Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36924 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36924 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERTONE MARGHERITA N. IL 06/07/1952
avverso la sentenza n. 2/2013 TRIBUNALE di SAVONA, del
28/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FReic E Se O :da Atto
che ha concluso per 4s.< ccf4 4,4 e041,0 . Udito, per la parte civile, l'Avv 6I 4h/FR A bre O Arolr uT I [Udit..4-tt~eov ì( 42404,14 R. i A4 ow. ova-;t4.t , F(5) ad>

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Data Udienza: 02/07/2014

Ritenuto in fatto

1. Pronunciando in grado d’appello in data 27/1/2014 il Tribunale di Savona
confermava la sentenza con la quale, in data 20/11/2012, il Giudice di Pace di
Savona aveva ritenuto Bertone Margherita responsabile del reato p. e p. dall’art.
590, commi primo e ultimo, cod. pen. ad essa ascritto perché, divenuta
proprietaria per effetto di successione ereditaria di un appartamento già
concesso in locazione dalla propria dante causa, ometteva di controllare, pur

apparecchio scalda acqua ivi già presente nel vano cucina, privo della necessaria
apertura di ventilazione e collocato all’interno di un mobile pensile con
insufficiente ricambio d’aria, così cagionando lesioni personali, consistite in
intossicazione da monossido di carbonio, alle persone che conducevano in
locazione l’immobile: fatto commesso in data 8/10/2005.
Concesse le attenuanti generiche, l’imputata era stata condannata alla pena
di mille euro di multa, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti delle
costituite parti civili da liquidarsi in separata sede, con la conresqiona di
provvisionali variabili da un minimo di € 1.000 a un massimo di € 6.500.
Rigettando specifici motivi di gravame sul punto proposti, il Tribunale
riteneva che il proprietario succeduto iure hereditatis in un contratto di locazione
è tenuto a verificare la sicurezza e conformità a legge degli impianti ivi presenti,
essendo a tal fine irrilevante che chi conduce in locazione l’immobile non gli
abbia segnalato il malfunzionamento dell’impianto.
Soggiungeva che, peraltro, nel caso di specie, il contratto di locazione dalla
ultima scadenza quadriennale si era rinnovato quando già l’imputata ne era
divenuta proprietaria.
Riteneva, inoltre, giustificata la liquidazione della provvisionale operata dal
primo giudice, in relazione alle indicazioni del perito medico-legale circa la
necessità di procedere a una rivalutazione del danno nel corso del tempo, stante
l’insidiosità dell’intossicazione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputata, per mezzo del
proprio difensore, articolando tre motivi.

2.1. Con il primo deduce violazione di legge in relazione all’affermazione
della penale responsabilità.
Sostiene non essere condivisibile l’assunto del Tribunale che ha equiparato
la posizione di chi concede in locazione un proprio immobile con quella di chi
subentra nella posizione del precedente proprietario, senza avere la materiale

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avendone l’obbligo nella qualità di locatrice, la funzionalità e l’adeguatezza di un

disponibilità del bene locato.
Rileva che, in tal modo, i giudici di merito hanno completamento tralasciato
la valutazione dell’elemento soggettivo del reato, che deve essere operata
tenendo presenti le circostanze conosciute o conoscibili al momento della
condotta.

2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per travisamento di
prova, con riferimento alla mancata esclusione della condanna provvisionale

Rileva che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza a sostegno della
decisione sul punto, il perito medico legale nominato in primo grado,
nell’escludere la sussistenza di postumi invalidanti riconducibili all’evento, non ha
mai accennato all’insidiosità dell’intossicazione, né alla necessità di procedere nel
tempo alla valutazione dei danni.

2.3. Con il terzo motivo deduce, infine, vizio di omessa pronuncia sulla
richiesta di riduzione delle spese liquidate in primo grado in favore delle parti
civili, in quanto commisurate in importo (C 6.500) del tutto sproporzionato
rispetto ai parametri di legge.

