appello ha rilevato che l’imputato, appuntato scelto dei
carabinieri, aveva necessariamente, in base alla normativa militare, il ruolo di
<> che può derivare o dallo stato giuridico di ufficiale o sotto
ufficiale più alto in grado, come nella specie, o per ordine di servizio; tanto
comporta l’implicito obbligo di vigilare sulla condotta di guida del conducente,
ruolo meramente esecutivo, ed il dovere di intervenire in caso di eventuali
comportamenti negligenti o inadeguati. Tuttavia, nella specie la condotta posta
in essere dal Sasso, certamente percepita dal Floris, del tutto inspiegabile, non

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dibattimento, ai sensi dell’art. 604 n. 4 cod. proc. pen. o, comunque, dell’art.

aveva determinato alcun intervento da parte del superiore, tanto da consentire
al conducente la reiterazione.
In conclusione, quindi, le censure del Floris mancano di qualsivoglia
correlazione con gli argomenti posti a fondamento della decisione.

2.

La Corte di appello ha fatto corretta applicazione (p. 18-19) della

disciplina dell’art. 604 cod. proc. pen., respingendo la richiesta del Sasso di
declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, rilevando che, nella specie,

pen. in cui il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza di primo grado,
essendo stata soltanto utilizzata una prova illegittima dalla quale il secondo
giudice può prescindere.
Pertanto, la questione riproposta dal Sasso è manifestamente infondata.
Del tutto generiche sono le doglianze del predetto ricorrente in ordine alla
riconducibilità del danno dell’auto di servizio alla propria condotta volontaria.
Invero, la Corte di appello ha dato conto delle regioni della propria decisione
con discorso giustificativo immune dai dedotti vizi ed ancorato alle circostanze di
fatto accertate nel processo, pervenendo alla conclusione, sulla base di una
pluralità di elementi, che il «fuori giri» registrato dalla centralina dell’auto
era certamente imputabile al comportamento del Sasso e che è stato causa del
danno riportato dal veicolo che non presentava alcuna precedente anomalia di
funzionamento, spiegando compiutamente quale fosse la ragione che aveva reso
necessario farlo partire a spinta (le microspie collocate per le indagini relative ad
altro procedimento assorbivano molta elettricità).
Ha, inoltre, evidenziato come il Sasso fosse militare ed autista esperto,
abilitato alla guida di auto di servizio grazie a corsi specifici, tali da rendere del
tutto inverosimile che avesse potuto eseguire una manovra – peraltro reiterata così maldestra per mera negligenza, imprudenza o imperizia.
Anche il ricorso proposto dal Sasso, dunque, deve essere dichiarato
inammissibile.

3. L’inammissibilità dei ricorsi che comporta per legge, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma ritenuta congrua di euro 1.000,00 (mille)
ciascuno in favore della cassa delle ammende.

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non ricorre alcuna delle ipotesi, tassativamente previste, dall’art. 604 cod. proc.

P.Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro ciascuno alla cassa
delle ammende.

Così deciso, il 15 maggio 2015.

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