Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37077 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37077 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Xu Chonghua, nato a Zhejang (Repubblica Popolare Cinese) il 28/11/1964,

avverso la sentenza del 27/05/2014 della Corte di appello di Genova;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.11 sig. Xu Chonghua ricorre per l’annullamento della sentenza del
27/05/2014 della Corte di appello di Genova che onfernnato la condanna alla
pena di otto mesi di arresto ed C 20.000,00 di ammenda inflittagli il 31 maggio
2013 dal Tribunale di quella stessa città per il reato di cui all’art. 112, d.lgs. 6
settembre 2005, n. 206, perché, quale distributore, titolare dell’esercizio
commerciale all’insegna «Wan Shida S.a.s.», aveva immesso sul mercato,
esponendoli per la vendita, prodotti pericolosi per il consumatore e di vietata

Data Udienza: 19/12/2014

commercializzazione (in particolare, accendini privi di sicurezza per bambini e
puntatori laser, per un totale di 2.180 pezzi). Fatto contestato come accertato in
Genova il 31/12/2009.
1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc.
pen., l’erronea applicazione dell’art. 112, comma 5, d.lgs. n. 206 del 2005.
1.2.Con il secondo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen.,
carenza di motivazione in ordine alla sostituzione dell’autorità giudiziaria a quella
amministrativa nella valutazione di pericolosità del prodotto.

violazione dell’art. 507, cod. proc. pen., in relazione all’accertamento di
pericolosità effettuato dal Tribunale con perizia disposta ai sensi dell’art. 507,
cod. proc. pen..
1.4.Con il quarto eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen.,
carenza di motivazione in ordine alla decisione del Tribunale di disporre la perizia
dopo essersi già ritirato una prima volta in camera di consiglio.
1.5.Con il quinto eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,
errata applicazione dell’art. 143, cod. proc. pen..
1.6.Con il sesto eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,
l’errata dichiarazione, da parte della Corte territoriale, della sua contumacia,
benché l’istituto sia stato abrogato.
1.7.Con il settimo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. c), cod. proc. pen.,
la mancata notifica del decreto di fissazione dell’udienza nel domicilio eletto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso è infondato

3.Per ragioni di ordine processuale è necessario esaminare gli ultimi tre
motivi di ricorso.
3.1. L’ultimo motivo è del tutto infondato perché il decreto presidenziale di
citazione a giudizio di cui all’art. 601, comma 1, cod. proc. pen., è stato in ogni
caso consegnato a mani dell’imputato che dunque non ha alcun interesse a
dolersi della mancata consegna ad indirizzo diverso da quello di elezione. Come
spiegato da questa Corte, la notifica di atti e avvisi eseguita a mani proprie
dell’imputato sebbene in presenza di un’elezione di domicilio, è valida dovunque
essa avvenga, in quanto forma più sicura per portare l’atto a conoscenza del
destinatario (Sez. 2, n. 6910 del 25/01/2011, Macrì, Rv. 249360; si veda, altresì,
Sez. U, n. 119 del 27/01/2004, Palunnbo, Rv. 229540).
3.2.Anche il sesto motivo è del tutto infondato, posto che – a prescindere
dalla rilevanza del vizio eccepito (nemmeno dedotta) – le disposizioni di cui alla

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1.3.Con il terzo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,

legge 28 aprile 2014, n. 67, si applicano ai procedimenti in corso alla data di
entrata in vigore della legge stessa a condizione che nei medesimi procedimenti
non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado e sempre
che l’imputato non sia stato già dichiarato contumace e non ne sia stata
dichiarata l’irreperibilità (art. 15-bis, legge n. 67 del 2014). Tutte condizioni che
si erano già verificate prima dell’entrata in vigore della legge.
3.3.E’ palesemente infondato anche il quinto motivo di ricorso posto che la
mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato è smentita dalla

ricorso per cassazione.

4.Gli altri quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente essendo
comuni per l’oggetto.
4.1. L’art. 112, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005, recita: «Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, il produttore o il distributore che immette sul
mercato prodotti pericolosi in violazione del divieto di cui all’articolo 107, comma
2, lettera e), è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da
10.000 euro a 50.000 euro».
4.2.L’art. 107, comma 2, lett. e), stesso d.lgs., così dispone: «Le
amministrazioni di cui all’articolo 106 possono adottare tra l’altro le misure
seguenti: e) per qualsiasi prodotto pericoloso: 1) vietarne l’immissione sul
mercato e adottare le misure necessarie a garantire l’osservanza del divieto; f)
per qualsiasi prodotto pericoloso già immesso sul mercato rispetto al quale
l’azione già intrapresa dai produttori e dai distributori sia insoddisfacente o
insufficiente: 1) ordinare o organizzare il suo ritiro effettivo e immediato e
l’informazione dei consumatori circa i rischi da esso presentati. I costi relativi
sono posti a carico del produttore e, ove ciò non sia in tutto o in parte possibile,
a carico del distributore; 2) ordinare o coordinare o, se del caso, organizzare con
i produttori e i distributori, il suo richiamo anche dai consumatori e la sua
distruzione in condizioni opportune. I costi relativi sono posti a carico dei
produttori e dei distributori».
4.3.11 ricorrente lamenta che alcuna autorità amministrativa ha mai
accertato la pericolosità degli oggetti posti in vendita, sicché il fatto dovrebbe
integrare l’illecito amministrativo di cui all’art. 112, comma 5, d.lgs. 206, cit., a
norma del quale «salvo che il fatto costituisca reato, il produttore che violi le
disposizioni di cui all’articolo 104, commi 2, 3, 5, 7, 8 e 9, ed il distributore che
violi le disposizioni di cui al medesimo art. 104, commi 6, 7, 8 e 9, sono soggetti
ad una sanzione amministrativa compresa fra 1.500 euro e 30.000 euro».
4.4.L’art. 104, commi 6, 7, 8 e 9, prescrive che «6. Il distributore deve
agire con diligenza nell’esercizio della sua attività per contribuire a garantire

