Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37219 del 18/07/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 37219 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PISANESCHI NICCOLO nato a SIENA il 14/08/1963

avverso la sentenza del 26/01/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LAURA SCALIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI
che ha concluso chiedendo

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rie–per l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione.

udito ildieiiie

L’avvocato DE MARTINO ENRICO si associa.

Data Udienza: 18/07/2018

FATTO E DIRITTO
Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato
la sentenza pronunciata dal Tribunale di Firenze all’esito di abbreviato che aveva
condannato l’imputato, Pisaneschi Niccolò, alla pena di sei mesi di reclusione per il reato
di cui all’art. 323 c.p., per avere egli in qualità di componente della commissione di
esame per l’abilitazione alla professione di avvocato, violando previsioni di legge e
regolamentari ed il precetto costituzionale di buon andamento ed imparzialità della p.A.,

per la redazione dell’elaborato, consegnandogli anche dei fogli non potuti repertare.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i difensori i
fiducia dell’imputato con sette motivi di annullamento, con cui hanno fatto valere: 1)
erronea applicazione della norma penale processuale nel difetto di motivazione sui
presupposti dell’integrazione probatoria disposta dal giudice dell’abbreviato ai sensi
dell’art. 441, comma 5, c.p.p.; 2) violazione del principio di corrispondenza tra fatto
contestato e fatto per cui era stata pronunciata condanna; 3) vizio di motivazione nella
valutazione della prova mancante del contributo fornito dall’imputato al candidato; 4)
violazione di legge in relazione al ritenuto svolgimento di funzione pubblica da parte del
commissario di esame e della nozione di pubblico ufficiale; 5) erronea applicazione
dell’art. 323 c.p., avendo la Corte di merito ritenuto che il passaggio di contributi scritti
avesse riguardato un solo candidato e non chiunque ne avesse fatto richiesta; 6)
violazione di legge e vizio di motivazione sulla mancanza di prova della sussistenza del
vantaggio con violazione del principio del ragionevole dubbio; 7) erronea applicazione
dell’art. 323 c.p. in mancanza del carattere patrimoniale del ritenuto vantaggio.
Il ricorso non appare ictu ()cui/ affetto da immanenti cause di inammissibilità.
Nondimeno occorre osservare in limine che il reato ascritto al ricorrente risulta
oggi attinto da causa estintiva prescrizionale, maturata in data 17/06/2017 su cui
computare altresì il termine di sospensione pari ad un mese e 18 giorni, e quindi in
epoca appena anteriore alla trasmissione dell’odierno ricorso e dei relativi atti
processuali a questo giudice di legittimità (27/09/2017).
Ne discende l’obbligo di immediata declaratoria, anche in sede di legittimità, di
tale causa di non punibilità (art. 129, comma 1, cod. proc. pen.), non emergendo ex
actis in termini di evidenza la necessità o possibilità di pervenire a una decisione più
favorevole all’imputato per gli effetti di cui all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. In
vero i dedotti motivi di censura, anche se in ipotesi fossero fondati, condurrebbero ad
un annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito per un nuovo
giudizio, con il ridetto sicuro esito definitorio ex art. 157 cod. pen. Esito senz’altro
produttivo di un indebito procrastinarsi della conclusione del procedimento.

2

intrattenuto rapporti personali con un candidato a cui offriva contributi informativi utili

P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.

Così deciso il 18 luglio 2018

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