Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37280 del 25/05/2018

Penale Sent. Sez. 1 Num. 37280 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: BIANCHI MICHELE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A,A,
B.B.

avverso la sentenza del 25/01/2017 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MICHELE BIANCHI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ELISABETTA
CENICCOLA
che ha concluso chiedendo l’inammissibilita di entrambi i ricorsi con ogni conseguente
statuizione.
udito i difensori:
l’avv. Rosario Alimiento in difesa di B.B. espone il contenuto dei motivi di
ricorso di cui ne chiede l’accoglimento;
l’avv. Gianluca Palazzo Ferruccio in difesa di A.A. che illustra le
argomentazioni difensive insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 25/05/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata in data 25.1.2017 la Corte di appello di Lecce
ha confermato la sentenza pronunciata in data 12.5.2014 dal Tribunale di
Brindisi che aveva ritenuto A.A. e B.B. colpevoli del
reato di incendio e li aveva condannati, ciascuno, alla pena di anni tre e mesi sei
di reclusione.

infiammabile, di un esercizio commerciale sito in Brindisi ( capo A) e il reato di
cui all’art. 513 bis c.p., per aver il A.A., titolare di una sala giochi situata
proprio davanti a quella oggetto del reato di cui al capo A, commesso il fatto di
cui al capo A come atto di concorrenza ( capo B).
Il Tribunale, dichiarata la insussistenza della fattispecie ascritta al capo B sul
rilievo che la norma incriminatrice concerne gli atti di concorrenza compiuti
illecitamente, e non anche gli atti di intimidazione collegati all’esercizio di una
attività commerciale in concorrenza, ha ricostruito il fatto sulla base degli
accertamenti compiuti nella immediatezza dalla polizia giudiziaria.
Nella notte fra il 10 e 11.9.2009, alle ore 0.40, veniva richiesto l’intervento
dei vigili del fuoco per un incendio ad una sala giochi del centro cittadino di
Brindisi; il carattere doloso dell’incendio era desumibile dal fatto che, sul retro
dell’esercizio, veniva rinvenuta una finestra rotta, mentre, all’interno, veniva
trovata una bottiglia di plastica con ancora tracce di liquido infiammabile; inoltre,
le riprese del sistema di video sorveglianza avevano documentato la presenza di
tre giovani che, in orario coincidente con quello dell’incendio, si erano allontanati
a bordo di un à Fiat Punto.
Il teste Giove, abitante nei pressi del luogo del fatto, aveva riferito che,
trovandosi affacciato al balcone di casa, aveva visto verso le ore 0.30 tre giovani
allontanarsi di corsa, uno di questi gli era apparso ferito al capo.
Quanto alla responsabilità degli imputati, il primo giudice ha evidenziato
che:
– erano stati accertati contatti telefonici tra A.A. e B.B.
Danilo nel corso della giornata del 10 settembre e anche nella notte successiva,
dalle ore 1.14;
– A.A. era stato notato tra le persone che assistevano alle
operazioni dei vigili del fuoco;
– B.B., dopo il fatto, risultava essere ferito all’orecchio sinistro
ed aveva spiegato di aver, incautamente, urtato la marmitta del suo motorino,
procurandosi la scottatura all’orecchio;
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1.1. L’imputazione riguarda il delitto di incendio, appiccato con liquido

– era stata intercettata una conversazione in cui A.A. aveva
utilizzato l’espressione ” … di nuovo gli picciamo …”, espressione dialettale che
significa ” dar fuoco”;
– erano state intercettate conversazioni tra i due imputati e il minore De Leo
Giovanni, nelle quali i tre, in attesa di essere sentiti in Questura, si davano
reciproche raccomandazioni a non mutare versione dei fatti.
Il primo giudice ha quindi ritenuto, sulla base degli indicati elementi, uniti
alla considerazione dell’interesse del A.A. a pregiudicare l’attività

telefonici notturni tra A.A. e B.B. sia della scottatura del B.B., la
penale responsabilità degli imputati A.A. e B.B. in ordine al reato
ascritto al capo A.

1.2. Adita con impugnazione di entrambi gli imputati, la Corte di appello, cui
era devoluto il giudizio sulla penale responsabilità degli imputati, sulla
qualificazione giuridica del reato e sul trattamento sanzionatorio, ha confermato
la sentenza di primo grado.

2. Contro tale provvedimento, i difensori degli imputati hanno proposto
distinti ricorsi per cassazione.

2.1. Il ricorso presentato dal difensore di A.A. denuncia
violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata qualificazione
del fatto ai sensi dell’art. 424 cod. pen. .

