Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37142 del 09/05/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37142 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: NARDIN MAURA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PRATOLA FRANCESCO nato il 28/04/1973 a ARIANO IRPINO

avverso l’ordinanza del 21/02/2018 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere MAURA NARDIN;
sentite le conclusioni del PG MASSIMO GALLI che per l’annullamento con rinvio del
ricorso.

E’ presente l’avvocato CARCHIA DOMENICO del foro di BENEVENTO in difesa di
PRATOLA FRANCESCO che riportandosi integralmente ai motivi del ricorso insiste per
l’accoglimento.

Data Udienza: 09/05/2018

RITENUTO IN FATTO

Il tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza resa in data 23 febbraio
2018, in accoglimento dell’appello proposto al pubblico ministero ha disposto il
ripristino della misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata a Francesco
Pratola con provvedimento del giudice delle indagini preliminari del 6 novembre
2017, e revocata dal medesimo con provvedimento del 27 novembre 2017, su
istanza della difesa.

Pratola, formulando un unico articolato motivo con cui denuncia la violazione
della legge processuale, in relazione agli artt. 125, comma 3^, 275 e 310 cod.
proc. pen., rilevando la mera apparenza della motivazione del provvedimento
impugnato, con conseguente nullità del medesimo. Osserva che il provvedimento
del giudice delle indagini preliminari del 27 novembre 2017, con cui veniva
revocata la misura custodiale, escludeva la permanenza dell’unica esigenza
cautelare sottesa all’ordinanza applicativa della misura (pronunciata in data 6
novembre 2017) di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) in assenza del pericolo di
reiterazione del reato, avuto riguardo alla correttezza del comportamento tenuto
dall’indagato nel periodo di limitazione della libertà personale. Siffatta
valutazione veniva disattesa dal giudice dell’appello cautelare, secondo il quale il
limitato lasso temporale non aveva risvolti apprezzabili in relazione alla
modificazione delle esigenze custodiali originariamente ravvisate ed ancora
ravvisabili, in relazione all’allarmante contesto posto in luce con l’ordinanza
applicativa della misura. Lamenta che il tribunale del riesame abbia provveduto
al ripristino della misura in modo del tutto apodittico, senza spiegare, in alcun
modo, quale fosse l’allarmante contesto nel quale è maturata la consumazione
del reato, peraltro, colmando le lacune della ordinanza applicativa, facendo
derivare la gravità del delitto dal possesso di gr. 22,9 lordi di cocaina, dalla
detenzione di euro 505,00, nonché dal possesso di cinque telefoni cellulari.
Sottolinea che l’attribuzione di valore probatorio decisivo al possesso del denaro
e dei telefoni si pone in contrasto con gli orientamenti di legittimità che
escludono la sicura rispondenza del denaro rinvenuto in una perquisizione con il
profitto del reato. Rileva che in sede di appello de libertate al giudice sono
riservati tutti i poteri del giudice a quo in relazione alla prognosi cautelare che,
nel rispetto del canone devolutivo, deve avere riguardo anche alle circostanze
sopravvenute, ivi compreso il fatto che la prima esperienza detentiva, cui era
stato sottoposto il Pratola, a seguito della misura aveva, esercitato lo scopo
deterrente e che nel periodo intercorso fra la revoca della misura ed il
procedimento di appello avverso quell’ordinanza, il Pratola aveva tenuto un

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1. Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame propone ricorso Francesco

