Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36968 del 10/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36968 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TORRESANI ALESSANDRO N. IL 12/01/1976
avverso la sentenza n. 3022/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
27/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 10/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 27/2/2014, la Corte d’appello di Brescia ha
confermato la condanna di Alessandro Torresani alla pena di giustizia in relazione
al reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dalla provocazione di un
incidente, commesso in Mantova il 3/4/2011.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
censurando la violazione di legge e il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa
la Corte territoriale nell’affermare la responsabilità del Torresani sulla base di

riconosciuto la verificazione di un incidente stradale con la conseguente
riconosciuta sussistenza della corrispondente circostanza aggravante.

3. Con memoria successivamente pervenuta, il ricorrente, approfondite le
argomentazioni già introdotte con il ricorso originario, ha invocato il
riconoscimento del fatto di particolare tenuità, ai sensi dell’art. 133-bis c.p., con
la conseguente attestazione della non punibilità dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

5. Osserva il collegio come, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi considerare, detti motivi,
affetti da aspecificità.
La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni
del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente
dell’art. 591 co. 1 lett. c), c.p.p., all’inammissibilità del ricorso (Sez. 4,
Sentenza n. 5191 del 29/03/2000, Rv. 216473).
Nella concreta fattispecie, la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto
del proprio convincimento, vagliando analiticamente le questioni sottoposte al
suo esame ed evidenziando come la responsabilità dell’imputato emergesse
modo evidente sulla base del complesso degli elementi di prova acquisiti, che la
corte territoriale ha elaborato in modo coerente e persuasivo.

2

elementi di prova privi di effettiva concludenza rappresentativa, nonché per aver

,

Osserva sul punto il collegio come le censure sollevate dalla difesa, rispetto
alle argomentazioni dipanate nella sentenza, valgono ad esprimere unicamente
un generico dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo
conforme dai giudici di primo e di secondo grado), invitando a una rilettura nel
merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una
motivazione della sentenza impugnata logicamente coerente e argomentata con
linearità, non apprezzandosi, nelle argomentazioni proposte dalla ricorrente, quei
profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero assumere rilevanza in

6.

Quanto alle censure relative al riconoscimento della circostanza

aggravante della provocazione di un incidente, osserva il collegio come, con la
decisione in questa sede impugnata, la corte territoriale si sia correttamente
allineata al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo
cui, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, c.d.s., la nozione di incidente stradale si
identifichi in qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale
svolgimento della circolazione stradale, abbia potenzialmente provocato un
pericolo per la collettività, senza che assuma rilevanza l’avvenuto coinvolgimento
di terzi o di altri veicoli (cfr. Cass., Sez. 4, n. 47276/2012, Rv. 253921; Cass.,
Sez. 4, n. 6785 del 23.1.2014): situazione puntualmente verificatasi nel caso di
specie, sulla base della descrizione del fatto contenuta in sentenza, da ritenersi
immune da vizi di indole logica o giuridica.

7. Da ultimo, dev’essere disattesa l’invocata qualificazione del fatto nella
prospettiva della particolare tenuità, di cui all’art. 133-bis c.p., non ravvisandosi,
nelle valutazioni desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata, gli
estremi per il riconoscimento della compatibilità della previsione di cui al citato
art. 133-bis c.p. con il fatto oggetto dell’odierno giudizio.
Al riguardo, è appena il caso di richiamare l’insegnamento della più recente
giurisprudenza di questa corte ai sensi del quale l’esclusione della punibilità per
la particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis c.p., pur avendo natura
sostanziale (con la conseguente applicabilità ai procedimenti in corso alla data di
entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in
sede di legittimità), può essere rilevata, anche ufficio ex art. 609, co. 2, c.p.p.,
dalla Suprema Corte, purché le condizioni di applicabilità del predetto istituto
emergano dalle risultanze processuali e dalla motivazione della sentenza
impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 15449 del 08/04/2015, Rv. 263308).

questa sede.

8. Alla dichiarazioni d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Il Consigliere est.

Così deciso in Roma il 10/6/2015

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