Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3716 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3716 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. Caruso Nunziatella Tiziana, nata a Lentini il 21/11/1977
2. Caruso Vincenzo, nato Francoforte il 12/04/1957
avverso la sentenza del 29/09/2014 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 29/09/2014, ha respinto
l’appello proposto nell’interesse di Caruso Nunziatella Tiziana e Caruso Vincenzo
avverso il provvedimento del Tribunale di quella città del 07/02/2011 che ne
aveva affermato la responsabilità in relazione alle imputazioni di cui agli artt.
392 e 393 cod. pen. loro rispettivamente ascritte.
In fatto le violazioni contestate si erano verificate nel corso di una contesa
con una condomina di Caruso Nunziatella, riguardante l’effettiva titolarità di un
vano cantina dello stabile.
2. Con il suo ricorso la difesa di Caruso Nunziatella Tiziana e Caruso
Vincenzo deduce preliminarmente nullità della sentenza impugnata in quanto, a
fronte di una ricostruzione dei fatti offerta nell’atto d’appello, nel quale si
lamentava la mancata valutazione da parte del giudice di primo grado delle
argomentazioni difensive, la sentenza aveva operato una valutazione per

relationem, senza dare conto dell’autonoma considerazione delle eccezioni
proposte.

Data Udienza: 24/11/2015

Si contestano inoltre i vizi di cui all’art. 606 i comma 1 i lett. b),Vquanto
all’applicazione delle disposizioni incriminatrici di cui agli artt. 392 e 393
cod4*pen. ed alla valutazione delle prove secondo i criteri di cui all’art. 192
cod. proc.pen., per aver il giudice tratto conferma della sussistenza del reato
dalla materialità del fatto, costituto dall’avere il Caruso provveduto alla forzatura
del lucchetto della cantina, considerata unitariamente alla condotta minacciosa
ascritta solo a questi, senza considerare che le due condotte erano state

dello spossessamento violento in danno della parte lesa Cremonesi descritto nel
capo di imputazione, circostanze che escludevano la possibilità di qualificare i
fatti ai sensi dell’art. 393 cod. pen.
Si rileva inoltre che la pronuncia, pur qualificando Caruso Nunziatella
quale concorrente morale della violazione, ha omesso l’individuazione dell’attività
da questa realizzata, integrante la condotta contestata.
3. Si eccepisce inoltre violazione di cui all’art. 606 comma l lett. 13),
cod.proc.pen. con riferimento alla non corretta applicazione dei criteri valutativi
della prova, previsti dall’art. 192 cod. proc. pen. per la mancata considerazione
delle dichiarazioni di Caruso Giovanni, che aveva chiarito l’inconsapevolezza dei
ricorrenti riguardo all’altruità del bene, all’atto della forzatura del lucchetto, e le
dichiarazioni della parte lesa che aveva precisato di essere sempre stata in
possesso della cantina, essendosi limitata a sostituire il lucchetto forzato dopo la
prima azione di rimozione, e che l’aggressione verbale oggetto di autonoma
contestazione, era intervenuta mesi dopo tale evento, aggressioni che non
avevano prodotto limitazione del suo diritto di proprietà. Inoltre non era stata
considerata l’affermazione della donna sull’assoluta carenza di un ruolo in tale
attività da parte dell’odierna ricorrente. Si lamenta sul punto l’intervenuto
travisamento della prova.
4. Si eccepisce da ultimo violazione di cui all’art. 606 1 comma 1,Iett. b) ed e)1
cod. proc. pen. per la mancata considerazione ed argomentazione sulle istanze
riguardanti la determinazione della pena, sia in relazione alla quantificazione
secondo di criteri di cui all’art. 133 cod. pen. sia con riguardo all’applicabilità
delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Malgrado il mancato riscontro della ricostruzione dei fatti offerta in
ricorso, riguardante la natura dell’attività di forzatura svolta sulla serratura
conseguente alla erronea ed incolpevole identificazione del vano, l’esame della
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Cassazione sezione VI, rg. 52470/2014

intervallate da un lasso temporale di due mesi e che non si era verificato l’evento

pronuncia di primo grado ha consentito di accertare che gli episodi in
contestazione riguardano fatti realizzatisi in unica giornata, nel corso della quale
i due ricorrenti rivendicarono alla parte offesa la titolarità della cantina che,
secondo le allegazioni, risultava oggetto di imprecise indicazioni nel rogito
notarile di acquisto degli alloggi delle parti contrapposteivche aveva causato

