Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36930 del 23/06/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36930 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FOLIGNO ANTONIO N. IL 25/02/1939
avverso l’ordinanza n. 1150/2014 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
22/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELI ABE T
4We/sentite le conclusioni del 10•G- Dott. CA,-LO

L.Q

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Data Udienza: 23/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del riesame di Roma, con ordinanza del 22 dicembre 2014, ha
rigettato il riesame proposto da Foligno Antonio, avverso l’ordinanza del giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma che aveva disposto in data
28 ottobre 2014 il sequestro preventivo dei conti correnti intestati a Villa Tiberia
srl., di cui l’indagato Folgino è stato legale rappresentante, quale profitto diretto
dei reati di cui agli artt. 10 bis e 10 ter D.Igs n. 74/2000 (anni d’imposta 20082011), commessi negli anni in cui amministratore unico era il Foligno, nonché,

fiscale, pari ad euro 10.152.930,59, il sequestro, finalizzato alla confisca per
equivalente di cui all’arti, comma 143, I. n.244 del 2007, nei confronti
dell’indagato.
2. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento del
provvedimento, lamentando: 1) Erronea applicazione dell’art. 321, c. 2 c.p.p. in
relazione all’arti c. 143 legge n. 244 del 2007 e 322 ter c.p., e mancanza di
motivazione nonché manifesta illogicità della motivazione, atteso che la società
Villa Tiberia srl è stata ammessa all’Amministrazione straordinaria, giusto
provvedimento pubblicato nella G.U. n. 261 del 10 novembre 2014, ed il Collegio
del riesame ha ignorato tale circostanza, che rappresentava un fatto nuovo che
rende il provvedimento ablatorio in contrasto con le finalità della procedura
concorsuale in argomento; inoltre l’apertura della procedura determina la
sottrazione del compendio aziendale alla disponibilità dell’imprenditore,
diventando tali beni indisponibili; ciò è tanto più vero in quanto lo stesso G.I.P.
ha autorizzato l’organo titolare della procedura ad utilizzare le somme giacenti
sui conti correnti intestati alla società; tale procedura ha inoltre estromesso il
ricorrente dalla società, per cui non può consolidarsi alcun profitto ingiusto e
vengono meno i presupposti del provvedimento cautelare per equivalente; 2)
Erronea applicazione dell’art. 321, c. 2 c.p.p. in relazione all’art.1 c. 143 legge n.
244 del 2007 e 322 ter c.p., e manifesta illogicità della motivazione: la
motivazione è illogica, laddove i giudici hanno rilevato che i beni sottoposti a
sequestro risultano inferiori all’ammontare del debito tributario, senza
considerare che il valore dell’impresa, secondo quanto emerso dalle valutazioni
effettuate nell’ambito del concordato preventivo si aggira intorno ai
67.000.000,00, per cui la soddisfazione del credito tributario è garantita, come
riconosciuto nel sopramenzionato provvedimento del G.I.P. di autorizzazione alla
gestione dei conti da parte del Commissario Straordinario; risulta pertanto
l’assenza di esigenze cautelari atte a giustificare il sequestro per equivalente
sulle disponibilità finanziarie ed immobiliari del Foligno; 3) Erronea applicazione
dell’art. 321, c. 2 c.p.p. in relazione all’art.1 c. 143 legge n. 244 del 2007 e 322
ter c.p., e manifesta illogicità della motivazione, in quanto, considerato il

per il caso in cui i beni della società non raggiungessero il valore dell’evasione

carattere afflittivo della confisca per equivalente, la stessa presuppone il fumus
commissi delicti. L’autorità giudiziaria, pur avendo rilevato che le cause della crisi
aziendale sono da ricercare, tra l’altro, in investimenti in attrezzature
specialistiche e nella riduzione dei rimborsi per le prestazioni svolte in regime di
convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale (con il quale pende contenzioso
per rilevante importo), tale elemento non è stato considerato sotto il profilo
dell’elemento soggettivo del reati ipotizzati ed i giudici del riesame hanno
motivato in maniera illogica, ritenendo sussistenti elementi indicativi della

momento di indisponibilità ai versamenti, dimostrato dalle procedure concorsuali
avviate.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che, in tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla
confisca per equivalente prevista dall’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del
2007 va riferito all’ammontare dell’imposta evasa, che costituisce un indubbio
vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, in quanto
tale, riconducibile alla nozione di profitto del reato, costituito dal risparmio
economico conseguente alla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione
fiscale, di cui certamente beneficia l’autore del reato; a tal fine, per la
quantificazione di questo risparmio, deve tenersi conto anche del mancato
pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all’accertamento del
debito tributario (cfr. Sez. 3, 23 ottobre 2012, n. 45849).
2. Come è noto, in riferimento al ricorso per cassazione contro le ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, lo scrutinio di questa
Corte deve limitarsi alla verifica sia degli “errores in iudicando” o “in
procedendo”, sia di quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato
argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo
dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo
a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (così, Sez. U, n.
25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692).
2. Pertanto il ricorso risulta inammissibile laddove, pur richiamando l’erronea
applicazione di legge, censura nella sostanza esclusivamente la illogicità
dell’apparato motivazionale dell’ordinanza impugnata, come risulta di evidenza
nell’esposizione del terzo motivo di ricorso e in alcuni passi espositivi degli altri
due motivi di ricorso.
3. Passando all’esame delle altre censure, per la parte in cui lamentano erronea
applicazione di legge e mancanza di motivazione non avendo i giudici del
riesame considerato che Villa Tiberia srl era stata sottoposta ad Amministrazione
straordinaria – situazione asseritamente inconciliabile con il sequestro preventivo

volontà del Foligno e di omettere i versamenti; né è stato considerato il

dalla stessa subita essendovi stata sottrazione delle somme di denaro e dei beni
alla società per effetto della procedura – va evidenziato che in relazione a questa
parte di censura, il Foligno è privo di interesse a ricorrere. Di fatti, in relazione al
sequestro, in via diretta, del profitto dei reati in capo alla persona giuridica, è
pacifico che l’indagato non ha alcuna legittimazione ad adire

