Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37133 del 16/05/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37133 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
AMATO ANTONIO nato il 29/11/1993 a NAPOLI
RUMIERI ROSARIO nato il 06/10/1985 a NAPOLI
SPENNAGALLO RAFFAELE nato il 31/01/1985 a ACERRA

avverso la sentenza del 06/06/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SANTE SPINACI
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi,
dato atto che alcun difensore è comparso,

Data Udienza: 16/05/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Antonio Amato, Rosario Rumieri e Raffaele Spennagallo, per il tramite dei
rispettivi difensori di fiducia, ricorrono avverso la sentenza della Corte d’appello di
Napoli resa in data 6 giugno 2017 con la quale é stata confermata la condanna
emessa nei loro confronti dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Napoli in data 8 novembre 2016, all’esito di giudizio abbreviato, in relazione al
reato di concorso nella cessione e nella detenzione a fini di cessione di quantitativi

persone superiore a tre (artt. 110 cod.pen. e 73, commi 1 e 6, d.P.R. 309/1990),
reato accertato in Napoli il 10 maggio 2016.
I fatti sono pacifici, in quanto i predetti imputati vennero sorpresi nella
flagranza del reato alle ore 11,30 del 10 maggio 2016 presso il locale P delle
cosiddette “Case dei Puffi”, nota piazza di spaccio del clan denominato “Vanella
Grassi”; secondo quanto riferito dalla Corte di merito, tutti hanno ammesso la
partecipazione all’attività di spaccio.

2.

I ricorsi dell’Amato e del Rumieri sono affidati ad un unico atto

d’impugnazione e a un unico motivo, nel quale essi lamentano violazione di legge
e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti
generiche. Quanto al Rumieri, non si é considerato che i precedenti da cui egli é
gravato risultano risalenti, e non é stata fornita risposta alle lagnanze difensive in
relazione al ruolo minimo del medesimo nella vicenda criminosa. Quanto all’Amato,
giovanissimo e incensurato, non si é dato rilievo alla sua condizione personale, che
ne avrebbe dovuto differenziare il trattamento rispetto agli altri correi. Più in
generale, lamentano i ricorrenti, non sono stati rispettati i criteri stabiliti dall’art.
133 cod.pen. ai fini del trattamento sanzionatorio, anche sotto il profilo dell’onere
motivazionale.

3. Il ricorso dello Spennagallo consta di due motivi.
3.1. Con il primo l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione
in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità di cui al quinto
comma dell’art. 73, d.P.R. 309/1990: é stato valorizzato il mero dato quantitativo
dello stupefacente rinvenuto, laddove era necessaria una valutazione congiunta di
tutti i parametri indicati dalla norma di riferimento. Inoltre la giurisprudenza di
legittimità (il richiamo é alla sentenza a Sezioni Unite Biondi del 2012) ha indicato
unicamente il valore-soglia minimo per l’ipotesi aggravata dell’ingente quantità,
mentre non é stato fissato un simile parametro per i reati in materia di stupefacenti
di lieve entità; nella specie, le caratteristiche della condotta criminosa erano quelle

di eroina e cocaina meglio specificati in rubrica, con l’aggravante del numero di

del piccolo spaccio, che é risultato circoscritto a un numero esiguo di cessioni e in
un ambito spaziale limitato a una piazza. Neppure le caratteristiche di
organizzazione dell’attività sono decisive, atteso che l’art. 74, comma 6 del testo
unico in materia di stupefacenti ammette anche l’ipotesi associativa in reati di
spaccio di lieve entità. Neppure la diversa tipologia dello stupefacente può valere
ad escludere l’ipotesi di lieve entità, in base alle affermazioni giurisprudenziali sul
punto.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di

non ha tenuto conto, secondo il deducente, del ruolo marginale dello Spennagallo,
del suo comportamento processuale, delle sue condizioni soggettive e dei motivi
a delinquere: il ricorrente aveva il ruolo di vedetta, si é presentato all’autorità di
polizia giudiziaria ed ha subito ammesso gli addebiti, ha intrapreso un percorso di
recupero in comunità per affrancarsi dalla sua condizione di tossicodipendente, in
relazione alla quale egli commetteva i reati di cui é accusato per poter ottenere i
mezzi finanziari necessari ad acquistare lo stupefacente. A fronte di ciò, la
sentenza impugnata non si uniforma alle finalità rieducative della pena e alla reale
offensività della condotta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono tutti inammissibili, perché manifestamente infondati.

