Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3716 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3716 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZEO MARCO N. IL 02/03/1977
avverso la sentenza n. 300/2011 TRIBUNALE di BENEVENTO, del
27/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Io. (t,criA-•
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

.

7 e,’

Data Udienza: 08/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Benevento, con sentenza del 27.9.2012 ha dichiarato
Marco MAZZEO responsabile di plurime violazioni del d.lgs. 81\2008 commesse
quale legale rappresentante della «CUMA SERVICE s.a.s.» ed accertate in Paduli il
2.11.2009.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in relazione alla circostanza che il giudice del merito avrebbe
basato il proprio convincimento sulle sole dichiarazioni di un teste (ing. Giacomo
PUCCILLO) senza che fosse accertata la data effettiva del versamento delle
somme dovute a titolo di oblazione al fine di verificare la effettiva tardività del
pagamento, che risulta pertanto non dimostrata dall’accusa.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la mancata valutazione della
deposizione del teste indotto dalla difesa (ing. Alessandro DE LUCIA).

4. Con un terzo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione in punto di
determinazione della pena.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è inammissibile.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso risultano articolati quasi
esclusivamente in fatto ed appaiono sostanzialmente finalizzati a prospettare, in
questa sede, una diversa valutazione del compendio probatorio che non è
tuttavia consentita al giudice di legittimità, cui non compete ripetere l’esperienza
conoscitiva del giudice del merito.
In ogni caso, tanto il tardivo versamento delle somme da pagare a titolo di
oblazione, quanto il contenuto della testimonianza a discarico sono state oggetto
di adeguata valutazione da parte del Tribunale.

6. Invero il ricorrente è stato tratto a giudizio in quanto, pur avendo

1

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

adempiuto alle prescrizioni impartitegli in sede di ispezione dall’organo
competente, aveva tardivamente effettuato il versamento degli importi fissati per
la definizione in via amministrativa delle violazioni accertate.
Il giudice ha chiaramente indicato in sentenza (pag. 1, secondo paragrafo)
che, nel corso dell’istruzione dibattimentale, sono stati acquisiti il verbale di
accertamento redatto dal personale dell’ASL e

«…tutta la documentazione

attestante il tardivo pagamento delle somme dovute dall’imputato a titolo di
oblazione» ed a tale documentazione egli fa successivamente riferimento quale

contenuto della documentazione suddetta aveva trovato conferma nella
deposizione del teste Ing. PUCCILLO, il quale aveva evidenziato la tardività dei
versamenti per le violazioni contestate ai capi A), B) e D) dell’imputazione e la
inottemperanza alle prescrizioni concernenti la contravvenzione di cui al capo C).
Il richiamo a detta documentazione viene rinnovato, in un secondo momento
(pag. 2, ultimo rigo della sentenza impugnata) evidenziando anche come la
difesa non avesse fornito elementi probatori di segno contrario.

7. A fronte di tale circostanza, in ricorso viene tralasciato qualsivoglia
riferimento alla documentazione valorizzata dal giudice del merito, limitandosi ad
asserire, contrariamente all’evidenza, che l’affermazione di penale responsabilità
poggerebbe esclusivamente sulla prova testimoniale e ad affermare che il tardivo
pagamento delle somme non sarebbe stato dimostrato dalla pubblica accusa.
Invero, le argomentazioni sviluppate dal Tribunale nella sentenza impugnata
appaiono giuridicamente corrette e del tutto adeguate, in quanto fondate
principalmente, come si è visto, su dati documentali, peraltro confermati dal
teste escusso e che il ricorrente ha completamente ignorato nelle sue censure,
asserendo, invece, che l’accusa avrebbe dovuto provare la data di notifica del
verbale all’imputato e l’inutile decorso del termine per il pagamento, circostanze
che, evidentemente, il giudice ha considerato sulla base della documentazione
più volte richiamata.
La rilevanza del dato documentale rende inoltre del tutto sufficiente la
osservazione del giudice del merito circa l’assenza di elementi di rilievo ricavabili
dalla deposizione del teste indotto dalla difesa.
Del resto, il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è di
pertinenza esclusiva del giudice di merito e la scelta compiuta per pervenire al
proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni
elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità
degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o
illogiche, è sottratta al controllo di legittimità della Corte Suprema (così Sez. Il

2

dato dimostrativo della responsabilità dell’imputato, specificando che il

n.20806, 25 maggio 2011; Sez. IV n.8090, 11 settembre 1981).

8. Quanto al terzo motivo di ricorso deve ricordarsi che il giudice, nel
quantificare la pena, opera una valutazione complessiva sulla base dei criteri
direttivi fissati dall’articolo 133 cod. pen.
La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra nell’ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito, che risulta
legittimamente esercitato anche attraverso la globale considerazione degli

2004).
Quanto alla motivazione, si è osservato che una specifica e dettagliata
giustificazione sulla quantità della pena irrogata, specie in relazione alle
diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto nel caso in cui essa
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, ritenendosi negli
altri casi adeguato il riferimento all’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 cod.
pen. mediante espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo
aumento”,

come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a

delinquere (Sez. Il n. 36245, 18 settembre 2009).
Nella fattispecie, il giudice ha espressamente specificato stimare congrua la
pena indicata, che ha individuato in quella pecuniaria a fronte della previsione,
per il reato contestato al capo A), ritenuto più grave e concernente la violazione
dell’art. 26, comma 3 d.lgs. 81\2008, della pena alternativa dell’arresto e
dell’ammenda (art. 55, comma 5, lett. d) d.lgs. 81\2008).
Tale giustificazione risulta, pertanto, pienamente sufficiente.

9. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00

elementi indicati nella richiamata disposizione (Sez. IV n.41702, 26 ottobre

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in data 8.1.2014

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