41

Tribunale del

Riesame invocando la restituzione di quanto in sequestro e a rivolgersi poi alla
Corte di cassazione, insistendo nella censura avverso il vincolo cautelare reale
apposto sui conti correnti intestati alla società, come egli stesso riconosce

all’Amministratore straordinario, ad operare sui predetti conti correnti.
4.

D’altra parte va anche osservato che il Foligno, insistendo in tale

argomentazione, finisce per dolersi implicitamente, e contraddittoriamente, che il
sequestro per equivalente, del valore residuo, operato sui beni di esso ricorrente,
non resti unica garanzia per la futura confisca, atteso che, nel caso in cui il
sequestro a fini di confisca diretta del profitto non sia possibile nei confronti della
persona giuridica, perchè il denaro o i beni non sono rimasti nella disponibilità
della stessa, è sempre consentito apporre il vincolo cautelare per equivalente
sui beni nella disponibilità dell’indaTo persona fisica.
5. Peraltro, non è affatto vero chey ribunale del riesame non abbia dato conto
della situazione afferente la società Villa Tiberia srl.: i giudici hanno dato atto
dell’Amministrazione straordinaria ed hanno respinto le deduzioni difensive
dell’indagato loro proposte, di analogo contenuto, escludendo che tale situazione
impedisca l’apprensione dei beni della società; tale affermazione risulta del tutto
corretta, essendo evidente che con la procedura di amministrazione straordinaria
ex art. 18 della legge ’99, si attua un c.d. “spossessamento attenuato”, che non
inibisce l’apposizione di vincoli cautelari reali da parte dell’autorità giudiziaria. Di
conseguenza anche tale censura è manifestamente infondata.
6. Del pari risulta manifestamente infondata la presunta assenza di esigenze
cautelari atte a giustificare il sequestro per equivalente sulle disponibilità
finanziarie ed immobiliari del Foligno, conseguente all’estromissione dell’indagato
da ogni gestione della società o da ogni altro ruolo, sollevato nell’ambito del
primo motivo di ricorso e, parimenti, la pretesa insussistenza delle esigenze
cautelari che impongano il sequestro per equivalente sui beni del Foligno,
connesse, secondo il ricorrente, al valore aziendale rilevante della società Villa
Tiberia, in grado di “garantire” il debito tributario (motivo questo articolato al
punto 2 del ricorso). A tale proposito l’itinerario argomentativo che sorregge
l’ordinanza impugnata è congruo ed esaustivo, avendo i giudici del riesame
esercitato il loro ruolo nella fase cautelare facendo corretta applicazione dei
principi di diritto che la giurisprudenza ha enucleato in tema di sequestro per
equivalente nei reati tributari, menzionando gli elementi che hanno fatto ritenere

ripetutamente, anche teiret richiamando l’autorizzazione concessa dal G.I.P.

.

sussistenti ai fini del mantenimento del vincolo cautelare il fumus commissi
delicti, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, sottolineando la sufficienza del dolo
generico per l’integrazione delle fattispecie contestate in via provvisoria; inoltre
hanno sottolineato come i beni e le somme di denaro sequestrate al Foligno, pur
considerando le somme sequestrate nei confronti di Villa Tiberia srl, non
raggiungono comunque il valore monetario del profitto del reato. Infatti è stato
precisato che, in tema di misure cautelari reali, il Tribunale del riesame che
proceda alla conferma del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per

proporzionalità, l’esatta corrispondenza tra profitto del reato e “quantum”
sottoposto a vincolo cautelare, essendo, invece, sufficiente che motivi sulla non
esorbitanza del valore dei beni sequestrati rispetto al credito garantito (sez. 3, n.
39091 del 23.4.2013, Cianfrone, Rv. 257284): se la valutazione del giudice
risponde a tali criteri non è sindacabile in sede di legittimità.
7. Per quanto attiene alle ragioni del mantenimento del vincolo, va ricordato che
è principio consolidato della giurisprudenza di legittimità che”tema di reati
tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del
profitto del reato, corrispondente all’ammontare dell’imposta evasa, può essere
legittimamente mantenuto fino a quando permane l’indebito arricchimento
derivante dall’azione illecita, che cessa con l’adempimento dell’obbligazione
tributaria (così Sez. 3, n. 43811/2014, n. 46726/2012); pertanto il
mantenimento della misura ablativa è giustificato fino al momento in cui si
realizza il recupero dell’imposta evasa da parte dell’amministrazione finanziaria
(in tal senso Sez.3, n.22127 del 20 aprile 2015, Giussani ed altro).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con conseguente condanna del
ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del grado e della somma
indicata in dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2015.

equivalente, non deve accertare, ai fini del rispetto del principio di

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