Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36964 del 10/06/2015


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 36964 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

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sul ricorso proposto da:
EL GHAZOUANI GHIOUANE N. IL 01/01/1967
avverso la sentenza n. 12842/2012 GIP TRIBUNALE di VERONA, del
29/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 10/06/2015

A,

RITENUTO IN FATTO
1. Con atto in data 18/11/2013, Ghiouane El Ghazouani ha proposto ricorso
per cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Verona in data
29/10/2013 con la quale, in applicazione della congiunta richiesta dell’imputato e
del pubblico ministero, è stata applicata a carico del ricorrente la pena di giustizia, in relazione ad alcuni episodi di spaccio di sostanza stupefacente (hashish),
ritenuti di lieve entità ai sensi dell’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90, commessi nei
luoghi e nelle date specificamente indicati nei capi d’imputazione.

per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo il tribunale di Verona
omesso di motivare adeguatamente sull’eventuale esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte,
nella motivazione della sentenza di patteggiamento, il richiamo all’art. 129 c.p.p.
è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza di
cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al
riguardo (Cass., n. 6455/2011, Rv 252085).
Infatti, l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dall’art. 111 Cost. e
dall’art. 125, comma terzo, c.p.p. per tutte le sentenze (operante anche rispetto
a quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti), non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento,
rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione
di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto
negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione.
Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’art. 129 c.p.p. dev’essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e
che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento a norma del
citato art. 129 c.p.p. (cfr. Cass., Sez. 1, n. 752/1999, Rv. 212742; Cass. Sez. 1,
n. 4721/2000, Rv. 216789; Cass., Sez. 1, n. 6711/2000, Rv. 218050).
Tali argomentazioni consentono di ritenere manifestamente infondata
l’odierna impugnazione, avendo il giudice del merito espressamente attestato la
non ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., emergendo,

Con l’impugnazione proposta, il ricorrente censura la sentenza impugnata

a
a

dall’esame degli atti del procedimento, gravi elementi di responsabilità a carico
dell’imputato.

3. Osserva peraltro il collegio come, nelle more tra la sentenza impugnata e
la celebrazione del giudizio di cassazione, in relazione alle disposizioni del quinto
comma dell’art. 73, è intervenuta una rilevante modifica legislativa (con la legge
16/5/2014, n. 79), che ha modificato, nel testo del d.P.R. 309 del 1990, il quinto
comma del predetto art. 73, titolo autonomo di reato, prevedendo una nuova

euro 10.329).
Ritiene il Collegio che all’applicazione della nuova normativa nei processi in
corso, in quanto più favorevole, non sia di ostacolo l’inammissibilità del ricorso, trattandosi di questione che dev’essere rilevata d’ufficio ex art. 609 c.p.p.,
non potendo considerarsi preclusiva la formazione del giudicato in senso sostanziale (nel senso da ultimo espresso da Sez. Un., Sentenza n. 24246 del
25/02/2004, Chiasserini), atteso che la novella normativa è intervenuta successivamente alla data di proposizione del presente ricorso, con la conseguente impossibilità di tenerne conto nella formulazione dei motivi proposti.
Nel caso di specie, avendo il giudice a quo recepito l’accordo delle parti formatosi sui termini edittali sensibilmente più severi sanciti dalla legge previgente
dev’essere disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con la
conseguente trasmissione degli atti al tribunale di Verona per l’ulteriore corso.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata
e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Verona.
Così deciso in Roma il 10/6/2015

Il Consigliere est.

cornice edittale (reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da euro 1.032 a

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