Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36937 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36937 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

Data Udienza: 18/03/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARO MASSIMO EMILIANO N. IL 05/07/1976
avverso l’ordinanza n. 1745/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
05/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
ntite le conclusioni del PG Dott. PL-K-ettrxe-

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Csik

Uditi difensor Avv.;

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R.G. n.5227/2014

Ricorrente Ferraro Massimo Emiliano

Ritenuto in fatto
Con ordinanza pronunziata in data 5 novembre 2013, il Tribunale di Milano Sezione del riesame respingeva l’istanza,proposta da
Emiliano

FERRARO Massimo

di sostituzione con gli arresti domiciliari, della custodia cautelare in

carcere nei suoi confronti applicata con ordinanza emessa il 2 ottobre 2013, dal
GIP del Tribunale di Milano quale indagato del reato previsto dagli artt.110 cod.
pen., 73, commi 1 e 6 d.P.R. n. 309/1990 e 7 legge n. 203/1991 di D illecita
detenzione a fini di spaccio e di cessione a Luca Amici, di gr. 994 lordi di
cocaina, contenenti gr. 456,47 di principio attivo; con le aggravanti di aver
commesso il fatto in tre persone,in concorso con Mollica Francesco ed altri, al
fine di finanziare e di agevolare le finalità dell’associazione di stampo mafioso
denominata `ndrangheta, storicamente radicata in Calabria,ma operante anche in
Lombardia ed in particolare la cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti; in Sesto
S.Giovanni il 18 giugno 2011 ( capo n.26). Detta misura custodiale intramuraria
veniva disposta sul rilievo della persistenza del pericolo concreto ed attuale di
reiterazione della condotta criminosa,previo richiamo alle ragioni poste alla base
dell’ordinanza di custodia cautelare precedentemente 8 ottobre 2012 in ordine
ad altre violazioni dello stesso art. 73 d.P.R. n. 309/1990, contestate allo stesso
prevenuto.
Il Ferraro era stato frattanto condannato alla pena di anni quattro e mesi dieci
di reclusione ed euro 26.000,00 di multa, con sentenza emessa dal GIP del
Tribunale di Milano in data 2 luglio 2013, in esito a giudizio abbreviato, quale
responsabile dei delitti di illecito acquisto, in concorso, di quantitativi
imprecisati di cocaina, da tale Zighini Rocco, in Trezzano sul Naviglio il 26
marzo 2011 (capo n. 20 ); di cessione a fini di spaccio, a Tafani Davide di kg.
1,010 della stessa sostanza stupefacente,in Rho il 18 aprile 2011 (capo n.23) ;
di illecita detenzione a fini di spaccio e di cessione a Luca Amici, di gr. 994 lordi
di cocaina, contenenti gr. 456,47 di principio attivo, in Sesto S.Giovanni il 18
giugno 2011 ( capo n.26).
Ricorre per cassazione il Ferraro, per tramite del difensore, deducendo un unico
motivo per violazione di legge e per vizio della motivazione, così sintetizzato.
Si duole il difensore di come il Tribunale del riesame abbia acriticamente
richiamato il contenuto dell’ordinanza del GIP, applicativa della misura cautelare,
omettendo sia di confutare le specifiche censure dedotte con il ricorso proposto
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ex art. 309 cod.proc.pen. sia di considerare anche le statuizioni della sentenza
di primo grado, di assoluzione del Ferraro da tre dei cinque delitti cointestatigli;
sentenza che aveva altresì escluso la sussistenza dell’aggravante prevista
dall’art. 7 della legge n. 203 del 1991. Né il Giudice del riesame aveva dato
conto del dedotto affievolimento delle esigenze cautelari in considerazione del
reperimento di lecita attività lavorativa,da parte dell’imputato e dell’insorgenza di
patologie nella figlia minore, a causa dell’assenza del padre,dovuta allo stato di
detenzione.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e deve quindi esser respinto con ogni conseguente effetto a
carico dell’imputato, ex art. 616 cod. proc. pen.
Ad escludere la ricorrenza delle dedotte censure, osserva il Collegio che il
Tribunale ( previo richiamo all’ordinanza emessa dallo stesso Collegio in data 29
ottobre 2013, in reiezione dell’appello proposto avverso altra ordinanza del GIP
in data 12 settembre 2013, di rigetto della richiesta di sostituzione della misura
cautelare in carcere con gli arresti domiciliari ) ha opportunamente ed
esaustivamente evidenziato che, pur risultando ridimensionate le originarie
accuse e pur essendo stato il Ferraro assolto da taluni delitti di cui all’art. 73
d.P.R. n. 309/1990, originariamente contestatigli, la misura custodiale meno
afflittiva, basata sullo spontaneo autocontrollo del soggetto ,non era idonea a
tutelare la collettività dal rilevante e grave pericolo di recidiva,essendo il Ferraro
pacificamente legato da stretti vincoli di contiguità con appartenenti di spicco
della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara. L’obiettivo l’incrementarsi del pericolo
di recidiva è stato altresì logicamente desunto dal Tribunale dal fatto che, ove
l’imputato fosse stato collocato agli arresti domiciliari nei luoghi di origine, ne
sarebbe risultato così agevolato il ” reinserimento” nel contesto criminale di tipo
mafioso nel cui ambito si era sviluppato il programma criminale volto alla
commercializzazione degli stupefacenti sulla piazza milanese. Il Collegio del
riesame ha inoltre ribadito la indubbia ininfluenza, sotto il profilo cautelare, sia
delle “manifestazioni di disagio ” della figlia minore del prevenuto, nata tre anni
prima dell’avvio dell’ingente traffico di stupefacenti promosso dal Ferraro sia del
pregresso protrarsi dello stato detentivo cautelare in carcere; ciò non avendo
dissuaso ( come dimostrato dalle indagini svolte per alcuni mesi del 2011 ) i
correi dall’attuare in modo continuo e sistematico, il traffico di stupefacenti. Ha
infine ribadito il Tribunale,facendo appello ad incontestabili massime di comune
esperienza ed a ragioni di buon senso, che doveva giudicarsi “esile elemento di
novità ” – come tale non dirimente – la prospettata attività lavorativa di aiuto
pasticcere ( che il Ferraro avrebbe dovuto esercitare ove posto agli arresti

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domiciliari ) per un soggetto trasferitosi in Lombardia quale titolare di impresa
edile-artigianale per poi ivi dedicarsi al lucroso traffico di stupefacenti.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al

stabilito dall’articolo 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc.pen.
Così deciso in Roma, lì 18 marzo 2014.

Direttore dell’istituto penitenziario di competenza perché provveda a quanto

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