3. In data 1/7/2014 è pervenuta memoria difensiva redatta nell’interesse
delle parti civili, con la quale si deduce l’inammissibilità e comunque
l’infondatezza dei motivi tutti di ricorso.

Considerato in diritto

4. È necessario preliminarmente evidenziare che, alla data della odierna
decisione, non può considerarsi maturato il termine prescrizionale, in quanto
prorogato – fino al 15/9/2014 – per effetto delle sospensioni verificatesi nel corso
dei due gradi di giudizio di merito e, segnatamente, per i rinvii disposti alle
udienze del 26/5/2009, 15/11/2011 e 19/9/2013 (rispettivamente a quelle del
26/1/2010, 12/6/2012 e 28/11/2013: per un totale di 525 giorni) per l’adesione
dei difensori alle astensioni dalle udienze proclamate dagli organismi di
categoria.

5. È infondato il primo motivo di ricorso.
È noto che, in tema di reati omissivi, il fondamento della responsabilità è
correlato all’esistenza di un dovere giuridico di attivarsi per impedire che l’evento
temuto si verifichi. Il titolare di quest’obbligo versa in posizione di garanzia, le

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ovvero alla mancata riduzione degli importi a tal titolo liquidati.

cui componenti essenziali costitutive sono: da un lato, una fonte normativa di
diritto privato o pubblico, anche non scritta, o una situazione di fatto per
precedente condotta illegittima, che costituisca il dovere di intervento; dall’altro
lato, la esistenza di un potere (giuridico, ma anche di fatto) attraverso il corretto
uso del quale il soggetto garante sia in grado, attivandosi, di impedire l’evento
(v. ex multis Sez. 4, n. 8217 del 21/05/1998 – dep. 09/07/1998, Fornari ed
altro, Rv. 212144).
Con riferimento alla fattispecie in esame non può dubitarsi della sussistenza

proprietaria e locatrice dell’immobile al cui interno era presente l’impianto ad
origine del fatto illecito lesivo.
Tale qualità impone, infatti, alla locatrice non solo di consegnare al
conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione ma anche di
mantenerla in istato da servire all’uso convenuto (art. 1576 nn. 1 e 2 cod. civ.):
obbligo che, con riferimento ad impianti tecnologici potenzialmente pericolosi,
specie se collocati all’interno dell’abitazione, si declina anche nel senso della
necessaria verifica della loro funzionalità e rispondenza a norme tecniche di
sicurezza.
La decisione impugnata è coerente a tale quadro normativo di riferimento e
tiene adeguatamente conto delle circostanze di fatto emergenti dal processo,
mentre le osservazioni svolte in punto di fatto e di diritto dal ricorrente non
appaiono idonee a contrastare in alcun modo la coerenza e logicità giuridica della
motivazione posta a fondamento della affermazione della penale responsabilità.
In particolare, la fonte del subingresso dell’imputata nella posizione di
proprietaria e locatrice dell’immobile (successione ereditaria) non può
certamente valere, di per sé, ad escluderne la corrispondente attivazione della
posizione di garanzia, non potendosi dubitare che tale effetto si determini
comunque per effetto della consapevole e volontaria determinazione del
chiamato di accettare l’eredità, la quale a sua volta comporta l’onere per lo
stesso di prendere cognizione dei beni caduti in successione (la connessa
presunzione che ciò, nella specie, sia avvenuto è del resto avvalorata dalla
prosecuzione del rapporto per oltre quattro anni dall’apertura della successione
prima dell’accaduto e, inoltre, dal fatto che in tale periodo il contratto, come
pure rimarcato in sentenza, si è rinnovato tra le parti).
Il subingresso – che ne discende – anche nel contratto di locazione in corso,
con la conseguente assunzione degli obblighi di manutenzione posti per legge a
carico del locatore, costituisce di per sé ragione sufficiente per rendere attuale
ed esigibile l’obbligo di verifica delle condizioni dell’immobile e dell’adeguatezza
degli impianti ivi esistenti, indipendentemente da segnalazioni di eventuali

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di tali presupposti, in relazione alla incontestata qualità dell’imputata di

guasti. La temporanea sottrazione della cosa alla disponibilità del locatore è,
infatti, compatibile con la permanenza di un effettivo potere fisico di controllo
sulle unità immobiliari, con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di
conservazione e sull’efficienza delle strutture edilizie e degli impianti (cfr. Cass.
Civ., Sez. 3, n. 6407 del 22/07/1987, Rv. 454687): obbligo che certamente
prescinde dalla segnalazione o dall’impulso del conduttore.