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contrasti; risulta in particolare che Vincenzo Caruso ebbe ad esprimersi con frasi

chiusura del vano, senza asportarvi nulla, tanto che la parte offesa si limitò,
accertata la forzatura, ad apporre un nuovo lucchetto con indicazioni scritte
fissate sulla porta, che richiamavano la sua titolarità del bene.
3. Se tale è la ricostruzione dei fatti che emerge dall’esame della
pronuncia di primo grado, in assenza di diverse allegazioni, erroneamente nella
pronuncia di appello si fa riferimento al risultato dell’impedimento alla
controparte dell’accesso alla propria cantina; cosicché, purnon risultando provata
la diversa ricostruzione dei fatti offerta in questa sede con il ricorso, è innegabile
che non sussistano gli estremi dei reati contestati, che richiedono quale loro
elemento costitutivo l’attività svolta da una delle parti di una contes» per la
quale ci si può rivolgere al giudice, di materiale realizzazione del proprio preteso
diritto, quale avrebbe in ipotesi potuto realizzarsi attraverso l’attività di materiale
spossessamento del vano in contestazione. In senso contrario invece la parte
offesa ha chiarito che i beni di sua pertinenza non furono rimossi, né le
controparti provvidero ad acquisire, attraverso l’apposizione di una diversa
chiusura, l’accesso esclusivo al vano.
Deve quindi concludersi per l’insussistenza dei reati contestati, per difetto
dell’elemento costitutivo di natura oggettiva, costituito dall’effettiva realizzazione
con la forza del diritto rivendicato, che sia stato idoneo a produrre un
mutamento della destinazione d’uso, potendo rientrare l’azione realizzata nelle
diverse ipotesi delittuose di danneggiamento, ascrivibile ad entrambi, e
minaccia, attribuibile al solo Vincenzo Caruso.
La diversa qualificazione dei fatti imporrebbe per contro la contestazione
di tali fattispecie, in attuazione del principio di diritto derivante dalla pronuncia
della Corte EDU con sentenza 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia per garantire
concreta tutela al diritto di difesa, anche con riguardo alla qualificazione giuridica
dei fatti.
È infatti ormai pacifico che, pur essendo rimesso a questa Corte il potere
di qualificare diversamente i fatti accertati, tale potere non possa essere
esercitato con atto a sorpresa, quale si realizzerebbe nella specie, ove non è mai
stata prospettata dalla difesa lo svolgimento di condotta qualificabile nei diversi
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Cassazione sezione VI, rg. 52470/2014

minacciose, e che successivamente essi provvidero a forzare il lucchetto di

reati richiamati, che per di più risulterebbero integrare, almeno con riguardo alla
modifica del reato di cui all’art. 392 cod. pen. in quello di danneggiamento, una
ipotesi punita più gravemente.
Tali circostanze imporrebbero pertanto la comunicazione alle parti del
diverso inquadramento, con concessione di un termine per la difesa da tali
imputazioni, attività del tutto priva di effetti nella specie, stante il maturarsi del
termine massimo di prescrizione il prossimo 28/01/2016, che non consente

Per l’effetto, per il principio di economia processuale e per difetto di
interesse, in conseguenza della mancanza nel procedimento di una istanza di
risarcimento formulata da una parte civile, che priva di conseguenze giuridiche
l’accertamento della prescrizione in questa sede, deve concludersi, con
riferimento esclusivo alle fattispecie contestate in relazione alle quali manca
l’elemento costitutivo della materiale ragion fattasi, con l’annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata, per insussistenza dei fatti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non susssitono.
Così deciso il 24/11/2015

l’adempimento in termini utili ad ottenere un risultato processualmente rilevante.

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