Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3722 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3722 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SECCHI GIANFRANCO n. 7/10/1934
avverso la sentenza n. 764/2010 del 31/5/2012 della CORTE DI APPELLO
DI MILANO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMINE STABILE che ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Udito per la parte civile l’avv. dello Stato PIETRO GAROFOLI che ha chiesto
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore avv. MARCELLO MADIA che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 31 maggio 2012 la Corte di Appello di Milano confermava
la sentenza con la quale il Tribunale di Milano il 10 novembre 2009 condannava
Secchi Gianfranco per concorso in concussione.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, il 19/12/2006 due funzionari
della Agenzia delle Entrate, Ambrosio e Mennitto, effettuavano un controllo a
carico del bar sito in Milano di tale Varano Giuseppe e, rilevate anomalie di
gestione sotto il profilo tributario e previdenziale, prospettando al Varano gravi
conseguenze in caso di formalizzazione degli accertamenti, lo inducevano ad

Data Udienza: 14/11/2013

accettare un pagamento in loro favore perché non procedessero a denunciare le
dette irregolarità. Al fine della conclusione di tale accordo illecito, condotta che le
ulteriori indagini dimostravano essere frequente per i due funzionari, questi
ultimi chiedevano che il Varano facesse agire quale intermediario il suo
commercialista, Secchi Gianfranco. Intervenuto costui su iniziativa della vittima,
vi era quindi un incontro tra i funzionari, Secchi e Varano; quest’ultimo veniva
fatto allontanare e gli altri si accordavano per il pagamento di una cifra che
veniva indicata da Secchi al Varano in euro 1000 e che i funzionari avrebbero

necessità di procedere come richiesto da Annbrosio e Mennitto attese le gravi
irregolarità emerse nella attività imprenditoriale.
Varano denunciava i fatti alla GdF, sospettando anche del proprio
commercialista, per cui concordava con gli operanti una consegna “controllata”
del denaro. Varano consegnava 1000 euro al Secchi, con banconote “segnate”; i
due funzionari si recavano nello studio del commercialista e all’uscita, sottoposti
a controllo, risultavano avere euro 800 proveniente dalla somma anzidetta. In
sede di perquisizione nello studio del Secchi, nella cassaforte veniva rinvenuta la
restante somma di euro 200.
I giudici di merito giungevano alla conclusione del concorso di Secchi nella
attività illecita dei pubblici ufficiali sulla scorta del dato dell’avere il Secchi
trattenuto per sè questa somma, avendo detto alla vittima che l’accordo con i
funzionari era per euro 1000, ritenendo infondata la tesi dell’essere i 200 euro il
denaro corrispondente ad un debito del Varano per le prestazioni del
commercialista e perciò da questi trattenuto lecitamente ed in accordo con il
cliente.
La Corte di Appello valutava nel merito le deduzioni della difesa quanto alla
ricostruzione del fatto ed al ruolo svolto dal ricorrente, osservando innanzitutto
che la difesa basava le proprie conclusioni su circostanze difformi da quelle
accertate e, inoltre, rilevava come non potesse invocarsi un ruolo di Secchi di
mero intermediario perché questi si era comunque attivato per garantire ai rei il
buon esito dell’operazione, poco importando che non vi fosse stato un
precedente accordo. Il ricorrente aveva indotto la vittima ad accettare il
pagamento in modo da creare le condizioni per ottenere un personale vantaggio.
Secchi propone ricorso con atto a propria firma.
Con primo motivo deduce la violazione di legge in ordine all’art. 317 cod.
pen. nonché il vizio della motivazione in ordine alla prova dell’accordo tra il
Secchi e i due funzionari.
Premette la regola d’esperienza per la quale un “mediatore”, quale era il
Secchi, in tanto possa ritenersi corresponsabile della concussione in quanto non
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ritirato presso lo studio del commercialista. Secchi raccomandava al cliente la

solo abbia obiettivamente facilitato la condotta del concussore ma abbia agito
per specifica collusione con il reo, ad es. persuadendo la vittima o
minacciandola; deduce la totale assenza nella motivazione della sentenza
impugnata di una verifica di una tale situazione.
Con secondo motivo deduce il vizio della motivazione in ordine alla
dimostrazione dell’avere l’imputato contribuito a costringere la vittima a cedere
alle pressione estorsive. La sentenza non offre alcuna motivazione quanto
all’avere il Secchi cercato di convincere il Varano a pagare o comunque

