Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3702 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3702 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VIRNO FELICE N. IL 16/02/1930
avverso la sentenza n. 6550/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/02/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fut,, e,,,, u,
che ha concluso per I>4444PC.■ —

Udito, per la parte civile, l’Avv.,
Udit i difensor Avv.

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Di poi, la sola parte civile proponeva ricorso per cassazione, ex art. 10, co. 3, L. 46/06 e la Corte, rilevando come la nuova disciplina non precludesse alla parte civile la facoltà di proporre appello ai fini civili contro le sentenze di proscioglimento pronunciate in primo grado, escludendo che la Aquilino avesse voluto proporre ricorso immediato in cassazione e osservando che, in ogni caso, sussistevano le condizioni per la conversione del ricorso in appello, annullava con sentenza del 21/5/2009 la ordinanza del 6/6/2006 e disponeva la trasmissione degli atti alla Corte distrettuale per il giudizio di appello. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 18/2/2011, in riforma del decisum di prime cure, ha dichiarato il Virno responsabile agli effetti civili del reato contestatogli e lo ha condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile, Sante Alessandro Aquilino, quale erede della defunta Cat rina Aquilino, nella misura da liquidarsi in separato giudizio vanti al giudice civile competente. Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto con i seguenti motivi: -inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 40 e 590 cod.pen.; 4 cagionate in danno di Caterina Aquilino. -inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all'art. 125, co. 3, cod.proc.pen.; -vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità in capo al prevenuto in ordine/al reato ad esso contestato. In sintesi, con i motivi di annullamento si sostiene che con la sentenza dipendenza delle quali ha ritenuto di capovolgere il giudizio assolutorio, reso dal Tribunale, limitandosi a fornire una unilaterale esposizione valutativa delle emergenze istruttorie, in difetto della dovuta critica ai punti del discorso giustificativo, svolto dal giudice di prime cure, così da incorrere in evidente vizio motivazionale; in particolare si evidenzia come il primo decidente avesse assoggettato le emergenze istruttorie a puntuale ed esaustivo esame, traendone la convinzione della assoluta insussistenza del nesso causale tra la condotta del prevenuto e l'evento morte, che aveva colpito la Caterina Aquilino, sia in dipendenza della scansione temporale delle visite alle quali si era sottoposta la p.o., ben lontane dal decesso della stessa, sia, in particolare, del rifiuto della paziente di sottoporsi ad indagini specialistiche, che il Virno aveva prescritto al fine di procedere ad ulteriori accertamenti clinici, che avrebbero permesso di ottenere un quadro più chiaro della patologia, di cui era affetta la donna. Peraltro, prima che fosse diagnosticato l'adenocarcinoma al retta la donna era stata sottoposta ad altre due indagini specialistiche che non avevano rilevato la presenza del tumore. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è fondato. Va preliminarmente richiamato il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello, che riformi totalmente la decisione di primo grado, ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, riformatrice la Corte territoriale ha omesso di giustificare le ragioni in alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato ( ex multis Cass. S.U. 20/9/2005, n. 33748 ): la pronuncia riformatrice deve essere supportata da una completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. L'alternatività della spiegazione di un fatto non attiene al mero possibilismo, come tale esercitazione astratta del ragionamento, disancorata dalla realtà processuale, ma a specifici dati fattuali che rendano verosimile la conclusione di un iter logico cui si perviene senza affermazioni apodittiche; inoltre il supporto motivazionale di una decisione giurisdizionale, per essere logico, deve essere conforme ai canoni che presiedono le forme corrette del ragionamento in direzione della dimostrazione della verità ( Cass. 3/4/2003, n. 15756). Si ritiene, ora, opportuno riassumere l'iter logico, sviluppato dal Tribunale, e, di poi, quello, contrario, seguito dalla Corte di Appello. Ad avviso del giudice di prime cure, dalla ricostruzione degli atti, risulta: -che il Virno sottopose a visita medica la Aquilino nel febbraio 