2.2. Il ricorso presentato dal difensore di B.B. denuncia, con il
primo motivo, la violazione di norme processuali in relazione alla utilizzazione
della testimonianza resa da teste Giove all’udienza 13.5.2013 avanti diverso
collegio, e nonostante il difetto di consenso da parte della difesa e il richiamo ad
essa solo genericamente compiuto nel corso della rinnovazione della prova
all’udienza del 3.2.2014.
Il secondo motivo denuncia la violazione di norme processuali in ordine
alle modalità di assunzione del teste Giove all’udienza del 3.2.2014, esame
condotto direttamente dal Presidente del collegio con formulazione della
suggestiva domanda se confermava la precedente deposizione.
il terzo motivo denuncia difetto di motivazione in ordine alle doglianze
proposte con l’atto di appello e, in particolare, in relazione all’accertamento
dell’epoca della ferita all’orecchio del ricorrente.

commerciale concorrente e all’assenza di credibili spiegazioni sia dei contatti

Il quarto motivo deduce difetto di motivazione in ordine alla valutazione
del contenuto dell’intercettazione ambientale presso i locali della Questura di
Brindisi.
Il quinto motivo denuncia violazione di legge e difetto di motivazione in
ordine alla mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 424 cod. pen. .
Il sesto motivo denuncia difetto di motivazione in ordine al diniego delle
attenuanti generiche.

Il ricorsi risultano entrambi, per ragioni diverse, inammissibili .

1. I primi due motivi del ricorso del difensore di B.B.
riguardano la testimonianza Giove Antonio.

1.1. Il primo motivo deduce che la sentenza impugnata aveva utilizzato la
testimonianza resa da Giove all’udienza 13.5.2013, inutilizzabile in quanto
assunta avanti a collegio diverso da quello che aveva deliberato la sentenza, e
dunque sarebbe integrata violazione dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen. e
dell’art. 191 cod. proc. pen. .
La sentenza di primo grado ha dato atto che, a seguito del mutamento del
collegio, le parti avevano rinnovato le istanze istruttorie ed erano stati riassunti
testi che avevano già reso testimonianza, fra i quali anche, all’udienza 3.2.2014,
il teste Giove Antonio.
L’atto di appello ( pag. 5) aveva dedotto la inutilizzabilità della
testimonianza Giove.

1.1.1. Il motivo concernente la violazione dell’art. 525, comma 2, cod.
proc. pen. è manifestamente infondato.
E’ pacifico che il Tribunale ha proceduto alla rinnovazione del dibattimento
sin dalle richieste istruttorie e quindi la deliberazione è stata assunta dal
medesimo collegio che aveva partecipato al dibattimento.
Non sussiste, dunque, il presupposto di fatto della eccezione processuale
dedotta.

1.1.2. Quanto alla eccezione di inutilizzabilità della testimonianza resa da
Giove Antonio all’udienza del 13.5.2013, avanti a collegio diverso da quello che
aveva deliberato la sentenza, si deve osservare che la difesa di B.B.:

4

CONSIDERATO IN DIRITTO

– nell’atto di appello, ha sostenuto ( pag. 5) che la sentenza di primo
grado aveva riportato per ” ampi stralci” la testimonianza resa all’udienza del
13.5.2013, ed ha poi ( alle pagg. 8-10) utilizzato, ai fini della verifica della
attendibilità, un brano della stessa testimonianza;
– nel primo motivo del ricorso per cassazione ha rinnovato la doglianza
sull’utilizzo di ” ampi stralci”, evidenziando che anche il secondo giudice aveva
utilizzato quella testimonianza.
Dunque, innanzitutto, la deduzione è formulata genericamente in quanto

testimonianza assunta all’udienza del 13.5.2013.
Inoltre, la sentenza di appello ( pag. 3) ha precisato che il teste Giove,
all’udienza 3.2.2014, aveva confermato quanto dichiarato all’udienza 13.5.2013
e dunque il contenuto di quella testimonianza è stato richiamato dal teste,
nell’esame avanti al nuovo collegio, che poi ha deliberato la decisione, e nel
contraddittorio fra le parti.
Si deve rilevare che la giurisprudenza ha riconosciuto la utilizzabilità delle
prove assunte avanti un diverso, da quello che ha deliberato la sentenza, collegio
nel caso in cui le parti non abbiano chiesto al nuovo collegio la rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale ed abbiano consentito alla rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale mediante lettura degli atti assunti ( Sez. 5,
23.5.2016, Renzulli; Sez. 2, 3.4.2017, Troia).
Nel caso in esame, è stata disposta la rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale mediante ripetizione della stessa, è stato nuovamente assunto il
teste Giove, nel corso della testimonianza è stato richiamato ” per conferma” il
contenuto del precedente esame, nessuna delle parti risulta essersi opposta a
tale modalità di esame e la difesa, dopo il richiamo compiuto dal teste alle
precedenti dichiarazioni testimoniali, ha potuto contro esaminare il teste.
Il motivo proposto, dunque, risulta formulato genericamente e comunque
risulta manifestamente infondato.

