Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3705 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3705 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia
avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo in data 28/03/2013 nel
procedimento nei confronti di :
Casella Gianluigi, n. a Caravaggio il 19/06/1962;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Salzano, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. G. Profeta, che ha concluso per
il rigetto;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Bergamo ha assolto Casella Gianluigi, quale amministratore
della “F.R. di Ferrario e Redaelli” dal reato ex art. 2, comma 1, bis, del d. I. n.

Data Udienza: 19/12/2013

463 del 1983 di omesso versamento delle ritenute previdenziali perché il fatto
non costituisce reato.

2. Ha proposto ricorso per saltum il Procuratore generale presso la Corte
d’Appello di Brescia contestando la erronea applicazione dell’art. 2, comma 1 bis,
del decreto legge suddetto. Premesso che il Tribunale è pervenuto ad assolvere

periodo in contestazione la società di cui egli era amministratore versava in gravi
difficoltà finanziarie poi culminate nel fallimento della società intervenuto,
successivamente al mancato versamento, in data 30 marzo 2010, rileva come,
sulla base della costante giurisprudenza di legittimità, il reato di omesso
versamento delle ritenute sia caratterizzato da dolo generico ed integrato dalla
consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando che l’agente
tenuto al versamento attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie
per fare fronte a debiti ritenuti più urgenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
Come già affermato da questa Corte, il reato di omesso versamento delle
ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori
dipendenti è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di
omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento
soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e
destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti (Sez. 3, n.
29975 del 21/06/2011, Libutti,

non massimata;

28/04/2011, Cannarile, non massimata;

Sez. 3, n. 20845 del

Sez. 3, n. Sez. 3, n. 13100 del

19/01/2011, Biglia, Rv. 249917; Sez. 3, n. 11962 del 16/07/1999, Rigoni, Rv.
214627). Si è in particolare specificato che il reato è configurabile anche nel caso
in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in
quanto è onere di quest’ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di
corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da poter adempiere
all’obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi
sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime (Sez. 3, n. 38269 del
25/09/2007, Tafuro, Rv. 237827; Sez. 3, n. 33945 del 05/07/2001, Castellotti,
Rv. 219989).
2

l’imputato ritenendo escluso l’elemento soggettivo del reato atteso che nel

Invero la legge affida al datore di lavoro, in quanto debitore delle retribuzioni nei
confronti dei prestatori di lavoro dipendenti, il compito di detrarre dalle stesse
l’importo delle ritenute assistenziali e previdenziali da quelli dovute e di
corrisponderlo all’Erario quale sostituto del soggetto obbligato. In questo senso il
sostituto adempie contemporaneamente a un obbligo proprio e a un obbligo
altrui: di qui la conseguenza di ritenerlo vincolato al pagamento delle ritenute
allo stesso titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni.

dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute all’Inps,
così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse
sono, del resto, parte. Si è, perciò, ritenuto che anche il sopravvenuto fallimento
dell’agente non è sufficiente a scriminare il precedente omesso versamento delle
ritenute, essendo obbligo del sostituto quello di ripartire le risorse esistenti
all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da poter adempiere il
proprio obbligo, anche se ciò dovesse comportare l’impossibilità di pagare i
compensi nel loro intero ammontare (Sez. 3, n. 141 del 15/02/1996, Profili,
Rv.203783) e, inoltre, che quando l’imprenditore, in presenza di una situazione
economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti
ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a
propria discolpa l’assenza dell’elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni
caso il dolo generico (cfr., tra le tante, con riferimento all’omesso versamento di
ritenute d’acconto, Sez. 3, n. 7099 del 05/05/1994, Serafini, Rv. 198155; Sez.
3, n. 3512 del 17/01/1994, D’Anna, Rv. 196977; Sez. 3, n. 11032 del
21/10/1993, Parrotto, Rv. 195938; Sez. 3, n. 11608 del 11/11/1993, Annibal,
Rv. 195904; Sez. 3, n. 10579 del 06/10/1993, P.M. in proc. Dini, Rv. 195872;
Sez. 3, n. 2605 del 19/01/1991, Bacchi, Rv. 186488; Sez. 3, n. 942/91 del
26/11/1990, Bergamo, Rv. 186257).
In definitiva, a fronte della

contestualità e della indefettibilità del sorgere

dell’obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della
retribuzione, manca ogni presupposto per invocare l’impossibilità di adempiere
l’obbligazione dovendo, la punibilità della condotta, essere individuata proprio nel
mancato accantonamento delle somme dovute all’Istituto (in nome e per conto
del quale tali somme sono state trattenute), di guisa che non può ipotizzarsi
l’impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti , come appunto una pretesa
situazione di illiquidità della società rappresentata (cfr., sia pure con riferimento
all’omesso versamento di ritenute da parte del sostituto d’imposta, Sez. 3, n.
11459 del 19/09/1995, Rossi, Rv. 203018)

3

La conclusione che se ne trae è che lo stato di insolvenza non libera il sostituto,

Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata ha invece escluso il dolo
sul solo presupposto delle gravi difficoltà economiche comprovate dai
procedimenti per decreto ingiuntivo e dai protesti subiti dalla società
amministrata dall’imputato tali da condurre successivamente al fallimento, senza
che risulti esposto alcun altro elemento che consenta, alla luce dei principi
appena ricordati, di ritenere motivatamente escluso l’elemento soggettivo.

art. 569, comma 4, c.p.p. quale giudice competente per l’appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013

La sentenza va pertanto annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia ex

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