comportamento irreprensibile, non condizionato dalla proposizione dell’appello di
cui era venuto a conoscenza solo il 25 gennaio 2018, data nella quale gli era
stato notificato l’avviso per l’udienza. L’omessa valutazione della condotta
ineccepibile del Pratola, peraltro fondante la revoca della misura da parte del
G.I.P., anche successiva all’ordinanza impugnata avanti al tribunale del
riesame, rende apparente la motivazione, che non risulta perciò fondata sulla
situazione di pericolo concreto ed attuale di cui all’art. 274, comma 1, lett. c)
cod. proc. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Prima di affrontare la questione è utile ricordare, sul piano generale, il
pacifico orientamento della giurisprudenza di questa Corte in base al quale
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, -anche in materia di misure cautelari -dovendo il sindacato essere
limitato al riscontro dell’esistenza di un logico apparato argonnentativo, sia in
ordine alla sussistenza del quadro indiziario, che in ordine alle esigenze che
sottese all’adozione della misura (Cfr. “Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013 – dep.
20/06/2013, P.M. in proc. Tiana, Rv. 25546001; Sez. 4, n. 22500 del
03/05/2007 – dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 23701201). Restano, invece,
fuori dal vaglio del giudice di legittimità, dunque, le censure che riguardino la
ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle
circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. Sez. 6, n. 11194 del
08/03/2012 – dep. 22/03/2012, Lupo, Rv. 25217801; Sez. 4, Sentenza n. 18795
del 02/03/2017 Cc. (dep. 18/04/2017 ) Rv. 269884; Sez. 2, Sentenza n. 31553
del 17/05/2017 Cc. (dep. 26/06/2017 ) Rv. 270628).
3. Ora, nel caso di specie si contesta l’omessa ed apparente motivazione
dell’ordinanza in ordine alla valutazione del pericolo concreto ed attuale, richiesto
dall’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., nonché della gravità del fatto.
4. La lettura dell’ordinanza che accoglie l’appello del pubblico ministero e
che dispone il ripristino della misura cautelare degli arresti domiciliari,
nondimeno, non risente del vizio denunciato. La motivazione, infatti, lungi
dall’essere apparente

riesaminando le circostanze

dell’arresto, facendo

riferimento a quanto emerso anche in relazione alla situazione reddituale del
Pratola, non giustificante il possesso di una somma liquida di euro 515,00,
rinvenuta nella sua auto insieme con lo stupefacente pari a gr. 22,9 di cocaina
confezionata in ovuli per un valore di circa euro 2000,00 e con sei telefoni
cellulari, ha ritenuto che il G.I.P. nel revocare la misura non avesse tenuto
adeguatamente conto del contesto allarmante in cui era intervenuto il sequestro.

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2. Conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

A ciò ha aggiunto che sebbene siffatto fosse stato inizialmente ritenuto
meritevole di approfondimento, nel provvedimento di revoca non si dava alcun
conto di eventuali elementi favorevoli emersi giustificanti l’affermazione del GIP
che aveva ritenuto scemate le esigenze cautelari sottese alla misura, limitandosi
l’ordinanza a ritenere che il lasso temporale trascorso agli arresti domiciliari (21
giorni) potesse essere apprezzato come sufficiente a far venir meno il
provvedimento. Inoltre, il tribunale ha sottolineato l’inconferenza dell’assunto
difensivo secondo il quale l’avere osservato le prescrizioni contenute nel titolo

gravame dovesse considerato ulteriore motivo fondante il rigetto dell’appello del
pubblico ministero, posto che proprio la pendenza dell’impugnazione determina
un effetto deterrente rispetto al compimento di analoghe condotte.
5. La motivazione, dunque, affronta sia la permanenza del pericolo di
commissione di nuovi reati, presupposto della misura ex art. 274 lett.c) cod.
proc. pen., che l’insussistenza di elementi nuovi che consentano di modificare
siffatto giudizio. La critica mossa dal provvedimento impugnato a quello del
G.I.P., contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, mette in evidenza come
il provvedimento di revoca ometta di tenere in considerazione la gravità del reato
e dell’ambiente in cui questo è maturato, dando esclusivo valore al
mantenimento di un comportamento corretto, agli arresti domiciliari, per un
tempo brevissimo, di per sé inidoneo a dimostrare il venir meno della pericolosità
del soggetto, certamente inserito in uh ambiente criminale di un certo rilievo e
quindi in grado di proseguire l’attività.
6. In assenza di vizi logici in ordine alle critiche mosse dal tribunale del
riesame al’ordinanza impugnata ed avuto riguardo alla natura del vaglio del
giudice di legittimità, non resta che rigettare il ricorso, condannando il ricorrente
al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda ai sensi dell’art. 28 reg. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 09/05/2018

cautelare, durante il tempo necessario per lo svolgimento del giudizio di

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