1.2. Il secondo motivo di ricorso propone ancora eccezione di
inutilizzabilità della testimonianza di Giove Antonio, ma con riferimento all’esame
testimoniale dell’udienza 3.2.2014 e in ragione delle modalità dell’esame,
condotto dal Presidente del collegio e con richiesta di conferma delle precedenti
dichiarazioni rese avanti a diverso collegio.
Il motivo è manifestamente infondato.
La giurisprudenza ha chiarito che le eventuali inosservanze delle modalità,
stabilite dall’art. 499 cod. proc. pen., di conduzione dell’esame testimoniale non
sono sanzionate a pena di nullità dell’atto istruttorio né determinano la

non precisa in quali parti, le sentenze di merito avrebbero utilizzato la

inutilizzabilità della prova assunta ( Sez. 3, 3.10.2017, n. 52435, Rv. 271833;
Sez. 3, 9.10.2014, Cifaldi, Rv. 260872; Sez. 2, 3.12.2013, Mitidieri, Rv.
258114).
Secondo quanto esposto dal motivo risulterebbe solo che l’esame da parte
del Presidente del collegio avrebbe preceduto quello delle parti, e non viene
illustrato in quali termini il preventivo esame da parte del Presidente del collegio
avrebbe nuociuto alla genuinità della testimonianza.
In

relazione

alla

ulteriore

deduzione

di

inaffidabilità”

della

del tutto generica.

2. I motivi terzo e quarto del ricorso del difensore di B.B.
censurano la motivazione in ordine a taluni elementi probatori valorizzati ai fini
del giudizio di colpevolezza: il motivo terzo riguarda la considerazione della ferita
all’orecchio presentata dall’imputato B.B., il motivo quarto concerne il
contenuto della intercettazione ambientale della conversazione tra gli indagati.

2.1. Il terzo motivo censura il passaggio motivazionale relativo
all’accertamento dell’epoca della ferita all’orecchio del ricorrente.
Si deve rilevare che il motivo ripropone, anche testualmente per larga
parte, le doglianze proposte con l’atto di gravame ( alle pagine 3 e 4),
lamentando che il secondo giudice avrebbe ” … omesso di motivare …”.
La sentenza di appello, in realtà, ha preso in considerazione ( pag. 3) la
doglianza proposta con l’atto di appello, evidenziando le ragioni per cui non era
stata ritenuta credibile la versione data dall’imputato, circa il sinistro che
avrebbe determinato la ferita all’orecchio, e le ragioni per cui non era fondato
l’argomento della difesa tecnica circa la risalenza nel tempo della ferita
medesima.
Il motivo in esame non ha proposto una- specifica censura a tale
passaggio motivazionale, ma si è limitata a riproporre le argomentazioni svolte
con l’atto di appello: si tratta dunque di motivo articolato genericamente, senza
una specifica critica alla motivazione, e avente contenuto di merito, finalizzato a
un nuovo giudizio, non consentito in sede di legittimità.
Si deve aggiungere che il secondo giudice ha motivato il giudizio di non
attendibilità delle spiegazioni date dall’imputato, sia perché incerte nella
descrizione della causa della ferita ( se fosse stata causata mentre egli si rialzava
da terra ovvero mentre egli rialzava il motorino) sia perché manifestamente
illogiche ( non essendo comprensibile come, nelle due descritte situazioni, un
soggetto possa porre l’orecchio sinistro a contatto con la marmitta del motorino).
6

testimonianza, il motivo di ricorso, dunque, risulta anche formulato in maniera

Si tratta di motivazione, oltre che non censurata dalla difesa, che si fonda
su dati processuali non contestati ( l’imprecisione del racconto dell’imputato) e
propone valutazioni logicamente ineccepibili.
Quanto all’epoca della ferita, il secondo giudice ha risposto agli argomenti
della difesa, tendenti a collocare l’epoca della ferita in data ben precedente la
notte dell’incendio, con il rilievo che era stato lo stesso B.B. a indicare,
seppur in maniera non precisa, la data della ferita in giornata maggiormente
prossima al 10 settembre.

finalizzata ad affermare una oggettiva incompatibilità tra l’incendio per cui è
processo e la accertata ferita all’orecchio sinistro del B.B..
I giudizi di merito, invece, hanno accertato, con motivazione, logicamente
adeguata, che ha considerato le deduzioni svolte dall’imputato e dalla sua difesa
tecnica, che tale incompatibilità non aveva ragione di sussistere.
Come già rilevato, il ricorso sul punto non ha proposto alcuna censura
specifica.
Il motivo va dunque dichiarato inammissibile.