2. E’ in primo luogo manifesta l’infondatezza del primo motivo del ricorso dello
Spennagallo, teso a lamentare il mancato inquadramento della fattispecie
nell’ipotesi di lieve entità in termini del tutto eccentrici rispetto alle chiare e
pacifiche indicazioni della giurisprudenza di legittimità della Corte in composizione
apicale. In base all’orientamento delle Sezioni Unite, cui questo Collegio aderisce,
la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma
quinto, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (testo unico delle leggi in materia di disciplina
degli stupefacenti), può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività
penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli
altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli
indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (si
veda ad es. Sez. U, Sentenza n. 17 del 21/06/2000, Rv. 216668, Primavera e altri,
nella quale é stato ritenuto sufficiente ad escludere l’attenuante in questione il
dato quantitativo della sostanza stupefacente detenuta; vds. inoltre Sez. U, n.
35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911).

motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche: la Corte di merito

In termini che si attagliano pienamente al caso di specie, si é altresì affermato
nella giurisprudenza di legittimità che la circostanza attenuante del fatto di lieve
entità, nei reati concernenti le sostanze stupefacenti, é esclusa nel caso in cui il
dato ponderale e qualitativo della sostanza superi una soglia ragionevole di valore
economico, non rilevando in senso contrario eventuali circostanze favorevoli
all’imputato (in questi termini Sez. 4, n. 31663 del 27/05/2010, Ahnnetaj, Rv.
248112, in cui la Corte, in un caso di illecita detenzione di circa gr. 100 di cocaina
con principio attivo pari ad oltre il 47%, ha precisato che solo in presenza di un

Nella specie é quindi dirimente, in senso opposto rispetto a quanto sostenuto
dal ricorrente, il dato ponderale relativo al quantitativo di sostanza stupefacente
trovata nella disponibilità degli imputati, per un numero di dosi (riferite alla sola
scorta destinata alla vendita, pari a 125 dosi medie singole di eroina e 38,4 di
cocaina) che correttamente la Corte partenopea ha giudicato incompatibile con la
lex mitior invocata dall’odierno ricorrente.

3. Del pari risultano manifestamente infondati i ricorsi degli imputati nella
parte in cui essi lamentano la mancata concessione delle attenuanti generiche: a
fronte della chiarezza dei fatti sottostanti e della condizione dei singoli concorrenti
nel reato, il percorso argomentativo della sentenza impugnata é del tutto
adeguato, pur nella sua sinteticità, alle circostanze del caso concreto: le
ammissioni degli imputati, definite “ineludibili” (con evidente riferimento
all’innegabilità delle rispettive condotte criminose), si sono limitate a narrazioni
sommarie – come nel caso della “lapidaria ammissione” dello Spennagallo – con
le quali gli odierni ricorrenti non hanno fornito alcun elemento circa gli agganci con
il contesto delinquenziale ove l’attività veniva svolta. La Corte di merito evidenzia
poi che tutti gli imputati hanno plurimi precedenti specifici, ad eccezione
dell’Amato, per il quale la pena é stata determinata nel minimo (ed é stata quindi
differenziata rispetto a quella applicata agli altri imputati, in misura leggermente
superiore al minimo edittale). In tal modo, contrariamente a quanto sostenuto dai
ricorrenti, la sentenza impugnata fa buon governo dei principi enunciati dalla
giurisprudenza di legittimità circa il richiamo ai criteri di cui all’art. 133 cod.pen.
nella concessione o nel diniego delle attenuanti generiche: é noto, infatti, che
secondo l’indirizzo pacifico e qui condiviso della giurisprudenza di legittimità, nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non é necessario
che giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma é sufficiente che egli faccia riferimento
a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o

dato ponderale non cospicuo assumono valenza gli altri parametri legislativi).

superati da tale valutazione (cfr. fra le tante Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014,
Lule, Rv. 259899; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).

4. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno
2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non
sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti

ciascuno in C 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 16 maggio 2018.

vanno condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare per

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