Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36946 del 21/07/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36946 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZACOMETTI GIUSEPPE N. IL 09/02/1970
avverso l’ordinanza n. 832/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
21/10/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
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Data Udienza: 21/07/2015

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1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Il Tribunale di Lecce con ordinanza del 31.10-3.11.14 ha confermato
l’ordinanza cautelare emessa dal locale GIP il 22.9.14 nei confronti, tra gli altri, di
GIUSEPPE ZACOMETTI, per reati ex artt. 416-bis c.p. pluriaggravato (capo a,
partecipazione con funzioni esecutive, spedizioni puntitive o recupero somme

estorsione in concorso e aggravata in danno della ditta Alpin srl (capo o), concorso
nella tentata estorsione del capo s). Ha invece annullato l’ordinanza per il reato di
cui al capo w1)
2.

Ricorre ZACOMETTI a mezzo del difensore avv. Giuseppe Cagnetta,

enunciando tre motivi di violazione di legge e vizi alternativi della motivazione in
ordine:
– all’art. 292 c.p.p. comma 2 lettere c) e c-bis) e comma 2 ter, per l’omesso
esame della specifica posizione del ricorrente, per la mancata argomentazione
sull’eccezione pertinente;
– agli artt. 268-271 c.p.p. per la mancata legittima verbalizzazione dell’inizio e
del termine delle operazioni di intercettazione (unico contestuale e quindi postumo
verbale stampato a computer per ciascun decreto autorizzativo, indicazione della
partecipazione di più operatori non indicati espressamente, unica sigla non
leggibile);
– alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria relativamente al capo A, per
l’assertiva affermazione della ripresa di una effettiva struttura associativa animata
da D’Oronzo e De Vitis solo a seguito della ripresa dei loro rapporti di
frequentazione dal novembre 2011, dopo lunghissimi periodi di detenzione e il
conseguente intervenuto scioglimento del loro clan; all’inidoneità degli elementi
sintomatici indicati dal Tribunale quanto all’assistenza legale (per l’occasionalità
dell’attivazione di De Vitis in suo sostegno, individuale e non strutturale associativo,
inidonea a dar conto di un generalizzato metodo solidaristico); in definitiva dalle
intercettazioni emergerebbe una situazione di disordine al più indice di una
embrionale intenzione di realizzare illeciti e predisporre una struttura associativa al
momento inesistente o del tutto rudimentale, a fronte dell’operare di altri soggetti
criminali nel periodo di detenzione dei due presunti capi; ZACOMETTI avrebbe solo
partecipato all’estorsione Alpin ed alle tentate estorsioni;

estorte, all’associazione di tipo mafioso denominata clan D’Oronzo-De Vitis),

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2

– quanto all’estorsione del capo o) non sussisterebbe gravità indiziaria, in
particolare la persona offesa non avrebbe fatto cenno al ricorrente;
– quanto alla tentata estorsione del capo s), il mero accompagnamento di De
Vitis sarebbe irrilevante mancando prova della presenza nel momento di richieste
estorsive, né le telefonate lo vedrebbero protagonista.

