Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37086 del 19/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37086 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Grasso Santo, nato a Palermo il 31/07/1986,

avverso l’ordinanza del 08/10/2014 del Tribunale di riesame di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO hs1 FATTO

1. Il sig. Santo Grasso ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale
di Palermo che, in parziale accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha
applicato nei suoi confronti la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla
polizia giudiziaria perché gravemente indiziato del reato di cui all’art. 73, d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, per aver posto in essere, nell’arco di tempo che va dal 24
novembre 2011 all’il febbraio 2012, varie condotte di acquisto e cessione di
imprecisati quantitativi di sostanza stupefacente.

Data Udienza: 19/05/2015

1.1. Con unico motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc.
pen., la nullità dell’ordinanza per mancanza e manifesta illogicità della
motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle
esigenze cautelari e deduce, al riguardo, che il Tribunale del riesame si è limitato
a riprendere stralci della richiesta di misura cautelare del Pubblico Ministero
senza procedere ad un’autonoma valutazione degli elementi di gravità indiziaria
ivi indicati (esclusivamente conversazioni telefoniche) già ritenuti contraddittori
dal Giudice per le indagini preliminari. Lamenta inoltre che il Tribunale ha
motivato in modo generico la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato e

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.11 ricorso è fondato.

3.Costituisce principio consolidato che quando il G.i.p., come nel caso di
specie, rigetti la richiesta di misura cautelare per la sola insussistenza delle
esigenze cautelari il profilo relativo alla ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza
deve essere doverosamente valutato dal giudice di appello cui il P.M. abbia fatto
ricorso in applicazione dell’art. 310 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 1835 del
12/05/1995, Rv. 202979; Sez. 4, n. 1153 del 19/04/1996, Rv. 205237; Sez. 2,
n. 1243 del 13/02/1997, Rv. 207556).
3.1. A tal fine il Tribunale deve prendere in considerazione tutti gli elementi
di cui all’art. 292, cod. proc. pen., e pertanto deve motivare adeguatamente
anche in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, questione della quale l’indagato
non aveva alcun interesse a dolersi, essendo stata comunque disattesa, nei suoi
confronti, la richiesta di applicazione della misura cautelare (cfr., sul punto, Sez.
5, n. 3089 del 24/06/1999, Rv. 214476, con successive pronunce conformi).
3.2.Nel caso in esame il Tribunale definisce la decisione del GIP di rigettare
la richiesta di misura cautelare contraddittoria e incoerente con il contenuto delle
conversazioni intercettate: contraddittoria perché lo stesso GIP aveva ritenuto
altamente probabile che quelle conversazioni avessero ad oggetto
l’approvvigionamento di sostanze stupefacenti; incoerente perché ciò nondimeno
aveva ritenuto necessari, a fini cautelari, ulteriori elementi di riscontro.
3.3.Indicate le intercettazioni telefoniche riportate nelle pagine da 40 a 44,
75 e 87 della richiesta del PM, l’ordinanza impugnata ne ribadisce la valenza
gravemente indiziante desumendola dal linguaggio criptico utilizzato dagli
interlocutori (che parlano, con toni alterati e polemici, sopratutto quando si parca
di somme di danaro, di “filo rosso”, “filo giallo”, “DVD”, “solo uno, solo uno…un
cavetto”, “un filo rosso piccolo”, “un CD”, “un panettone”), un linguaggio che

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di inquinamento probatorio attingendo a vacue formule di stile.

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50 dollari”, “dice grammo nove 50 euro….il fumo dieci grammi”) e che non può
che alludere, per l’inverosimiglianza dei prezzi concordati, allo stupefacente (“un
panettone” “250 euro”).
3.4.11 Tribunale, dunque, non opera una nuova ed autonoma ricostruzione
dei fatti ma si limita a valorizzarne la portata gravemente indiziante recuperando
(e confermando) la valutazione che già era stata fatta dallo stesso GIP ma
sfrondandola dall’errore di diritto nel quale quest’ultimo era incorso nel
pretendere un “quid pluris” a fini cautelari.

ricorrente contesta. L’ordinanza, infatti, non adempie all’onere di indicare con
chiarezza e precisione gli specifici fatti-reato ai quali le conversazioni telefoniche
intercettate si riferiscono ed in che modo, di conseguenza, possa esserne
apprezzata la natura gravemente indiziante della colpevolezza del ricorrente che,
di fatto, non è mai stato posto in condizione di poter adeguatamente interloquire
sul punto.
3.6.Sono dunque fondate le censure del ricorrente in accoglimento delle
quali il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio al Tribunale di
Palermo per nuovo esame.
3.7.La necessità che il Tribunale motivi in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di reato assorbe le ulteriori questioni relative alle esigenze cautelari.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo.
Così deciso il 19/05/2015

3.5.In questo modo, però, il Tribunale dà per scontati approdi fattuali che il

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