2.2. Il quarto motivo censura la valutazione data dal secondo giudice circa
il contenuto della conversazione tra gli indagati, oggetto di intercettazione
ambientale.
Il motivo riprende, testualmente, il contenuto del relativo motivo di
gravame ( alla pagina 15), senza proporre alcuna censura alla motivazione del
secondo giudice.
La sentenza di appello ha escluso che le raccomandazioni reciproche degli
indagati potessero essere il frutto di pressioni degli inquirenti, sul rilievo
dell’atteggiamento, invece, di” spavalda arroganza ” dei tre giovani.
Sul punto, il ricorso non ha proposto alcuna censura, limitandosi a
riproporre la diversa valutazione proposta con l’atto di appello.
Il motivo, dunque, non si confronta con la motivazione della sentenza
impugnata ed ha contenuto di merito.
Va dunque dichiarata la inammissibilità anche di questo motivo.

3. Il quinto motivo del ricorso B.B. e l’unico motivo del ricorso
presentato dal difensore di A.A. , che denunciano la violazione degli
artt. 423 e 424 cod, pen. in relazione alla qualificazione giuridica della fattispecie
ascritta, vanno esaminati congiuntamente.
Il difensore di A.A. evidenzia che all’esito dei giudizi di
merito era emerso, quanto al fatto, che si era sviluppato solo molto fumo, ma
7

Si tratta di rilievo puntuale, che risponde adeguatamente alla deduzione

non uno sviluppo di fiamme tali da integrare un incendio e, quanto alla finalità
dell’azione, che l’intento dei responsabili del fatto era di danneggiare i beni
aziendali dell’impresa commerciale della persona offesa
Il motivo ( a pag. 6) sostiene, in particolare, che l’accertamento del fatto
compiuto dalla sentenza impugnata – nel senso che si era sviluppato un fuoco
con forza distruttrice e che i vigili del fuoco erano rimasti impegnati per ore sarebbe stato erroneo, perché in contrasto con gli elementi probatori acquisiti,
evidenziati dal motivo alle pagine 4 e 5.

contenuto del relativo motivo di appello ( vedi pag. 17 dell’atto di appello),
collega il dedotto errore nella interpretazione della norma incriminatrice ad un
profilo di ”

illogicità della motivazione …”; in particolare, si sostiene che ”

non corrisponde alla realtà dei fatti accertati che e che i vigili del fuoco intervenuti furono impegnati per ore nello
spegnimento …” ( vedi pagg. 9, 10 del ricorso).
La sentenza di appello ha ravvisato la sussistenza della fattispecie di
incendio sul rilievo, contestato dal ricorso B.B., che sarebbe stato accertato
un divampare delle fiamme con forza distruttrice e che i vigili del fuoco
sarebbero rimasti per ore impegnati nello spegnimento del rogo.
Entrambi i ricorsi contestano la fondatezza di tale accertamento e fondano
la censura di violazione della legge penale su un diverso accertamento di fatto.
In ordine a tale accertamento di fatto, entrambi i ricorsi propongono
argomenti di merito, tendenti ad un diverso giudizio sul fatto, non consentito in
sede di legittimità.
Si deve rilevare che le sentenze di merito, conformi tra loro, hanno reso
specifica motivazione sul punto: il Tribunale ( pagg. 7, 18, 19) ha evidenziato
che l’intervento dei vigili del fuoco si era protratto per un’ora e venti minuti (
dalle ore 0.45 alle ore 2.07), che erano stati utilizzati getti idrici, che si era
sprigionato un intenso fumo, che le pareti erano annerite e che si era verificato
un distacco parziale dell’intonaco dal solaio, che il fuoco si era propagato da una
stanza alle altre.
L’atto di appello presentato dal difensore di A.A. , sul punto,
aveva sostenuto ( pag. 4) che ”

le fiamme sono state spente tranquillamente

dai vigili del fuoco, né i danni provocati dall’incendio sono stati tali da
considerarsi ingenti …” ;

l’atto di appello della difesa di B.B. aveva

valorizzato, oltre ad alcuni passaggi delle testimonianze di personale di polizia
giudiziaria, la relazione di intervento dei vigili del fuoco, attestante la presenza di
fumo ed ” … un incendio localizzato nella parte sottostante la finestra posta sul

