Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3696 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3696 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Pellitteri Giuseppe, n. a Partinico il 21/09/1956;
Vitale Pietro, n. a Palermo il 02/06/1967;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo in data 12/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Salzano, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Palermo di condanna di Pellitteri Giuseppe e Vitale Pietro per i reati di cui agli
artt. 48 e 479 c.p. (capo 1), 48 e 479 c.p. (capo 2) 48 e 479 c.p. (capo 3), in
relazione alla condotta di avere falsamente indicato nel progetto di risanamento
conservativo e manutenzione straordinaria con ristrutturazione di un fabbricato
un’altezza originaria di metri 6,30 in luogo di metri 4,50, con successiva
induzione in errore dell’Assessorato Regionale beni culturali ed ambientali,

Data Udienza: 19/12/2013

dell’Ufficio del Genio Civile e del Comune di Trappeto, riduceva la pena per
ciascuno ad anni uno e mesi due di reclusione.

2. Ha proposto ricorso anzitutto l’imputato Vitale Pietro tramite il proprio
difensore lamentando con un unico motivo la violazione degli artt. 530 599,192
c.p.p. e 157 c.p. sul punto della affermata penale responsabilità e della non

affermato che Pellitteri, quale proprietario richiedente, e Vitale, quale
progettista, avevano predisposto un progetto di risanamento conservativo e
manutenzione straordinaria con ristrutturazione di fabbricato nel quale era
indicata un’altezza originaria dell’immobile in metri 6,30, venendo
successivamente verificata un’altezza inferiore a metri 4,50, e che nel presentare
il progetto avevano indotto in errore sulla veridicità degli elaborati grafici e sulla
reale situazione di fatto il dirigente dell’assessorato regionale, il dirigente
dell’ufficio del genio civile di Palermo e i funzionari del Comune di Trappeto. Ciò
posto ricorda che, come assunto nel giudizio di merito, la differenza riscontrata
pari a metri 1,56 doveva essere imputata ad un diverso metodo di rilievo, posto
che il pavimento del manufatto da ristrutturare era a quota inferiore rispetto alla
sede stradale sicché la stessa dipendeva dal fatto che la misurazione fosse o
meno effettuata dall’interno del manufatto. In ogni caso la cubatura realizzata,
così come affermato dal consulente della difesa, era risultata inferiore a quella
potenzialmente realizzabile; di qui l’insussistenza di alcuna falsa o dolosa
rappresentazione dello stato di fatto pregresso del vecchio magazzino, giacché
nella relazione descrittiva e negli elaborati grafici redatti dal ricorrente era stato
evidenziato, conformemente al vero, che l’immobile consisteva in un magazzino
ad una sola elevazione fuori terra mentre l’opera che si intendeva realizzare si
sarebbe articolata su due distinti livelli di piano e con una diversa destinazione
urbanistica relativamente alla seconda elevazione fuori terra e che l’intervento
edilizio non avrebbe comportato alcun aumento di cubatura.
Ha presentato ricorso anche Pellitteri Giuseppe.
Con un unico motivo lamenta l’erronea applicazione della legge penale, avendo il
giudice basato il proprio convincimento sull’unico argomento, inaffidabile sul
piano critico, che l’altezza fronte strada, antecedente l’intervento edilizio, così
come rilevata dai carabinieri e pari a metri 4,50, era in contrasto con quanto
rappresentato nei rilievi grafici circa un’altezza di metri 6,30, rilevata tuttavia,
quest’ultima, come emerso dalle convergenti testimonianze assunte nonché da
quanto dichiarato dal consulente tecnico di parte, dal pavimento interno, che si
presentava a quota inferiore rispetto alla sede viaria; considerando poi che la
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ritenuta intervenuta prescrizione del reato. La sentenza impugnata avrebbe

cubatura realizzata dall’imputato era comunque inferiore a quella realizzabile
doveva ritenersi difettare ogni artificio o raggiro tale da avere indotto in errore
ben tre enti pubblici. Assolutamente inconsistente doveva poi ritenersi l’ipotesi
accusatoria del falso per induzione di cui al capo 2 d’imputazione essendo il
Genio Civile notoriamente preposto in via esclusiva a formulare il parere tecnico
di adeguatezza delle strutture portanti dell’opera da realizzare e prescindendo il