RAGIONI DELLA DECISIONE

al pagamento delle spese processuali.
Il primo motivo svolge deduzioni solo assertive.
Quanto al secondo motivo, vanno riprese le considerazioni svolte nella
definizione di altro ricorso dell’odierna udienza, proposto da coindagato, che
impongono l’affermazione di infondatezza della censura. Il motivo è infatti
infondato nei termini che seguono. In ripetute pronunce questa Corte ha affermato
che l’art. 268 c.p.p. disciplina le operazioni di registrazione e ascolto delle
conversazioni. Delle operazioni di registrazione ed ascolto delle singole
conversazioni deve essere redatto verbale (268.1) e le stesse debbono essere
compiute presso gli impianti installati nella procura della Repubblica, salvo
provvedimento motivato del pubblico ministero che, ricorrendone le condizioni,
disponga il loro compimento mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione
alla polizia giudiziaria (268.3). L’inosservanza di queste due specifiche disposizioni,
tra le varie contenute nell’art. 268, determina l’inutilizzabilità delle conversazioni
intercettate (art. 271.1). Nel caso di specie è pacifico che l’eccezione riguardi i
diversi verbali di inizio e termine delle operazioni, cui fa riferimento l’art. 267.5, e
relativi all’indicazione della durata temporale della complessiva attività di
intercettazione autorizzata per le singole utenze o i singoli ambienti privati. Non è
estensibile alle irregolarità eventualmente afferenti questo dato la sanzione
dell’inutilizzabilità che l’art. 271.1 prevede con riferimento ai commi primo e terzo
dell’art. 268. Non risulta pertanto rilevante, nel caso, la questione del rapporto tra
gli artt. 268.1, 271.1 e 89 disp. att. c.p.p., atteso che il primo comma di
quest’ultima norma espressamente richiama il solo primo comma dell’art. 268
c.p.p.. Esclusa pertanto l’applicabilità dell’art. 271.1, nella fattispecie risulta che i
vari verbali di inizio e termine delle operazioni indicano specificamente, per ciascun
‘obiettivo’, giorni ed ore di inizio e termine della complessiva attività; i verbali non
indicano specificamente i nominativi delle persone che hanno operato la prima ed
ultima registrazione/ascolto e recano alcuni la mera sigla non immediatamente
riconducibile a generalità specifica. Tuttavia, non risultando dedotto dal ricorrente

3. Il ricorso deve essere rigettato. Conseguente è la condanna del ricorrente

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che i verbali delle operazioni di registrazione/ascolto relativi alla prima ed all’ultima
delle singole intercettazioni siano prive dell’indicazione specifica dei soggetti che
hanno proceduto alla contingente operazione, non risulta configurabile alcuna
obiettiva e non superabile incertezza, tale da determinare una nullità idonea a
imporre la non utilizzabilità delle intercettazioni valutate dal Tribunale (per tutte,
Sez.6 sentenze 9666/15 e 53852/14).
Il terzo motivo è inammissibile perché si risolve in precluse censure di merito.

dell’associazione, dopo che i due ‘capi’, D’Oronzo e De Vitis, avevano acquisito
almeno in parte autonomia di movimento con le anche parziali cessazioni di un
integrale regime carcerario, con la ripresa di rapporti strutturati con più sodali
rivitalizzati dalla nuova presenza dei ‘vecchi’ capi (p. 9-34). La critica del ricorrente
agli elementi di fatto ritenuti da entrambi i Giudici del merito cautelare sintomatici
della ricostituzione di una realtà associativa autonoma, a fronte di motivazione
specifica rihiamante dati non palesemente incongrui agli assunti affermati, si risolve
in preclusa sollecitazione alla rivalutazione di tali elementi di prova. Il che è anche
per la specifica posizione di Zacometti (la cui partecipazione è specificamente
motivata alle pp. 34-36), avendo il Tribunale spiegato perché sussiste adeguata
gravità indiziaria di una sua partecipazione che va oltre i singoli episodi
connotandosi di consapevole personale ed efficace partecipazione a comune scopo
sociale.
Diversi dai consentiti, perché ugualmente afferenti censure di solo merito
probatorio, sono pure gli ultimi due motivi: il Tribunale ha argomentato
specificamente le ragioni della giudicata partecipazione di Zacometti ai reati di cui ai
provvisori capi o) ed s) (p. 45 e 46; 48, 49 e 53). Il ricorrente non indica specifici a
tassativi vizi nel ragionamento posto a base di tali valutazioni, ma contesta in
definitiva l’adeguatezza dell’apprezzamento del materiale probatorio richiamato: ma
ciò si risolve in sollecitazione a preclusa rivalutazione del merito.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94.1-ter disp. att.
c.p.p..
Così deciso in Roma, il 21.7.2015

Il Tribunale ha esposto in modo analitico le ragioni della ritenuta ricostituzione

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