Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36932 del 02/07/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36932 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSI PIETRO N. IL 29/07/1962
avverso l’ordinanza n. 110/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
03/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 02/07/2015

RITENUTO IN FATTO
1 Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento disposto da questa Suprema
Corte (Sezione 4, sentenza n. 35313/2013), la Corte d’Appello di Roma con ordinanza
del 3.12.2013 ha riconosciuto a Rosi Pietro (assolto dai reati di associazione a
delinquere e traffico di stupefacenti) un indennizzo nella misura di 1/5 di quella
spettante col criterio aritmetico per i 622 giorni di ingiusta detenzione sofferta in
carcere, ed ha liquidato la somma di €. 29.340,00. Secondo la Corte d’Appello, le
giustificazioni date dal Rosi al GIP in ordine agli stretti rapporti con i trafficanti, anche

evidenziavano, per il loro contenuto, una colpa”media” nella determinazione del
permanere dello stato di detenzione.
2

Contro l’ordinanza il difensore ha proposto ricorso per cassazione

denunziando la violazione dell’art. cpp e il vizio di motivazione (contraddittorietà e
manifesta illogicità). Innanzitutto dichiara di non comprendere come sia possibile un
accoglimento parziale della domanda, potendosi –

“a tutto voler concedere”

giustificare solo rispetto al quantum. Dichiara poi di non condividere il principio di
graduazione della colpa affermato di recente, perché il legislatore richiama la sola
“colpa grave” (come peraltro affermato dalla più risalente giurisprudenza).
Ritiene inoltre impossibile che dichiarazioni ritenute attendibili e veritiere dal
giudice di merito (quelle riguardanti la consegna delle chiavi, il conteggio dei soldi e
l’invito ad un conoscente di gettare nel water il contenuto di una busta) possano
essere poi ritenute sintomatiche di qualche profilo di colpa (anche lieve) nel
procedimento di indennizzo per ingiusta detenzione.
Altro errore della Corte d’Appello consiste, ad avviso del ricorrente, nell’avere
preso in considerazione le intercettazioni delle telefonate tra Rosi e tale “Sergio”,
conversazioni che nel giudizio di merito erano state ritenute inutilizzabili. Ritiene
pertanto violato il principio di diritto secondo cui l’inutilizzabilità dei risultati delle
intercettazioni, accertata nel giudizio penale di cognizione, ha effetti anche nel giudizio
promosso per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione.
Infine, si censura pesantemente la decisone laddove, pur ravvisando una “colpa
lieve”

ha poi ridotto drasticamente il quantum dell’indennizzo (ad un quinto

dell’importo richiesto).
3 Il Procuratore Generale ha concluso per l’annullamento con rinvio sul
quantum.
4 Il Ministero dell’Economia e Finanze ha depositato una memoria difensiva con
cui insiste per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato sotto il profilo del vizio motivazionale in relazione alla
determinazione del quantum dell’indennizzo.

se non integravano una colpa grave tale da escludere il diritto all’indennizzo,

Va premesso che, per la giurisprudenza di legittimità più recente ed ormai
consolidata – a cui oggi il Collegio ritiene di dare continuità – in tema di riparazione per
ingiusta detenzione, solo il dolo o la colpa grave dell’istante costituiscono cause
ostative al sorgere del diritto all’indennizzo, ma ciò non toglie che il giudice possa
valutare, ai fini della riduzione della sua entità, eventuali condotte dello stesso che
abbiano comunque concorso a determinare lo stato di detenzione e che siano
caratterizzate da colpa lieve (cfr. tra le varie, Sez. 4, Sentenza n. 27529 del
20/05/2008 Cc. dep. 07/07/2008 Rv. 240889; Sez. 4, Sentenza n. 2430 del

29/01/2014 Cc. dep. 27/05/2014 Rv. 259212).
Nel caso di specie la Corte d’Appello, con l’ordinanza oggi impugnata, ha
riconosciuto il diritto del Rosi all’indennizzo per l’ingiusta detenzione, escludendo la
colpa grave nella determinazione della permanenza della relativa causa e ravvisando
invece una colpa “media” rappresentata dalle dichiarazioni rese dal Rosi prima in sede
di interrogatorio davanti al GIP in data 13.7.2007 e, successivamente, all’udienza del
17.4.2008 (dichiarazioni di cui ha riportato i passaggi ritenuti rilevanti circa il possesso
delle chiavi della casa di Cugini Stefano, il conteggio dei soldi custoditi in casa del
Cugini, fatto dal Rosi su incarico del