1999, constatando la presenza di emorroidi e di ragadi, per cui consigliò alla paziente di sottoporsi ad intervento di emorroictomia, previ esami di routine e di endoscopia; -che lo stesso Virno, quasi contestualmente, sottopose la donna ad intervento per l'asportazione di un polipo all'utero ( gli esami effettuati in tale occasione, alcuni significativi anche per il problema poi verificatosi, diedero esito negativo); -il rifiuto, da parte della paziente di proseguire le ulteriori indagini endoscopiche ( deposizioni testi Giuliana Caprio e Eleonora Simoni ) non a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle ha permesso all'imputato di pervenire ad un accertamento diagnostico che avrebbe potuto, se già in atto, evidenziare la presenza della patologia tumorale; e, in ogni caso, ad avviso del giudicante, è elemento che spezza il nesso di causalità tra il comportamento del medico e le conseguenze patologiche del mancato tempestivo intervento sul paziente; prescrizione cautelare di esami da parte dell'imputato, seguita dal rifiuto della parte lesa; -peraltro, nelle date 6/7 e 19/7/1999, su indicazione del Virno, la Aquilino si sottopose ad analisi specifiche, rispettivamente eseguite dal prof. Arullari e dal prof. La Bella, in esito alle quali nulla si rilevò in ordine alla presenza del male, anzi l'apparenza diagnostica era contraria all'esistenza di esso. In dipendenza di quanto evidenziato il Tribunale ha pronunciato l'assoluzione del prevenuto perché il fatto non sussiste. La Corte di Appello, di contro, rileva: -la inattendibilità delle deposizioni della Caprio e della Simoni, ritenedole compiacenti al Virno; - che una analisi critica maggiormente approfondita delle dichiarazioni della Aquilino, da una parte, e di quelle del Virno e della De Simoni, amica della p.o., dall'altra, avrebbe determinato il primo giudice ad una diversa valutazione in ordine alla credibilità della stessa vittima e all'errore in cui era incorso l'imputato; -non è contestabile che in presenza di una sintomatologia, che si manifestava in termini sempre più aggressivi, uno specialista come il prof. Virno fosse tenuto a rappresentarsi la possibile esistenza di una patologia tumorale e a prospettare alla paziente, con la massima tempestività, l'urgente esigenza dei necessari esami, quale l'endoscopia e l'esame -le dichiarazioni congiunte delle indicate testi dimostrano che ci fu la istologico, idonei a consentire una corretta diagnosi. Ma, in tale contesto, l'assunto che la Aquilino avesse, nel mese di febbraio, rifiutato di sottoporsi ad endoscopia appare, comunque, irrilevante ( pag. 7 sentenza impugnata ). Orbene, necessita osservare quanto segue. adottata dal giudice di seconde cure, che, prima, imputa al Virno di non avere prescritto alla paziente di sottoporsi all'indagine specialistica, già nel febbraio 1999; di poi, ritiene irrilevante la circostanza del rifiuto della donna all'intervento di emorroidectomia, previa indagine endoscopica: è di chiara rilevanza tale rifiuto a sottoporsi all'esame specialistico, consigliatole dal medico, in quanto, come affermato dal Tribunale, ciò avrebbe comportato la insussistenza di ogni nesso causale tra l'attività del clinico e il progredire della malattia in capo alla vittima. Non può non rilevarsi, di poi, che la Corte territoriale è pervenuta a conclusioni opposte a quelle del Tribunale, sulla base di una diversa valutazione delle deposizioni testimoniali, in difetto di una compiuta giustificazione delle ragioni che hanno determinato detto decidente ad attribuire contraria valenza ad elementi costituenti la piattaforma probatoria da quella alle stesse emergenze riconosciuta dal giudice di prime cure, così da non ottemperare all'obbligo argomentativo impostogli ( Cass. 18/9/2008, n. 35762; Cass. 11/11/2008, n. 42033 ), e da determinare un vizio essenziale nella motivazione della pronuncia resa, in particolare, in punto di ravvisabilità o meno di quel nesso causale tra la condotta posta in essere dall'imputato e le conseguenze dovute alla patologia tumorale, patite dalla Aquilino, essenziale per potere affermare la sussistenza del reato contestato e la ascrivibilità di esso in capo al prevenuto. Risulta evidente la contraddittorietà della argomentazione motivazionale, Conseguentemente questo Collegio ritiene di dovere annullare la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente, affinchè si pronunci sulle questioni civili. P. Q. M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma in sede civile. Così deciso in Roma il 19/12/2013. •

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