Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37171 del 13/04/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37171 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

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sul ricorso proposto da:
MALOCAJ NIKE nato il 26/11/1975

avverso l’ordinanza del 19/12/2017 del TRIB. LIBERTA di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUCIANO IMPERIALI;
e -sentite le conclusioni del PG CIRO ANGELILLIS
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Data Udienza: 13/04/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 19/12/2017 il Tribunale del riesame di Milano ha rigettato la richiesta
di riesame dell’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Varese il 31/10/2017 aveva applicato nei confronti di Malocaj Nike ai sensi dell’art. 27 cod.
proc. pen. la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di cui
agli artt. 81 e 644 cod. pen. contestatogli come commesso ai danni di Bongiorno Giuseppe e
del suo socio Guastalamacchi Fulvio e del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 629 e 56 e 629 cod.

Per tali reati il GIP del Tribunale di Busto Arsizio all’esito di udienza di convalida di fermo
di P.G. con ordinanza del 20/10/2017, nel disporre misura cautelare, si era contestualmente
dichiarato incompetente ed in data 31/10/2017 il GIP del Tribunale di Varese aveva rinnovato
la misura cautelare ex art. 27 cod. proc. pen. applicando al Milocaj la misura della custodia in
carcere. L’ordinanza del GIP del Tribunale di Varese era stata però annullata dal Tribunale del
riesame di Milano il 15/11/2017. Il Pubblico Ministero di Varese aveva, quindi, emesso per i
medesimi reati fermo di P.G., notificato all’indagato presso la casa Circondariale di Busto
Arsizio ed il GIP di Busto Arsizio, in data 20/11/2017 aveva emesso ordinanza di convalida e di
applicazione di misura cautelare con contestuale dichiarazione di incompetenza per territorio.
In data 22/11/2017 il GIP del Tribunale di Varese aveva rinnovato la misura cautelare ai
sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. e tale provvedimento, impugnato dinanzi al Tribunale del
Riesame di Milano è stato da questo confermato con la menzionata ordinanza.
2. Avverso quest’ultima propone ora ricorso per Cassazione il Milocaj deducendo il vizio di
motivazione laddove si è disattesa l’eccezione della difesa che, premesso il formarsi del
giudicato cautelare sull’annullamento della prima ordinanza del GIP di Varese in data
16/11/2017 per assoluta carenza motivazionale, aveva sostenuto che il GIP avrebbe supplito
alle carenze argomentative della precedente ordinanza pur in assenza di qualsivoglia diversa
argomentazione fattuale o giuridica, o di qualsivoglia contestazione ulteriore e, quindi, sulla
base dell’identico iter argomentativo, omettendo anche di valutare le controdeduzioni avanzate
dalla difesa al fine di dimostrare l’incoerenza del quadro accusatorio, in ordine: alla mancanza
di documentazione in ordine agli ingentissimi rapporti economici tra le parti menzionati nella
notizia criminis;

alla mancanza di qualsiasi valenza probatoria attribuibile ai sei fogli

riepilogativi prodotti dal Bongiorno, con riferimento ai quali il Malocaj aveva disconosciuto le
firme apposte; in ordine al mancato espletamento della perizia grafologica invocata la riguardo
dal ricorrente; in ordine, infine, alle contraddizioni che sarebbero rinvenibili tra le dichiarazioni
delle due persona offese.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile perché fondato su argomenti manifestamente infondati o
comunque non consentiti nella presente sede.
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pen. ai danni delle stesse persone offese, entrambi i reati dal 2012 all’ottobre 2017.

Giova preliminarmente rilevare che nessun giudicato cautelare può fondarsi
sull’annullamento della prima ordinanza del GIP di Varese, disposto con ordinanza del
Tribunale del riesame in data 16/11/2017, atteso che tale pronuncia non si fondava
sull’affermazione dell’inidoneità degli elementi raccolti ad integrare gravi indizi di colpevolezza
a carico del Malocaj, ed invero nemmeno su una carenza grafica di motivazione del primo
provvedimento del giudice per le indagini preliminari, bensì sul rilievo che questo si era limitato
“a riportare l’articolata richiesta avanzata dal P.M. senza aggiungere alcun elemento neppure