Con terzo motivo deduce l’illogicità della motivazione sulla ragione per cui il
Secchi aveva trattenuto la somma di C 200,00.
La affermazione fatta dalla Corte di Appello in ordine all’avere il Secchi
trattenuto per sé euro 200 dalla somma di 1000 euro consegnatagli dalla
persona offesa per il pagamento richiesto dai pubblici ufficiali, risulta illogica alla
luce di quanto accertato, non essendosi tenuto conto del fatto che il Secchi
aveva ben chiarito come si trattasse di somma a lui dovuta per una diversa
prestazione professionale.
Il 30 ottobre 2013 il ricorrente presenta ulteriori motivi a propria firma con i
quali insiste nell’affermare che non vi è stata una sua attività diversa da quella di
mediare tra i rei e la vittima, peraltro nell’interesse di quest’ultimo, senza alcuna
condotta mirata a rafforzare la minaccia
Il 6 novembre 2013 il difensore di fiducia presenta una memoria osservando
come non sia indicata alcuna condotta aggiuntiva rispetto a quella di mero
mediatore e che valesse a rafforzare il metus potestatis indotto dai rei.
La somma prelevata di per sé, osserva, non ha funzione nell’ambito del
rapporto con i presunti correi che, se del caso, sarebbero vittime di una truffa
compiuta dal ricorrente ai loro danni.
Inoltre il difensore deduce che il fatto, alla luce delle modifiche intervenute
con la legge n. 190 del 20 12, deve essere oggi ritenuto integrare il reato di cui
all’art. 319 quater cod. pen..
L’8 novembre 2013 Secchi Gianfranco ha presentato ulteriore memoria con
atto a propria firma ribadendo le sue argomentazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato solo quanto alla qualificazione del fatto, come dopo
specificato.
Il primo motivo è infondato innanzitutto sotto il profilo della disciplina del
concorso di persone del reato. Il ricorrente ritiene che il concorso di persone nel
reato comporti sempre il previo accordo tra i rei e la consapevolezza di ciascuno
del ruolo assunto dagli altri. Tale interpretazione non è però corretta in quanto
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contribuito ad ingenerare il suo stato di soggezione.

ricorre il concorso nel reato anche quando un soggetto, come ritenuto nel caso di
specie, agevoli la condotta delittuosa di altri senza previo accordo e, se del caso,
anche se il soggetto agevolato non ne sia consapevole (In tema di concorso di
persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un
previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui,
essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta
esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente
manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come

22/11/2000).
Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto, a parte il fatto che
il ricorrente presuppone, secondo la propria interpretazione dell’art. 110 cod.
pen., che si dovesse dimostrare il previo accordo, la sentenza affronta il tema
della condotta volutamente agevolatrice del ricorrente, motivando sul punto con
un apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede di legittimità. In
questo modo si risponde anche agli ulteriori argomenti presenti nelle memorie e
motivi aggiunti che intendono negare questa attività agevolatrice essenzialmente
sulla base di apprezzamenti in fatto che non possono avere spazio in questa
sede.
Il terzo motivo è manifestamente infondato in quanto parte dal presupposto
che sia accertato che il Secchi dovesse ricevere C 200 dal Varano e che a tale
titolo, con la consapevolezza del Varano stesso, avesse trattenuto per sé i soldi.
Ma, in base a quanto accertato dalla sentenza, si tratta di un presupposto
chiaramente erroneo.
Va invece accolta la deduzione in ordine alla corretta qualificazione giuridica
del fatto. Lo stesso, difatti, rientra nella nuova ipotesi di reato di cui all’articolo
319 quater cod. proc. pen., in continuità normativa rispetto alla concussione
nella forma previgente (La successione normativa fra il previgente testo dell’art.
317 cod. pen., quello introdotto dall’art. 1 comma 75 della I. n. 190 del 2012 e
quello del nuovo ed autonomo art. 319 quater cod. pen., si colloca all’interno del
peculiare fenomeno della successione di leggi penali, disciplinato dal quarto
comma dell’art. 2 cod. pen. Sez. 6, Sentenza n. 21701 del 07/05/2013). Risulta
difatti che i pubblici ufficiali avevano prospettato alla vittima un danno in sé
lecito in quanto sarebbe conseguito ad un loro doveroso accertamento di
irregolarità fiscali effettivamente sussistenti, prospettando quindi un male
“giusto”, ipotesi rientrante nella nuova figura normativa (Cass. VI sent. 13047
del 25/02/2013).

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semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro (Sez. Un. Sent. 31 del

In tali limiti il ricorso va accolto con conseguente annullamento della
sentenza con rinvio per la sola determinazione della pena in base alla nuova
norma.
Attesa la soccombenza sostanziale, il ricorrente deve essere altresì
condannato alla rifusione spese processuali del presente grado in favore della
parte civile costituita.
P.Q.M.
Qualificato il fatto come induzione indebita ex art. 319 quater cod. pen. i

rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di
Milano. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle
spese di questo grado in favore della Agenzia delle Entrate i costituita parte civile,
che liquida in complessive euro 1500.

annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e

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