Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37164 del 07/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 37164 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli
avverso l’ordinanza, in data 31 gennaio 2013, del Tribunale di Napoli con cui è stato imposto al
P.M. l’adozione di un provvedimento di segretazione o, in alternativa, di esibire tutti i verbali
della collaborazione del collaboratore di giustizia Vassallo Gaetano;
Sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
lette le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Mario Fraticelli, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ha proposto ricorso per cassazione,
deducendone l’abnormità, avverso l’ordinanza, in data 31 gennaio 2013, del Tribunale di Napoli
con cui è stato richiesta al P.M., nel corso del processo a carico di Barone Giuseppe ed altri,
l’adozione di un provvedimento di segretazione o, in alternativa, di esibire tutti i verbali della
collaborazione del collaboratore di giustizia Vassallo Gaetano, e invitando il P.M. medesimo “a
precisare per la prossima udienza le date dei verbali resi da Vassallo Gaetano pertinenti al
presente procedimento e a adottare …le ragioni della segretazione totale o parziale”;
a sostegno dell’impugnazione il P.M. ricorrente ha dedotto:
a) Violazione dell’art. 606, lett. a cod. proc. pen. – esercizio da parte del giudice di una
potestà-.quando il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza impugnata, imponeva un facere al P.
così esulando dai poteri attribuitigli dalle norme;

Data Udienza: 07/07/2014

b) Violazione dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen. inosservanza o erronea applicazione
della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della
legge penale in relazione : 1) alla violazione del principio di tassatività delle nullità (art. 178
cod. proc. pen.) e della categoria dell’inutilizzabilità degli atti in quanto nell’ordinanza
impugnata si pone una condizione da rispettare per potere svolgere l’escussione del
teste/collaboratore di giustizia; 2) alla violazione delle norme relative all’escussione dei testi al
dibattimento ex art. 510 cod. proc. pen. e ss. in quanto nell’ordinanza impugnata si pone una
condizione da rispettare per potere svolgere l’escussione del teste/collaboratore di giustizia; 3)

proc. pen. e di quello di cui all’art. 16 quater d.l. n. 8 del 1991, anche in relazione all’art. 373
cod. proc. pen.; 4) violazione dell’art. 507 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato. Questa Corte ha infatti reiteratamente affermato che l’atto
processuale può essere qualificato abnorme sotto il profilo strutturale allorché, per la sua
singolarità e la stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale,
sicché, non essendo previsto contro un provvedimento del genere, proprio a cagione della sua
abnormità e della conseguente impossibilità per il legislatore di iscriverlo in una categoria tipica
di vizi, uno specifico mezzo di gravame, l’esigenza di giustizia che esso venga annullato, in
quanto contrastante con l’ordinamento giuridico, può essere appagata, ai sensi dell’art. 111,
secondo comma, della Costituzione, mediante l’immediato ricorso per cassazione sotto il profilo
della violazione di legge (Cass., Sez. V, 15 aprile 1999, p.m. in proc. ignoti; Cass., Sez. Un.,
10 dicembre 1997, Di Battista; Cass., Sez. III, 9 luglio 1996, p.m. in proc. Cammarata).
2. Nella specie, l’ordinanza impugnata evoca in capo al giudice del dibattimento un potere
dispositivo nei confronti del pubblico ministero che non trova referente alcuno nel panorama
della legge processuale, atteggiandosi alla stregua di un “ordine di fare” impartito alla parte
pubblica che crea una norma anziché limitarsi ad applicarla, così vulnerando lo stesso principio
di legalità costituzionalmente sancito. Va d’altra parte osservato che questa Corte ha avuto
modo di affermare reiteratamente che la eventuale inosservanza dell’obbligo del pubblico
ministero di trasmettere ex art. 416 cod. proc. pen. l’intera documentazione raccolta nel corso

alla violazione del principio di specialità in riferimento al combinato disposto dell’art. 329 cod.

delle indagini preliminari è sanzionata esclusivamente dall’inutilizzabilità degli atti non
trasmessi, non essendo prevista un’autonoma sanzione di invalidità per il mancato deposito
degli atti, indipendentemente dalla loro utilizzazione o meno (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. VI,
4 giugno 1997, Finocchi; Cass., Sez. VI, 30 marzo 1998, Pareglio). Principio che,
evidentemente, opera a fortiori per quanto riguarda la disciplina relativa all’utilizzazione dei
verbali dei collaboratori di giustizia.
3. La giurisprudenza è costante nell’affermare dunque che non lede il diritto di difesa
l’esercizio da parte del pubblico ministero, ex art. 130 disp. att. cod. proc. pen., del potere ….____,
di
formare il fascicolo di cui all’art. 416, comma secondo, cod. proc. pen. mediante l’inserimento
soltanto degli atti che si riferiscono alle persone ed alle imputazioni per cui richiede il rinvio a

