Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 372 del 16/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 372 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PRINCIPI MAURIZIO N. IL 27/07/1963
avverso la sentenza n. 2693/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
05/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 16/12/2015

Principi Maurizio ricorre avverso la sentenza 5.6.14 della Corte di appello di Ancona che ha
confermato quella in data 17.12.11 del G.u.p. di Fermo con la quale è stato condannato, per i reati
fallimentari ascrittigli, esclusa la recidiva semplice contestata, concesse attenuanti generiche
prevalenti, alla pena di anni uno, mesi sei e giorni venti di reclusione, oltre le pene accessorie di
legge.

violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p., per essere l’affermazione di responsabilità in
ordine alla ipotesi distrattiva sub A) basata sulla relazione del curatore fallimentare, senza
considerare che l’imputato aveva spiegato di aver adoperato la somma derivante dalla vendita
dell’autocarro per coprire piccoli debiti accumulatisi negli anni, vendita che peraltro non aveva
cagionato il dissesto della società che si trovava di per sé in condizioni precarie a causa di fattori
esterni all’impresa stessa.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. per non avere
i giudici considerato che il Principi non aveva realizzato alcun comportamento volto ad aggravare il
dissesto societario, essendosi trovato nell’impossibilità di porre in essere qualsivoglia attività di
recupero coattivo dei crediti vantati per assoluta carenza di liquidità.
Con il terzo motivo si lamenta la mancata concessione del beneficio di cui all’art.163 c.p., non
avendo i giudici tenuto conto del buon comportamento processuale ed extraprocessuale tenuto
dall’imputato, che si era prodigato ad arginare le conseguenze della crisi societaria.
Con il quarto motivo si deduce, con riferimento al reato sub B), l’intervenuta prescrizione, maturata
il 23.10.14.
Con memoria pervenuta alla cancelleria di questa Corte il 9.12.15, il difensore ha insistito
nell’accoglimento del ricorso ripercorrendone i motivi e sostenendo che la diminuzione
patrimoniale derivata dalla vendita dell’automezzo trovava giustificazione nella fisiologica gestione
dell’impresa e non rappresentava un fraudolento depauperamento delle garanzie dei creditori.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo

Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato, in quanto, con riferimento al primo motivo, è risultato provato — come evidenziato dalla
Corte di merito — che alla vendita dell’autocarro aziendale non ha fatto seguito il rinvenimento nelle
casse della fallita, della somma di € 15.000,00, frutto della vendita stessa, la cui destinazione a fini
aziendali non è stata in alcun modo provata dall’imputato, donde legittimamente i giudici

dell’ipotesi distrattiva, a nulla rilevando che la dichiarazione di fallimento sia intervenuta due armi
dopo la vendita dell’autocarro, in quanto per la sussistenza del reato in esame non è indispensabile
che le condotte distrattive si pongano in rapporto di stretta consequenzialità con la dichiarazione di
fallimento ovvero con lo stato di decozione, in quanto le stesse concernono comportamenti che
vengono considerati nella loro potenziale idoneità a sottrarre beni o altre attività alla naturale
destinazione di supporto economico dell’impresa.
Quanto al secondo motivo, l’aggravamento del dissesto societario del tutto legittimamente è stato
ritenuto sulla base della relazione ex art.33 1.fall. e delle dichiarazioni rese dal curatore in sede di
p.g., da cui è emerso che l’odierno ricorrente è rimasto del tutto inattivo, non ponendo in essere
alcuna attività per il recupero coattivo dei crediti societari, di importo anche consistente (euro
30.000,00 quale credito nei confronti della Valtenna Scavi), in tal modo aggravando la situazione di
grave difficoltà finanziaria in cui versava all’epoca la fallita.
Manifestamente infondato è l’ultimo motivo, poiché per il reato sub B), la cui prescrizione decorre
dalla data della dichiarazione di fallimento della ‘Pave Costruzioni s.r.l.’ (20.11.09), non è a
tutt’oggi maturato il termine prescrizionale massimo di anni 7 e mesi 6.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€1.000,00.

territoriali, per consolidata giurisprudenza di legittimità, hanno concluso per il perfezionamento

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Roma, 16 dicembre 2015

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