Cugini stesso e circa il contenuto della

conversazione telefonica con tale Sergio).
Ebbene, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, il giudice di merito non
aveva affatto ritenuto che le circostanze ammesse dal Rosi all’udienza del 17.4.2008
fossero “attendibili”

e “veritiere”,

ma aveva semplicemente osservato che tali

circostanze (le chiavi, il conteggio del danaro e la busta) costituivano elementi indiziari
sui quali il ricorrente aveva fornito spiegazioni alternative a quelle dell’accusa, “più o
meno plausibili” (cfr. al riguardo pag. 5 ordinanza impugnata laddove sintetizza il
relativo passaggio della sentenza di assoluzione).
Inoltre – e sempre contrariamente a quanto affermato dal ricorrente l’ordinanza impugnata non ha affatto attribuito rilievo probatorio alla telefonata con
“Sergio” (di cui era stata dichiarata l’inutilizzabilità), ma ha focalizzato la sua
attenzione sulle dichiarazioni rese dal Rosi al GIP, limitandosi a ritenere poco plausibile
la giustificazione che egli aveva dato circa la soppressione della busta nell’impianto WC
di casa materialmente eseguita da Sergio su sua richiesta.
La motivazione appare invece effettivamente carente in ordine alla concreta
quantificazione dell’indennizzo.
E’ necessario premettere che il controllo sulla congruità della somma liquidata a
titolo di riparazione è sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il
giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento, senza sindacare la
sufficienza o insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che, discostandosi
sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri

3

13/12/2011 Cc. dep. 20/01/2012 Rv. 251739; Sez. 4, Sentenza n. 21575 del

manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la
somma dovuta (v. sez. 4, Sentenza n. 997 del 17/12/2013 Cc. dep. 13/01/2014 Rv.
257907; Sez. 4^, n. 10690 del 25/02/2010, Cammarano, Rv. 246424).
Inoltre, si è già opportunamente osservato in giurisprudenza che in tema di
riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice, nel far ricorso alla liquidazione
equitativa, deve sintetizzare i fattori di analisi presi in esame ed esprimere la
valutazione fattane ai fini della decisione, non potendo il giudizio di equità risolversi nel
“merum arbitrium”,

ma dovendo invece essere sorretto da una giustificazione

parte dei destinatari e dei consociati (v. Sez. 4, Sentenza n. 21077 del 01/04/2014 Cc.
dep. 23/05/2014 Rv. 259236; Sez. 4, Sentenza n. 1744 del 03/06/1998 Cc. dep.
13/07/1998 Rv. 211646).
La Corte d’Appello di Roma, nel caso di specie, ha dapprima proceduto col
parametro aritmetico e poi, avendo ravvisato la colpa

“media”,

ha ritenuto

equitativamente di ridurre, per i 622 giorni di detenzione intramuraria l’indennizzo a C.
47,17 al giorno, con un abbattimento nella misura dell’80%, rispetto quello che
sarebbe spettato in caso di assenza di colpa sulla base del mero parametro aritmetico
(quantificato in C. 235,86 giornalieri), ed ha così ottenuto l’importo di C. 29.340,00.
A fronte di una tale drastica riduzione, la Corte d’Appello avrebbe però dovuto
procedere ad una critica “valutazione dei fattori di analisi presi in esame” e dare una
“giustificazione adeguata e logicamente congrua” per consentire il necessario controllo,
ma ciò non è stato fatto, essendosi limitata a ravvisare una colpa “media” nell’assenza
di spiegazioni circa i rapporti con i trafficanti e nella omessa indicazione di elementi
investigativi importanti (per effetto dell’esercizio della facoltà di non rispondere) e,
infine, nel mancato assolvimento dell’onere probatorio ex art. 2697 cc. riferendosi
evidentemente, sotto quest’ultimo profilo, alla prova delle ulteriori conseguenze
personali e familiari che il ricorrente avrebbe potuto dedurre.
Quest’ultimo rilievo evidenzia anche un palese errore di diritto perché le
ulteriori conseguenze pregiudizievoli di carattere personale e familiare, se provate,
comportano solo un aumento della base determinata dal calcolo matematico attraverso
la prevalenza del criterio equitativo: l’art. 314 c.p.p., con il richiamo alla custodia
cautelare subita, intende anzitutto garantire l’indennizzo per il danno derivante dalla
mera privazione della libertà personale e dalle dirette conseguenze di questa
privazione sul piano delle attività e dei rapporti personali e il parametro giornaliero va
dunque ad esse commisurato.
Le ulteriori conseguenze vanno invece separatamente considerate e
indennizzate nel limite del tetto massimo previsto e, in relazione alle medesime (cfr. al
riguardo Sez. 4, Sentenza n. 10690 /2010 cit.; Sez. 4, Sentenza n. 21077/2014 cit.).

4

adeguata e logicamente congrua, così assoggettandosi alla possibilità del controllo da

Si rende necessario l’annullamento dell’ordinanza affinché il giudice del rinvio
proceda a quantificare l’indennizzo dando adeguatamente conto, sulla scorta degli
esposti principi, della valutazione equitativa in concreto operata.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 2.7.2015.

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