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redazione personale dell’atto di appello e, sopra to, dell’odierno, articolato,

l’immissione sul mercato di prodotti sicuri; in particolare è tenuto: a) a non
fornire prodotti di cui conosce o avrebbe dovuto conoscere la pericolosità in base
alle informazioni in suo possesso e nella sua qualità di operatore professionale;
b) a partecipare al controllo di sicurezza del prodotto immesso sul mercato,
trasmettendo le informazioni concernenti i rischi del prodotto al produttore e alle
autorità competenti per le azioni di rispettiva competenza; c) a collaborare alle
azioni intraprese di cui alla lettera b), conservando e fornendo la
documentazione idonea a rintracciare l’origine dei prodotti per un periodo di dieci

distributori sappiano o debbano sapere, sulla base delle informazioni in loro
possesso e in quanto operatori professionali, che un prodotto da loro immesso
sul mercato o altrimenti fornito al consumatore presenta per il consumatore
stesso rischi incompatibili con l’obbligo generale di sicurezza, informano
immediatamente le amministrazioni competenti, di cui all’arricok’ , comma 1,
precisando le azioni intraprese per prevenire i rischi per i consumatori. 8. In caso
di rischio grave, le informazioni da fornire comprendono almeno: a) elementi
specifici che consentano una precisa identificazione del prodotto o del lotto di
prodotti in questione; b) una descrizione completa del rischio presentato dai
prodotti interessati; c) tutte le informazioni disponibili che consentono di
rintracciare il prodotto; d) una descrizione dei provvedimenti adottati per
prevenire i rischi per i consumatori. 9. Nei limiti delle rispettive attività,
produttori e distributori collaborano con le Autorità competenti, ove richiesto
dalle medesime, in ordine alle azioni intraprese per evitare i rischi presentati dai
prodotti che essi forniscono o hanno fornito>>.
4.5.11 rilievo è infondato.
4.6.11 tribunale di Genova ha accertato che gli accendini messi in vendita
dall’imputato sono concretamente nocivi per la salute dell’uomo in quanto
rientranti nella classe 3B dei parametri di classificazione di cui alle normativa
tecnica CEI EN 60825 e superano la soglia di lmbar fissata dal Ministero della
Sanità per definirne la pericolosità.
4.7.Diversannente da quanto sostenuto dal ricorrente, infatti, la
commercializzazione di puntatori laser o di oggetti con funzione di puntatori laser
di classe pari o superiore a 3, secondo la norma CEI EN 60825, è stata
espressamente vietata con O.M. Ministero della Salute del 16 luglio 1998,
pubblicata nella Gazz. Uff. 20 luglio 1998, n. 167.
4.8.11 Tribunale, dunque, non ha accertato in via autonoma la pericolosità
del prodotto, sostituendosi all’autorità amministrativa, ha bensì riscontrato, con
accertamento tecnico mai contestato nelle sue conclusioni, la riconducibilità degli
accendini sequestrati alla categoria delle cose già oggetto di divieto.

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anni dalla data di cessione al consumatore finale. 7. Qualora i produttori e i

4.9.Quanto alla possibilità che il giudice disponga d’ufficio una perizia o
l’assunzione della prova anche dopo essersi già ritirato in camera di consiglio per
deliberare, ricorda questa Corte Suprema che l’art. 507 cod. proc. pen. con
l’espressione “terminata l’acquisizione delle prove” delimita esclusivamente il
momento iniziale in cui possono attivarsi i poteri d’ufficio del giudice; pertanto
nessuna nullità consegue alla circostanza che il giudice abbia disposto
l’integrazione probatoria dopo essersi ritirato in camera di consiglio e non
immediatamente dopo la conclusione della fase istruttoria (Sez. 3, n. 8528 del

4.10.Ne consegue che il ricorso deve essere respinto ed il ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 19/12/2014

19/08/1993, Poluzzi, Rv. 195160)

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