Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36959 del 10/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36959 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEQIRI ALEN N. IL 29/06/1988
avverso la sentenza n. 25/2013 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
12/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 10/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 12/6/2013, la corte d’appello di Trieste ha
confermato la condanna di Alen Beqiri alla pena di giustizia in relazione a taluni
episodi riguardanti il traffico di stupefacenti, commesso nei luoghi e nelle date
specificamente indicati nei capi d’imputazione.

2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato dolendosi della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte

un singolo episodio di detenzione di sostanze stupefacenti, nonché in relazione
alla determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Osserva il collegio come, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi considerare, detti motivi,
affetti da aspecificità.
La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni
del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente
dell’art. 591 co. 1 lett. c), c.p.p., all’inammissibilità del ricorso (Sez. 4,
Sentenza n. 5191 del 29/03/2000, Rv. 216473).
Nella concreta fattispecie, la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto
del proprio convincimento, vagliando analiticamente le questioni sottoposte al
suo esame ed evidenziando come la responsabilità dell’imputato emergesse
modo evidente sulla base del complesso degli elementi di prova acquisiti, che la
corte territoriale ha elaborato in modo coerente e persuasivo.
Osserva sul punto il collegio come le censure sollevate dalla difesa, rispetto
alle argomentazioni dipanate nella sentenza, valgono ad esprimere unicamente
un generico dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo
conforme dai giudici di primo e di secondo grado), invitando a una rilettura nel
merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una
motivazione della sentenza impugnata logicamente coerente e argomentata con
linearità, non apprezzandosi, nelle argomentazioni proposte dalla ricorrente, quei

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territoriale in relazione all’affermazione di responsabilità dello stesso riguardo ad

profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero assumere rilevanza in
questa sede.

4. Quanto alle doglianze relative al trattamento sanzionatorio, osserva il
collegio come il ricorrente invochi in questa sede un’inammissibile rinnovazione
della valutazione attraverso la quale il giudice di merito ha esercitato il potere
discrezionale a lui concesso dall’ordinamento ai fini della determinazione della
pena.

misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere
discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia
valutato globalmente gli elementi indicati nell’articolo 133 c.p..
Nel caso di specie, il giudice di merito ha ritenuto di determinare la pena
nella misura indicata tenuto conto della specifica gravità del fatto, caratterizzato
dalla pluralità delle cessioni e, pertanto, sulla base di indici di fatto pienamente
coerenti ai criteri previsti dall’art. 133 c.p..

5. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10/6/2015.

Al riguardo, è appena il caso di evidenziare come la determinazione della

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