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Il ricorso presentato dal difensore di B.B., nel riprendere il

retro de/locale …” e l’utilizzo di naspi, apparecchiatura idonea allo spegnimento,
ma di minor efficacia rispetto ad altri strumenti.
Dunque, con gli atti di appello veniva proposta una diversa valutazione
dei dati emergenti dalla relazione di intervento redatta dai vigili del fuoco, il
medesimo documento valorizzato dal Tribunale.
La Corte territoriale ha condiviso l’accertamento compiuto dal Tribunale.
In relazione alla motivazione di tale giudizio di fatto i ricorsi proposti non
hanno dedotto la sussistenza di travisamento di prova, né hanno indicato

ma hanno offerto una diversa lettura del compendio probatorio, e quindi
sostenuto un diverso accertamento in fatto.
Si tratta di doglianza che non è consentita nel giudizio di legittimità, dove
i profili attinenti l’accertamento del fatto possono trovare ingresso solo per il
tramite della censura della tenuta motivazionale del giudizio compiuto dai giudici
di merito.
Si deve rilevare, in particolare, che i ricorsi fanno riferimento solo al
giudizio sintetico dato dalla Corte di appello, senza considerare gli elementi di
fatto, evidenziati dal primo giudice, che fondano quel giudizio: il tempo
impiegato per domare le fiamme, l’accertata propagazione delle stesse, gli effetti
riscontrati sulle strutture in cemento.
I motivi in esame dunque non si confrontano con la motivazione data sul
punto dalle sentenze di merito e, nel dedurre censura di violazione di legge, si
risolvono nella proposizione di un diverso accertamento di fatto, non consentito
nel giudizio di legittimità.
Si tratta quindi di motivi inammissibili.

4. Il sesto motivo del ricorso presentato dal difensore di B.B.
censura la motivazione del diniego delle attenuanti generiche.
Il motivo, che ripropone quanto dedotto sul punto con il relativo motivo di
appello ( alla pag. 18 dell’atto di appello), deduce che il secondo giudice non
avrebbe motivato il proprio giudizio.
Il giudice di appello ha considerato la doglianza proposta, e l’ha rigettata
condividendo quanto ritenuto dal Tribunale ed evidenziando che l’appellante non
aveva indicato elementi idonei a giustificare il riconoscimento del beneficio.
Il Tribunale aveva motivato ( a pag. 21) il diniego, sul rilievo della ”
oggettiva gravità del fatto, la particolare pervicacia mostrata nel commetterlo,
unitamente all’atteggiamento … scarsamente collaborativo ed anzi di sfida …”.
Il motivo di gravame aveva contestato la valorizzazione in negativo
dell’atteggiamento processuale dell’imputato e ritenuto che, invece, si doveva
9

specifici profili di motivazione assente, contraddittoria o manifestamente illogica,

considerare la occasionalità del fatto; quanto al parametro della gravità del fatto,
l’atto di appello aveva affermato che la pena era ” … sproporzionata rispetto
all’entità del fatto” .
Il motivo di ricorso, quanto alla motivazione data dal secondo giudice, si
limita ad un immotivato giudizio di assenza, senza prendere in considerazione
quanto rappresentato dai giudici di merito a fondamento della decisione di non
riconoscere le attenuanti generiche
Il motivo, poi, ripropone quanto sostenuto con l’atto di appello, dove era
stata data una diversa lettura sia del comportamento processuale sia del profilo

ingresso nel giudizio di legittimità, ove è consentito solo un controllo sulla
motivazione e non la pronuncia di un nuovo giudizio di merito.
Il motivo proposto risulta dunque articolato genericamente e a contenuto
di merito.
Il motivo è dunque inammissibile.

5. Va dunque dichiarata la inammissibilità dei ricorsi, cui consegue, ai
sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità ( Corte Cost., sentenza n. 186 del
2000), anche la condanna di ciascuno al versamento di una somma a favore
della Cassa delle Ammende, che si reputa equo determinare in € 2.000, 00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibilé i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro duemila in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 25.5.2018.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Miqhele Bianchi

Adriano Iasillo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositata in Cancelleria oggi
Roma, lì

i AGO, 2011

soggettivo dell’imputato, ma tali considerazioni non possono trovare autonomo

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