Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37092 del 19/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37092 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sicolo Francesco, nato a Sant’Elpidio a Mare il 16/01/1995

avverso l’ordinanza del 30/09/2014 del Tribunale del riesame di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Maria Cristina Tasselli, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. Francesco Sicolo ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del
30/09/2014 del Tribunale di Ancona che, sulla ritenuta sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza del reato di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (in
relazione a tredici cessioni di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina
poste in essere una nel mese di settembre dell’anno 2013, le altre tra i mesi di

Data Udienza: 19/05/2015

febbraio e aprile dell’anno 2014), esclusa l’ipotesi della lieve entità e in
considerazione del pericolo di reiterazione delle condotte, in accoglimento
dell’appello cautelare proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento di
rigetto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, ha
applicato nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari.
1.1. Con il primo motivo eccepisce vizio di mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione e deduce, al riguardo, che la sua posizione
è stata confusa con quella del co-indagato Magini.

legge per mancanza ed erronea valutazione dei gravi indizi di colpevolezza,
assenza di esigenze cautelari e formulazione di pronunzia meramente assertiva e
motivazione inesistente.
1.3.Con il terzo motivo eccepisce vizio di motivazione, manifesta illogicità e
violazione dell’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

5.1 motivi possono essere esaminati congiuntamente.
5.1. Costituisce principio consolidato di questa Suprema Corte che quando il
giudice per le indagini preliminari abbia negato la misura cautelare limitandosi ad
escludere le esigenze cautelari, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
deve essere autonomamente valutata dal giudice di appello cui il RM. abbia
ricorso in applicazione dell’art. 310 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 1835 del
12/05/1995, Rv. 202979; Sez. 4, n. 1153 del 19/04/1996, Rv. 205237; Sez. 2,
n. 1243 del 13/02/1997, Rv. 207556).
5.2. A tal fine il Tribunale deve prendere in considerazione tutti gli elementi
di cui all’art. 292, cod. proc. pen., e pertanto deve motivare adeguatamente
anche in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, questione della quale l’indagato
non aveva alcun interesse a dolersi, essendo stata comunque disattesa, nei suoi
confronti, la richiesta di applicazione della misura cautelare (cfr., sul punto, Sez.
5, n. 3089 del 24/06/1999, Rv. 214476, con successive pronunce conformi).
5.3.Nel caso in esame il Tribunale assolve ampiamente al proprio onere
motivazionale, a prescindere dal formale richiamo alla richiesta di misura del
Pubblico Ministero pur effettuato in premessa, indicando, capo per capo ed in
modo del tutto autonomo, gli elementi gravemente indizianti della responsabilità
del ricorrente. Si tratta, in particolare, di conversazioni telefoniche intercettate,
di conseguenti servizi di osservazione e controllo, dei sequestri di sostanza
effettuati nei confronti degli acquirenti, delle dichiarazioni rese da questi ultimi

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1.2. Con il secondo motivo eccepisce vizio di motivazione e violazione di

anche in relazione a cessioni pregresse. Quanto all’episodio relativo alla
cessione, in favore di tal Nushai, di 100 grammi di marijuana, il Tribunale dà
conto delle conversazioni telefoniche intercettate e delle dichiarazioni rese dal
Nushai stesso che chiamano in causa l’odierno ricorrente quale attivo
collaboratore del Magini, in concorso con il quale il Sicolo aveva effettuato anche
alcune delle successive cessioni.
5.4.La coerenza e la tenuta logica della motivazione non è minimamente
inficiata dal fatto che in due soli passaggi, del tutto ininfluenti nell’economia del

essendo evidente l’errore materiale (e non di valutazione) nel quale è incorso
l’estensore del provvedimento.
5.5.Quanto agli altri profili di doglianza osserva il Collegio, in termini
generali, che costituisce approccio metodologico errato presupporre che il
testimone/dichiarante affermi scientemente il falso. Come costantemente
affermato da questa Corte, «in tema di valutazione della prova, e con specifico

riguardo alla prova testimoniale, il giudice, pur essendo indubbiamente tenuto a
valutare criticamente, verificandone l’attendibilità, il contenuto della
testimonianza, non è però certamente tenuto ad assumere come base del
proprio ragionamento l’ipotesi che il teste dica scientemente il falso o si inganni
su ciò che forma l’oggetto essenziale della propria deposizione, salvo che
sussistano specifici e riconoscibili elementi atti a rendere fondato un sospetto di
tal genere. Ciò significa che, in assenza di siffatti elementi, il giudice deve partire
invece dal presupposto che il teste, fino a prova contraria, riferisca
correttamente quanto a sua effettiva conoscenza e deve perciò limitarsi a
verificare se sussista o meno incompatibilità fra quello che il teste riporta come
certamente vero, per sua diretta conoscenza, e quello che emerge da altre
eventuali fonti probatorie di pari valenza. La detta incompatibilità, inoltre, deve
essere ravvisata solo quando essa incida sull’elemento essenziale della
deposizione, e non su elementi di contorno relativamente ai quali appaia
ragionevolmente prospettabile l’ipotesi che il teste sia caduto in errore di
percezione o di ricordo, senza per ciò perdere di obiettiva credibilità per ciò che
attiene l’elemento centrale» (Sez. 1, n. 3754 del 13/03/1992, Di Leonardo, Rv.
189725, nonché, da ultimo, Sez. 4, n. 6777 del 24/01/2013, Grassidonio, Rv.
255104).
5.6.A non diversa valutazione sono soggette le dichiarazioni rese
dall’acquirente di sostanze stupefacenti nei cui confronti non siano
concretamente ipotizzabili indizi di reità in ordine alla finalità illecita della
detenzione della sostanza sequestrata e che possano minare, prima ancora della
sua attendibilità, l’utilizzabilità stessa della testimonianza.