giudizio, a meno che non risulti da concreti elementi, recuperati anche attraverso
investigazioni difensive, che la selezione abbia sottratto alla integrale “discovery” atti rilevanti
per gli interessi della difesa. In ogni caso, ove anche si fosse concretizzata questa ultima
ipotesi, da escludersi comunque allo stato nel caso di specie, la sanzione per la violazione
dell’obbligo di cui all’art. 416, secondo comma, cod. proc. pen. è esclusivamente quella
dell’inutilizzabilità degli atti non trasmessi, non essendo prevista la nullità dell’udienza
preliminare e del decreto di rinvio a giudizio. (Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006 – dep.
05/10/2006, Battistella e altri, Rv. 234355). D’altra parte l’insussistenza di un diritto assoluto

unite di questa Corte (Sez. un., 3 febbraio 1995, n. 4, Sciancalepore) e tale affermazione
mantiene la sua validità ancora oggi, sebbene la questione specifica allora sottoposta all’esame
dei giudici di legittimità – riguardante le procedure ex artt. 309 e 310 c.p.p. – sia stata
successivamente risolta in maniera espressa dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, artt. 16 e 17, che
hanno riconosciuto il diritto di estrarre copia degli atti depositati in cancelleria, in quanto la
novazione legislativa, riconoscendo tale diritto al difensore nelle sole procedure di riesame e di
appello in materia di misure cautelari, ha confermato l’assunto secondo cui l’art. 116 c.p.p.
pone, come regola generale, una mera possibilità e non un vero diritto della parte interessata
ad ottenere il rilascio di copia degli atti. Il riferimento all’intero fascicolo processuale tenuto
presente nell’ordinanza impugnata, non consentirebbe di verificare, tra l’altro, la sussistenza
dell’interesse della parte, tenuto conto che l’art. 116 cod.proc.pen. impone al giudice di
valutare l’interesse in modo specifico per ogni singolo atto. L’esclusione dell’interesse al rilascio
delle copie dell’intero fascicolo discende dunque da una ricostruzione di sistema che non
presenta caratteri di eccentricità, ponendosi all’interno di una corretta dialettica di valutazione
di interessi contrapposti, del tutto rispettosa dello stesso spirito dell’art. 116 c.p.p. e dei
principi che informano questa materia, dovendosi considerare che il richiedente non vanta
alcun “diritto” alla copia, non trovandosi in alcuna delle situazioni indicate dall’art. 43 disp. att.
c.p.p. (si veda sui medesimi principi anche Sez. 6, n. 36167 del 09/04/2008 – dep.
19/09/2008, Acarnpora, Rv. 241909). D’altra parte al giudice, ai fini della decisione, rimane
intatto il potere di integrazione officiosa delle prove previsto dall’art. 507 cod. proc. pen. per il

della parte interessata ad ottenere copia degli atti di indagine è stata affermata dalle Sezioni

dibattimento, a prescindere dalla tipologia del rito ( Sez. 2, n. 40724 del 18/09/2013 – dep.
02/10/2013, Riccio e altri, Rv. 256730).
4. Il sistema così ricostruito trova la sua coerente e corrispondente ricostruzione nell’art.
16 sexies comma primo d.l. n. 8 del 15 gennaio 1991, laddove la legge dispone che il deposito
del verbale illustrativo deve essere prodotto, quando si deve procedere all’esame del
collaboratore “limitatamente alle parti di esso”, cioè del verbale illustrativo, che concernono la
responsabilità degli imputati nel procedimento; non vi è dunque alcun potere/dovere di
segretazione particolare per questa tipologia di atti in capo al p.m. ovvero della possibilità_i
di
_
configurare un onere processuale a suo carico di motivare l’esercizio dello stesso. In sostanza a
parere della Corte la disciplina prevista dal combinato disposto degli art. 16 quater e 16 sexies

I. n. 42/91 si configura co e norma speciale rispetto all’art. 329 cod. proc. pen. nel senso che
la previsione specifica dell conosciblità per “estratto” del contenuto dei verbali, anticipa in via
generale la previsione di una parte degli stessi non ostensibile, che sotto questo profilo non
possono essere assimilati in base alla stessa disciplina normativa, alle restanti dichiarazioni
del verbale illustrativo , he, sole, entrano, alle condizioni sopra precisate, nel fascicolo del
pubblico ministero.

Annulla senza rinvio l’ord+nza impugnata. Dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Napoli.
Roma, 7 luglio 201
Il

Gi

5. Alla luce delle sue poste considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata
senza rinvio e gli atti tras essi al tribunale di Napoli
P.Q.M.

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