Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37167 del 21/06/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37167 Anno 2018
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CIANFROCCA PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
Tranchino Antonio, nato a Napoli il 20.9.1990,
contro la sentenza della Corte di Appello di Lecce del 7.7.2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Pierluigi Cianfrocca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Stefano Tocci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 7.7.2017 la Corte di Appello di Lecce confermava
quella con cui il Tribunale, in data 27.1.2017, aveva riconosciuto Antonio
Tranchino colpevole del delitto di truffa pluriaggravata commesso (in concorso
con ignoti) in danno di tali Teresa Giaffreda ed Antonio Romano , profittando
dell’età di costoro nei quali aveva ingenerato il timore di un pericolo immaginario
e di dover eseguire un ordine dell’autorità, e, di conseguenza, con la applicazione
della diminuente per il rito abbreviato, lo aveva condannato alla pena di anni 2 di
reclusione ed al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in
carcere;
2.

ricorre per Cassazione, tramite il difensore, Antonio Tranchino,

lamentando:
2.1 violazione di legge con riferimento agli artt. 62b1s, 69, 132 133,
133bis cod. pen. in relazione agli artt. 110 e 640 cod. pen.; rileva la illogicità
della motivazione con cui la Corte di Appello ha confermato il giudizio di primo

Data Udienza: 21/06/2018

grado quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
facendo leva sulla mancata collaborazione del prevenuto in merito alla
identificazione dei correi e, così, omettendo di considerare l’elemento
positivamente invece a tal fine apprezzabile e rappresentato dalla sua immediata
confessione;
2.2 violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento all’art. 163
cod. pen.: segnala come la Corte territoriale abbia negato il beneficio della
sospensione condizionale della pena. cui l’imputato non ha mai usufruito i er

giudizio prognostico negativo circa la futura astensione dalla commissione di
ulteriori fatti di reato.
3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
3.1 Quanto al primo motivo, infatti, è sufficiente rilevare che la Corte di
Appello ha motivato sul diniego delle circostanze attenuanti generiche facendo
riferimento non soltanto alla condotta processuale di mancata (completa)
collaborazione da parte dell’imputato ma, anche, alla complessiva gravità del
fatto che, come segnalato anche dal Tribunale (con considerazioni cui la Corte ha
fatto riferimento), risulta connotato da accurata premeditazione, da una non
banale organizzazione (considerato che il malvivente si era spostato dal luogo di
abituale residenza utilizzando un’autovettura appositamente presa in affitto),
oltre che, sul piano soggettivo, dalla spregiudicatezza dimostrata nell’aver
raggirato persone anziane cagionando loro, e profittandone, uno stato di grave
agitazione.
Per altro verso, la Corte di Appello ha fatto riferimento alla mancata
collaborazione dell’imputato che non ha fornito alcun contributo per ricostruire i
fatti e, essendo stato colto in flagranza di reato, si è limitato a “confessare” solo
quello che non poteva negare.
In ogni caso, questa Corte ha peraltro affermato che la condotta
processuale dell’imputato che mantenga un atteggiamento “non collaborativo”
può giustificare il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
(cfr., Cass. Pen., 2, 21..42017 n. 28.388, Leo).
3.2 In merito al secondo motivo, la Corte di Appello ha motivatamente
condiviso l’apprezzamento del Tribunale ma, nel contempo, ha richiamato la
condizione ostativa di cui all’art. 164, comma 2, n. 1) cod. pen. alla luce del
precedente di cui il Tranchino risultava gravato; il ricorso non prende affatto in
considerazione questo rilievo e finisce con l’essere del tutto generico in quanto si

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omettendo di indicare gli elementi in forza dei quali ha potuto formulare un

limita a reiterare la doglianza non prendendo in esame e non confrontandosi con
l’argomento speso dai giudici di appello.
5. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della
somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi
ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

Ammende.
Così deciso in Roma il 18 aprile 2018

Sentenza a motivazione semplificata.

Il Consigliere estensore

Il Presidente
Matilde Cammino

delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 a favore della Cassa delle

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