Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36953 del 14/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36953 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ABBRUZZESE GIOVANNI N. IL 23/07/1959
avverso l’ordinanza n. 260/2013 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 29/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. fr1
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 14/07/2015

RILEVATO IN FATTO
1. La corte di appello di Catanzaro con ordinanza emessa il 29 settembre
2014 ha rigettato la dichiarazione di ricusazione del giudice dell’udienza
preliminare del tribunale di Catanzaro, dottoressa Adriana Pezzo, presentata da
Abbruzzese Giovanni. Nella decisione il Collegio, richiamandosi alla sentenza
emessa dalla Corte di Cassazione n. 3840 del 1999, ha ritenuto che la pronuncia
di una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di altri coimputati di

2. Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso per cassazione Abbruzzese
Giovanni, a mezzo del difensore di fiducia, per inosservanza di norme processuali
e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e ne chiede
l’annullamento. Sostiene il ricorrente che la decisione non appariva conforme alla
natura assunta dall’udienza preliminare che, a seguito della legge n. 479 del
1999, aveva assunto connotazioni di un giudizio di merito rientrando nella sfera
di operatività dell’art. 34 del codice di rito. Il ricorrente riferisce che nel corso di
processo cumulativo la sua posizione era stata stralciata per difetto di notifica e
che il giudice dell’udienza preliminare, dopo aver emesso tre sentenze di
proscioglimento ed il rinvio a giudizio di altri coimputati, aveva esaminato la sua
posizione, omettendo di astenersi e rendendo legittima la dichiarazione di
ricusazione. Ad avviso del ricorrente quindi la sentenza di non luogo a procedere
emessa nei confronti dei coimputati del medesimo reato aveva esercitato la
giurisdizione in riferimento alla stessa res iudicanda ed aveva espresso un
giudizio di merito in violazione dei principi della imparzialità e terzietà del
giudice.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto di dichiarare
inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato. La Corte Costituzionale, nella sentenza
n. 335 del 2002, ha rilevato come, a seguito delle innovazioni legislative
ricordate dal ricorrente (legge n. 479 del 1999), l’incremento
quantitativo e qualitativo dei poteri riconosciuti al giudice e alle parti e,
corrispondentemente, l’ampiezza delle valutazioni e del contenuto delle decisioni
che lo stesso giudice è chiamato a prendere all’esito dell’udienza preliminare,
abbiano determinato il venir meno di quei caratteri di sommarietà, propri di una
decisione orientata esclusivamente allo svolgimento del processo che in
precedenza connotavano detta sede, quale momento processuale
1

Abbruzzese non costituisse valida causa di ricusazione.

fondamentalmente orientato al controllo dell’azione penale promosso dal
pubblico ministero, in vista dell’apertura della fase del giudizio, così che l’udienza
preliminare nel suo epilogo decisorio è divenuta essa stessa un momento di
«giudizio». Essa pertanto, ove ne sussistano gli ulteriori presupposti, rientra
nelle previsioni dell’art. 34 cod. proc. pen. che dispongono l’incompatibilità del
giudice che abbia già giudicato sulla medesima res iudicanda (v. altresi, in
termini sostanzialmente corrispondenti, la sentenza n. 224 del 2001 e le
ordinanze n. 367 e n. 490 del 2002). Tuttavia, la pronuncia deve essere

pronunce del giudice delle leggi. Occorre allora ricordare brevemente i principi
fondamentali:
– per la ricorrenza di un’ipotesi di incompatibilità del giudice occorre che le
precedenti valutazioni, anche di merito, siano state compiute in fasi diverse del
procedimento e non nel corso della medesima fase (cfr. ex multis ordinanze n.
370 del 2000 e n. 232 del 1999; sentenza n. 131 del 1996);
– nell’ipotesi di reato concorsuale, l’incompatibilità a giudicare sussiste nei
casi in cui il giudice si sia dovuto occupare della posizione di un terzo,
formalmente non imputato, e abbia dovuto valutarla incidentalmente. In questi
casi, è stato detto, è il principio costituzionale del giusto processo, che attinge
alla pienezza del suo valore solo se inteso nel suo significato sostanziale, ad
impedire che uno stesso giudice valuti più volte, in successivi processi, la
responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato. Si è detto
che “La capacità di qualificazione che quel principio possiede trascende, a ben
vedere, la particolare struttura dei reati a concorso necessario e abbraccia in un
medesimo giudizio di disvalore tutte le ipotesi in cui, qualunque ne sia stato il
motivo, il giudice, nella sentenza che definisce il processo, abbia incidentalmente
espresso valutazioni di merito in ordine alla responsabilità penale di un terzo non
imputato in quel processo (a prescindere dalla legittimità di tali valutazioni). La
non configurabilità del reato ascritto agli imputati a causa della mancanza di un
ulteriore reo non è, infatti, che l’antecedente logico-giuridico, o, se si preferisce,
la giustificazione della concreta valutazione compiuta in quel processo della
condotta di un non imputato. Ma, ai fini delle garanzie costituzionali alle quali la
disciplina legale delle incompatibilità deve essere improntata, viene in
considerazione solo l’effettivo compimento di tale valutazione, poiché è solo
questo a determinare il pregiudizio.”. La causa di incompatibilità va quindi
ravvisata nel fatto che una valutazione di responsabilità sia stata compiuta dal
giudice nei confronti di un soggetto che non era parte del procedimento;
4. – le S.U. n. 36847 del 2014, in relazione ad un processo in fase
dibattimentale hanno enunciato il seguente principio di diritto (valido a fortiori
2

inquadrata nel sistema delle incompatibilità, come risultante dalle innumerevoli

per l’udienza preliminare): “L’ipotesi di incompatibilità del giudice derivante dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 – che ha dichiarato la
incostituzionalità dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., «nella parte in cui non
prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il
giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza
nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in
ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata» – sussiste
anche con riferimento alla ipotesi in cui il giudice del dibattimento abbia, in

richiesta nei confronti di un concorrente necessario dello stesso reato”.
3. Alla luce dei principi sopra espressi, essendosi il compito del giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro limitato a disporre il rinvio a
giudizio di Abbruzzese, deve escludersi che la pronuncia nella stessa fase di una
sentenza di non luogo a procedere nei confronti dei coimputati abbia avuto ex se
effetto pregiudicante nei confronti del medesimo, tanto più che questi non indica
in cosa detto pregiudizio sia consistito.

P.Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

separato procedimento, pronunciato sentenza di applicazione della pena su

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