Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37074 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37074 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bariselli Corinne, nata a Genova il 24/09/1977,

avverso la sentenza del 06/11/2013 della Corte di appello di Genova;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Andrea Vernazza, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1.La sig.ra Corinne Bariselli ricorre per l’annullamento della sentenza del
06/11/2013 della Corte di appello di Genova che, pur concedendo il beneficio
della sospensione condizionale della pena non concesso in prime cure, ha
tuttavia confermato la condanna alla pena di quattro mesi di reclusione inflitta
dal Tribunale di quella stessa città che, con riferimento all’anno d’imposta 2004,

Data Udienza: 19/12/2014

l’ha riconosciuta colpevole del reato di cui all’art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n,
74, accertato a seguito di accertamento fiscale effettuato il 13 luglio 2007.
Si contesta all’imputata di aver occultato e/o distrutto i documenti e le
scritture contabili dell’impresa di cui era titolare (in particolare fatture e registri
contabili); impresa cessata nel 2005 e che per gli anni di imposta 2004 e 2005
non aveva presentato alcuna dichiarazione a fini fiscali.
L’ufficiale di polizia giudiziaria sentito nel corso del processo aveva riferito di
aver inutilmente richiesto, in sede di verifica, l’esibizione della documentazione

prive di numerazione progressiva), in parte (cinque) grazie alla collaborazione
dell’imputata (che aveva fornito il nominativo di alcuni clienti), in parte (quattro)
mediante i dati forniti da altri clienti che le avevano utilizzate per portare in
detrazione le spese sostenute per gli interventi di recupero edilizio.
La Corte di appello, nel confermare il giudizio di colpevolezza, ha ritenuto
non credibile la tesi difensiva della distruzione accidentale della documentazione
(perché mai immediatamente riferita in sede ispettiva) ed ha ribadito che il reato
in questione sussiste anche nel caso in cui gli scarni elementi forniti
dall’interessato impongano le indagini degli accertatorí.
Ha inoltre aggiunto che/ in mancanza di prova circa la distruzione della
documentazione, la prescrizione decorre dalla data di accertamento
dell’occultamento che, nel caso di specie, coincide con quella della verifica
ispettiva.
1.1. Con il primo motivo la Bariselli eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. c),
cod. proc. pen., la nullità della sentenza impugnata e di quella di primo grado
per nullità della notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare
siccome consegnato al difensore di fiducia benché non vi fosse prova alcuna della
mancata notifica presso il domicilio eletto.
Deduce, al riguardo, che l’avviso in questione non le era mai stato recapitato
e che il contrario non può essere provato dalla attestazione trasmessa via mail
dalle Poste il 30/03/2011 dalla quale risulta solo il positivo arrivo, presso l’ufficio
postale di competenza, del plico ma non della sua consegna, per la quale manca
la cartolina, mai acquisita agli atti e mai da lei sottoscritta.
1.2.Con il secondo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,
l’errata applicazione ed interpretazione della norma incriminatrice con
riferimento alla mancata valorizzazione dell’elemento soggettivo del reato, non
riscontrabile nel caso di specie alla luce del comportamento collaborativo tenuto
nel corso dell’ispezione che esclude il dolo di evasione.
1.3.Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc.
pen., l’intervenuta prescrizione del reato, dovendosi aver riguardo, in caso di

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mancante e di aver potuto reperire solo alcune fatture (nove in tutto e tutte

dubbio, al momento della distruzione della documentazione e non a quello
dell’occultamento della stessa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso è infondato.

La Corte territoriale ha rigettato l’eccezione di nullità della notificazione
dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare al difensore di fiducia
dell’imputata sul rilievo che l’ufficio postale aveva comunque attestato via nnail la
ricezione della raccomandata contenente l’avviso presso il domicilio eletto, non
essendo necessaria, ha aggiunto, ai fini della regolarità della notifica a mezzo
posta, la produzione della cartolina contenete l’avviso di ricevimento.
Sicché, del tutto superflua era stata la successiva notifica dell’atto effettuata
evidentemente ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., presso il
difensore.
La ricorrente eccepisce, tuttavia, che l’avviso di ricevimento trasmesso in via
telematica non dà atto della consegna della raccomandata a mani proprie o di
persona con lei convivente, ma solo del positivo arrivo in ufficio del plico.
Il rilievo è infondato in fatto.
Risulta dalla documentazione presente nel fascicolo trasmesso a questa
Corte Suprema che la raccomandata destinata alla ricorrente era stata
consegnata in ufficio il giorno 11/05/2010.

