Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36960 del 04/07/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36960 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GIULIANI GIOVANNI N. IL 11/03/1986
avverso la sentenza n. 2426/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
20/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;
Data Udienza: 04/07/2013
R. G. 50347 / 2012
Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Bari ha confermato in
punto di responsabilità la sentenza del g.u.p. del locale Tribunale, che all’esito di
giudizio abbreviato ha riconosciuto Giovanni Giuliani colpevole del delitto di concorso
in illecita cessione per finalità commerciali di grammi 884 di sostanza stupefacente del
tipo marijuana (idonea per la composizione di 1.880 dosi medie droganti), mitigando
tuttavia -in accoglimento dell’unico motivo di gravame dell’imputato- il trattamento
sanzionatorio e riducendo la pena (con le già concesse attenuanti generiche) a tre anni
di reclusione ed euro 12.000,00 di multa.
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
deducendo violazione di legge e insufficienza della motivazione con riferimento alla
perdurante eccessività della pena, siccome non determinata (nella sua misura base) in
termini equivalenti al minimo edittale e non aderente al collaborativo contegno
processuale di esso ricorrente, scandito da immediata confessione dell’addebito e dalla
indicazione della disponibilità di altro stupefacente oltre a quello (modesto) reperito
dalla p.g. all’inizio dell’attività investigativa.
Il ricorso è inammissibile per genericità e indeducibilità delle indicate censure, che
attingono un profilo della regiudicanda, quello del trattamento sanzionatorio, che è
rimesso all’esclusiva valutazione del giudice di merito e si sottrae a scrutinio di
legittimità, allorché detta valutazione sia sorretta da lineare e non illogica enunciazione
del percorso giustificativo della decisione in punto di pena. Ciò è quel che deve
constatarsi per l’impugnata sentenza di appello, che ha adeguatamente enunciato le
ragioni della determinazione della pena (pur sensibilmente ridotta rispetto al giudizio di
primo grado) in riferimento ad un quantitativo di sostanza stupefacente oggetto di reato
tutt’altro che trascurabile.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che stimasi equo determinare nella misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 4 luglio 2013
Motivi della decisione