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giudizio, la posizione del ricorrente sia stata confusa con quella del Magini,

5.7.Quando la quantità sia modica e nei confronti dell’acquirente non siano
emersi elementi indizianti di uso non personale, questi deve essere sentito nel
corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti, essendo
irrilevante, a tal fine, che egli possa essere soggetto a sanzione amministrativa
per l’uso personale, con conseguente piena utilizzabilità delle dichiarazioni rese
in tale veste (così Sez. U, n. 21832 del 22/02/2007, Morea, Rv. 236370).
5.8.Quando invece la quantità dello stupefacente ceduto non sia modica, ma
nemmeno tale da renderne automaticamente dubbia la destinazione all’uso non

Nushai la cui tossicodipendenza il ricorrente non eccepisce), ove venga eccepito
il vizio di motivazione del provvedimento che ha valorizzato come fonte di prova
le dichiarazioni eteroaccusatorie dell’acquirente, è onere del ricorrente indicare
gli specifici elementi indizianti, originari o sopravvenuti, che rendono tali
dichiarazioni inutilizzabili ai sensi dell’art. 63, cod. proc. pen., e che sottoposti al
vaglio del giudice sono stati da questi del tutto negletti.
5.9.Nel caso di specie, invece, il ricorrente si limita ad eccepire una generica
inattendibilità degli acquirenti ipoteticamente interessati ad accusarlo; eccezione
che, di per sé considerata, si infrange sia con il principio sopra esposto al § 5.5,
sia con l’articolato quadro indiziario esposto dai Giudici dell’appello cautelare dal
quale risulta, come già detto, che gli apporti dichiarativi degli acquirenti si
intersecano con altri elementi di prova (intercettazioni, servizi di OCP,
perquisizioni e sequestri) unitariamente valutati e dalla cui lettura organica sono
stati desunti i gravi indizi di colpevolezza.
5.10.Quanto all’oggetto delle cessioni, va escluso, in ossequio al principio
del libero convincimento del giudice, che il mancato sequestro delle sostanze
stupefacenti possa impedire di per sé la prova del reato di cui all’art. 73, d.P.R.
n. 309 del 1990, ben potendosene desumere la sussistenza anche dalle sole
dichiarazioni testimoniali dell’acquirente (cfr., sul punto, Sez. 4, n. 4278 del
13/01/2009, Bonforte, Rv. 242516; Sez. 5, n. 849 del 05/09/1991, Saldi Abdel,
Rv. 188982; Sez. 6, n. 11564 del 07/10/1992, Orso, Rv. 193146); dichiarazioni
dalle quali risulta – come afferma il Tribunale – che oggetto delle cessioni era
sostanza stupefacente del tipo cocaina e delle quali il ricorrente non eccepisce
alcun travisamento.
5.11.Sono dunque infondate le eccezioni relative al quadro indiziario.
5.12.Quanto al profilo cautelare, il Tribunale ha tratto dalla reiterazione dei
reati e dalla stretta collaborazione con il Magini elementi di giudizio per escludere
l’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (anche in
considerazione della corretta valorizzazione del dato ponderale relativo allo
stupefacente ceduto al Nushai); dal precedente per tentata estorsione (pur

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personale (come nel caso della cessione di 100 grammi di sostanza in favore del

definito con perdono giudiziale), ulteriore elemento per ritenere concreto il
pericolo di reiterazione del reato.
5.13.Si tratta di conclusioni non manifestamente illogiche che rendono non
irragionevole e sufficientemente motivato sia il giudizio prognostico negativo
fondato sulla capacità a delinquere del Sicolo, esaltata dalla sua giovane età e
dalla stabilità del rapporto con il Magini, e che ha indotto il Tribunale a ritenerlo
non meritevole del beneficio della sospensione condizionale della pena, a
prescindere dall’entità dell’irroganda pena, sia il giudizio di adeguatezza della

con il Magini).
5.14.Ne consegue che il ricorso deve essere respinto e il ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 19/05/2015

misura degli arresti domiciliari (ritenuta idonea a impedire ogni ulteriore contatto

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