4.E’ decisamente generico e manifestamente infondato il secondo motivo di
ricorso.
La Corte di appello ha dato atto che il comportamento parzialmente
collaborativo dell’imputata non aveva consentito la integrale ricostruzione dei
redditi e del volume d’affari dell’impresa e non aveva dunque inciso sulla
consumazione del reato.
Questa Suprema Corte ha già più volte affermato che ai fini della
integrazione del reato di cui all’art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (“sub specie”
di occultamento “parziale” di scritture contabili), deve sussistere non l’assoluta
impossibilità ma un elevato grado di difficoltà di ricostruire il reale volume degli
affari o dei redditi, avuto riguardo esclusivamente alla situazione interna
dell’azienda, né il reato è escluso dalla circostanza che alla determinazione dei
redditi si sia potuti addivenire “aliunde” (Sez. 3, n. 5791 del 18/12/2007, Motta,

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3.11 primo motivo è infondato

,

Rv. 238989; Sez. 3, n. 39711 del 04/06/2009, Acerbis, Rv. 244619; Sez. 3, n.
36624 del 18/07/2012, Pratesi, Rv. 253365).
Ne consegue che il comportamento collaborativo dell’autore del fatto non
esclude la sussistenza del reato stesso quando sia stato comunque necessario
attingere “aliunde” le notizie necessarie per ricostruire il volume degli affari e dei
redditi.
Il rilievo difensivo secondo il quale tale comportamento collaborativo
avrebbe dovuto e potuto essere positivamente apprezzato quale prova della

manifestamente illogico trarre dal comportamento tenuto dall’imputata il giudizio
di non credibilità della tesi difensiva circa la distruzione accidentale della
documentazione fiscale, mai riferita ai verificatori nel corso dell’ispezione.

5.E’ infondato anche l’ultimo motivo di ricorso.
E’ noto e consolidato l’indirizzo di questa Suprema Corte secondo il quale il
delitto di occultamento della documentazione contabile ha natura di reato
permanente, in quanto la condotta penalmente rilevante si protrae sino al
momento dell’accertamento fiscale, che coincide con il “dies a quo” da cui
decorre il termine di prescrizione (così, da ultimo, Sez. 3, n. 5974, del
05/12/2012, Buonocore, Rv. 254425), mentre la alternativa condotta di
distruzione della documentazione stessa, realizza un’ipotesi di reato istantaneo,
che si consuma al momento della soppressione della documentazione (Sez. 3, n.
13716 del 07/03/2006, Cesarini, Rv. 234239).
Nel caso di specie, sono state contestate all’imputata, in via alternativa,
entrambe le condotte di occultamento e/o distruzione della documentazione
contabile, contestate come commesse il 13/07/2007; ne consegue che, in caso
di dubbio deve essere certamente privilegiata l’ipotesi più favorevole della
distruzione, non potendosi certamente far carico all’imputato di dimostrare di
aver distrutto, piuttosto che occultato, la documentazione.
Tuttavia, essendo assolutamente incerta la data in cui la documentazione
sarebbe stata distrutta, non potendo essere ancorata “tout court” a quella di
cessazione dell’impresa (come dedotto dall’imputata) e non emergendo elementi
dai quali poter desumere quando, prima dell’ispezione del 13 luglio 2007, la
distruzione possa esser stata effettuata, la consumazione deve essere
necessariamente ancorata al giorno precedente l’accesso (12/07/2007).
Ne consegue che la prescrizione maturerà il 11/01/2015.

mancanza della volontà di evadere le imposte è infondato perché non è

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 19/12/2014

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