condotte ascritte al ricorrente; neppure il contenuto dell’interrogatorio di garanzia, che forniva
una versione contraddittoria e per certi versi indicativa di un’effettiva relazione di affari con la
parte offesa ha costituito oggetto di valutazione, quantomeno al fine di ritenerla recessiva o
comunque neutra rispetto alle emergenze processuali”, ed analoghe carenze aveva riscontrato
con riferimento alla sussistenza o meno delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza o meno di
misure meno afflittive di quelle disposte.
Sulla base di queste considerazioni la predetta ordinanza è stata annullata per mancanza
di un’autonoma valutazione dei presupposti, in violazione dell’art. 292 comma 2 lett. C) cod.
proc. pen., con un provvedimento in alcun modo idoneo a determinare alcun effetto preclusivo,
atteso che, come questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare, non impedisce la
nuova emissione di una ordinanza cautelare l’annullamento di un precedente provvedimento
per motivi formali, quali la mancanza di un’autonoma valutazione da parte del G.i.p. dei
requisiti normativi previsti per l’adozione della misura coercitiva, atteso che il divieto di
rinnovazione, di cui all’art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., non si riferisce ai casi di
annullamento ex art. 309, comma nono, cod. proc. pen., e che l’annullamento per motivi solo
formali, non determinando alcun effetto preclusivo da “giudicato cautelare”, esclude che la
rinnovazione integri una violazione del principio del “ne bis in idem”. (Sez. 2, n. 18131 del
13/04/2016„ Rv. 267117; Sez. 6, n. 8695 del 09/01/2018, Rv. 272217).
3.1. Nel caso di specie, invece, dall’esposizione del Tribunale del riesame emerge un
costante riconoscimento delle autonome valutazioni, da parte del giudice per le indagini
preliminari, del materiale indiziario su cui si fondava la richiesta del pubblico ministero,
giacché, in relazione agli indizi di colpevolezza, ha evidenziato che il predetto giudice It
“individuava … (omissis) le fonti probatorie di natura dichiarativa che fondavano il
compendio accusatorio” nel contenuto del verbale di denuncia presentata dalle persone offese
Buongiorno Giovanni e Guastamacchia Fulvio, gli imprenditori sottoposti ad usura ed
estorsione perché restituissero il prestito, ” e nelle sommarie informazioni di Albanese Giuditta,
Piazza Giovanni, Fea Gioacchino e Santuccione Giuseppe; dopo aver tratteggiato le linee
essenziali di quanto emerso da tali prove dichiarative, il provvedimento impuignato ha rilevato
che “a riscontro della credibilità del Bongiorno, il GIP richiamava il contenuto delle s.i.t. rese
dal socio” dello stesso, il già menzionato Guastamacchia sia in ordine alle somme prestate che
alle minacce, ed anche ulteriori riscontri emersi da controlli di polizia e da documenti che
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di esplicita adesione alla ricostruzione fattuale e alla natura gravemente indiziaria delle

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l’indagato teneva a casa e nella propria vettura. Di seguito,11 Tribunale del riesame ha rilevato
che “il GIP, poi, dava conto delle conferme in ordine ai prestiti ed alle minacce” derivanti dalle
dichiarazioni della convivente della persona offesa e dalle intercettazioni telefoniche. Con
riferimento al contenuto dell’interrogatorio di garanzia che il Tribunale del riesame nella
precedente ordinanza in data 15/11/2017 aveva rilevato non essere stato nemmeno
menzionato dal provvedimento che allora veniva annullato, invece, si è dato atto che “il GIP,
infine, evidenziava che il contenuto dell’interrogatorio reso al GIP di Busto Arsizio in parte
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non irrilevante al Buongiorno, sia pure per una causale diversa”.
In tal modo il Tribunale del riesame ha dato conto della sussistenza di quelle autonome
valutazioni, da parte del giudice della cautela, che in precedenza erano mancate, ed ha poi
confermato la fondatezza di tali valutazioni, sottolineando che le indagini della P.G. avevano
consentito di acquisire una serie di elementi che ulteriormente suffragavano l’attendibilità del
Buongiorno, quali l’esito di un controllo di un incontro tra il Malocaj, il Buongiorno e Langella,
altri controlli che avevano riscontrato le dichiarazioni del Fera e del Santuccione, ed alcune
inequivocabili conversazioni telefoniche intercettate, tra le quali una, espressamente ricordata,
tra il ricorrente ed il Buongiorno al quale il primo quantificava le somme dovutegli minacciando
di spaccargli le ossa e di ridurlo sulla sedia a rotelle.
Si tratta di argomenti con i quali il Tribunale del riesame ha dato adeguatamente conto del
riconoscimento della gravità degli indizi di colpevolezza da cui si è ritenuto raggiunto il Malocaj,
per i riscontri di diversa natura, anche documentale, che hanno confortato la riconosciuta
attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, in modo assorbente rispetto alle doglianze
del ricorrente in ordine al disconoscimento di sottoscrizioni su fogli riepilogativi prodotti dal
Bongiorno, nemmeno menzionati tra gli indizi gravanti sul Malocaj, ed alla richiesta di
espletare perizia sul punto.
Analogamente, quanto alle esigenze cautelari, il provvedimento impugnato ha dato conto
delle autonome valutazioni del giudice per le indagini preliminari, che il Tribunale ha mostrato
di condividere, in ordine a tutte le esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., per la
condotta violenta e prevaricatrice del ricorrente, che non aveva esitato a minacciare le sue
vittime e a servirsi di altre per far sparire documenti, per essere stato sottoposto a fermo
mentre era in procinto di espatriare munito di biglietto di sola andata e per le ingenti fonti di
reddito che ricavava dall’attività illecita, proseguita anche durante la pendenza del
procedimento.
Premesso, pertanto, che l’esame di un provvedimento in materia cautelare è rimesso a
questa Corte di Cassazione al circoscritto fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a
due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
incensurabile in sede di legittimità, e cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative
che lo hanno determinato, e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6 n. 2146 del
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riscontrava le =50 dal momento che l’indagato aveva ammesso di aver prestato una somma

25/05/1995, Rv. 201840; sez. 6 n’. 3529 del 12/11/1998, Rv. 212565; sez.’ 3 n. 40873 del
21/10/2010, Rv. 248698; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; sez. Feriale n. 47748 del
11/8/2014, Rv. 261400), non può che riconoscersi che entrambi tali requisiti risultano
ampiamente e manifestamente soddisfatti dall’ordinanza in esame.
4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto, sussistendo profili di colpa, va
condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma che si stima equo
determinare in C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. es 4( scti . , ,

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila alla Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod.
proc. pen.

Così deciso nella camera di consiglio del 13 aprile 2018

Il Consigliere estensore

Il Presidente
Dott. Adriano Iasillo

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