afferente la pianificazione e tutela ambientale del territorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Entrambi i ricorsi sono inammissibili.
Il ricorso di Vitale nonché il ricorso di Pellitteri ripropongono, a ben vedere, i
medesimi assunti (ovvero la non difformità tra altezza dichiarata ed altezza
effettiva stante la diversa metodologia di metratura adottata e la mancanza di
“utilità” del falso data la permanenza, in ogni caso, della medesima cubatura) già
motivatamente e coerentemente confutati dai giudici di appello.
La sentenza impugnata, dopo avere evidenziato come l’altezza dell’immobile di
Pellitteri, prima dell’intervento di restauro autorizzato, fosse di metri 4,74 e non
certo di metri 6,30, come invece attestato dagli imputati, ha infatti chiarito,
quanto al primo punto, che negli stessi allegati grafici elaborati da Vitale era
stata indicata l’altezza suolo – tetto in metri 6,30, in tal modo indicandosi e
disegnandosi non l’ipotetica altezza misurata dall’interno e dal denunciato
dislivello, bensì l’altezza dal piano stradale; anche la sentenza di primo grado,
cui quella impugnata ha fatto espresso riferimento, aveva evidenziato come sia
nel progetto che nei disegni ad esso allegati non si facesse alcun cenno al
dislivello del pavimento rispetto alla sede viaria e all’innalzamento all’esterno del
fabbricato; ed anzi, nei disegni relativi sia allo stato dei luoghi a quel momento
sia alla futura sistemazione, il fabbricato era stato espressamente raffigurato con
identiche altezze del prospetto (metri 6,30) e del retro prospetto (metri 8,8), a
riprova dell’intenzionale occultamento della diversa altezza iniziale.
Quanto poi al secondo punto, sempre la sentenza impugnata rileva come la
costruzione notevolmente più alta ed ampia certamente non sarebbe stata
consentita né autorizzata anche per i vincoli previsti dal d.P.R. n. 380 del 2001 e
dalla normativa relativa per gli immobili restaurati e ristrutturati nei centri
storici; anche in tal caso la sentenza di primo grado, sempre richiamata da
quella d’appello, ha poi in particolare chiarito che il progetto non avrebbe potuto
essere approvato posto che per gli immobili ubicati nella zona A, ovvero nel
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rilascio della relativa autorizzazione da ogni valutazione di natura urbanistica

centro storico, il piano regolatore generale vigente all’epoca (art.23 delle norme
di attuazione) prevedeva solamente interventi di tipo manutentivo o di restauro
e risanamento conservativo, ma non di ristrutturazione, quali quelli eseguiti nella
specie nel fabbricato in questione.
La sentenza impugnata ha aggiunto, quanto al rilievo secondo cui il calcolo della
cubatura non sarebbe mutato modificando la copertura da spiovente a retta e

della pendenza originaria del solaio e della profondità, non essere risultato dagli
stessi progetti allegati che fosse prevista la modificazione della copertura da
spiovente a retta, risultando anzi dall’originale dei progetti come fosse previsto il
mantenimento dell’inclinatura della copertura di quel solaio.
Neppure è ammissibile, infine, la censura riguardante, sempre sotto il profilo
della violazione di legge sostanziale, la non configurabilità della fattispecie di
falso per induzione contestata al capo 2) d’imputazione.
La sentenza impugnata ha posto in rilievo che i tecnici pubblici tratti in inganno,
basandosi soltanto sui dati progettuali recepiti in buona fede come veri, in
quanto asseverati dalla false dichiarazioni tecniche di Vitale, avevano rilasciato i
dovuti pareri e gli atti concessori a loro volta viziati di falsità, in essi
evidentemente compresa anche l’autorizzazione del Genio civile.
Ora, a fronte di tale affermazione, da rapportarsi alla contestazione
espressamente riportata nel capo 2) dell’imputazione, ove si è evidenziato che il
Genio Civile di Palermo si determinava, a seguito della presentazione del
progetto e della relazione descrittiva, ad emettere l’autorizzazione in data
30/01/2006, n. prot. 1282 con cui si affermava di avere “visto il progetto
architettonico redatto dal geom. Vitale Pietro”, il ricorrente si è limitato a porre
genericamente, e dunque inammissibilmente, in rilievo, l’astratta estraneità,
rispetto all’autorizzazione rientrante nei compiti dell’ufficio del Genio Civile,
indotto in errore nei termini appena considerati sopra, dei profili di natura
urbanistica coinvolti dal progetto e dalla relazione; ciò tanto più in quanto
l’innocuità dell’atto pubblico, nella specie sostanzialmente rivendicata dal
ricorrente, non va riferita all’uso che dell’atto si faccia ma all’ idoneità di questo
ad ingannare comunque la fede pubblica (cfr. Sez.3, n. 34901 del 19/07/2011,
Testori, Rv. 250825).

4. I ricorsi devono, in definitiva, essere dichiarati inammissibili. L’inammissibilità
degli stessi preclude il rilievo delle cause di non punibilità, ivi compresa
l’estinzione del reato per prescrizione, maturate successivamente alla pronuncia
della sentenza impugnata, essendo, come già enunciato da questa Corte a
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facendo media tra le altezze del fronte strada e del fronte retro e tenendo conto

Sezioni Unite, detto ricorso inidoneo ad instaurare validamente il rapporto di
impugnazione (per tutte, Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca). Ne segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle processuali e, non essendovi ragione
di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, quella al versamento della
somma, determinata in euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013

Il ConsAliey est.

Il Presidente

P.Q.M.

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