5.1. Anche con riguardo all’elemento soggettivo le considerazioni svolte dal

profilo della successione cronologica degli eventi rilevanti, possano indurre a
revocare in dubbio la rimproverabilità dell’accaduto all’imputata.
È da escludere, anzitutto, che l’eventuale ignoranza degli obblighi di
manutenzione derivanti dall’acquisto,

iure successionis,

della proprietà

dell’immobile possa assumere rilievo escludente della colpevolezza. Ed infatti,
trattandosi di obbligo derivante direttamente dalla norma citata del codice civile,
che costituisce fondamento della posizione di garanzia nella specie considerata,
tale ignoranza si risolve in errore su legge extrapenale integratrice del precetto
penale, come tale irrilevante ai sensi dell’art. 5 cod. pen..
Ma è altresì da escludere che possa fondatamente invocarsi l’impossibilità,
nella situazione data, di rendersi conto della sussistenza di una situazione di
fatto tale da rendere effettivamente attivo ed esigibile il dovere di intervenire
sull’impianto.
In proposito la sentenza impugnata rimarca l’esistenza di alcune circostanze,
di ordine cronologico, che rendono irrilevanti le obiezioni in tal senso svolte dalla
difesa; tali in particolare: il decorso di oltre quattro anni dall’apertura della
successione dalla precedente locatrice (12/7/2001) al fatto delittuoso per cui è
processo (8/10/2005); la conseguente rinnovazione del contratto intervenuta
quando già l’odierna imputata era divenuta proprietaria dell’immobile.
È evidente che in tale arco temporale la subentrata locatrice avrebbe avuto
tutto il tempo per rendersi conto, in adempimento del proprio dovere di
vigilanza, della non rispondenza dello scaldabagno – per la sua collocazione in
cucina all’interno di un mobile pensile con insufficiente ricambio d’aria e per la
mancanza della necessaria apertura di ventilazione e collocato all’interno – a
elementari norme di sicurezza.

6. È poi inammissibile il secondo motivo di ricorso.
Con esso, come detto, il ricorrente deduce manifesta illogicità e
contraddittorietà della motivazione posta a fondamento del rigetto del motivo
d’appello con il quale si contestava la mancata esclusione della condanna

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ricorrente non appaiono idonee a segnalare circostanze che, in particolare sotto il

provvisionale e, in subordine, l’eccessività degli importi liquidati.
Al riguardo è sufficiente rilevare che, secondo affermazione costante nella
giurisprudenza di questa S.C., la pronuncia circa l’assegnazione di una
provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista
efficacia di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell’ammontare
della stessa è rimessa alla discrezionalità del giudice del merito che non è tenuto
a dare una motivazione specifica sul punto, con la conseguenza che il relativo
provvedimento non è impugnabile per cassazione in quanto per sua natura

liquidazione dell’integrale risarcimento (v. in tal senso Sez. 4, n. 10098 del
20/03/1991 – dep. 10/10/1991, Mileti, Rv. 188254; conf. Sez. 5, n. 40410 del
18/03/2004 – dep. 15/10/2004, Farina ed altri, Rv. 230105; Sez. 5, n. 5001 del
17/01/2007 – dep. 07/02/2007, Mearini e altro, Rv. 236068; v. anche Sez. 4, n.
34791 del 23/06/2010 – dep. 27/09/2010, Mazzamurro, Rv. 248348, secondo cui

«non è deducibile con il ricorso per cassazione la questione relativa alla pretesa
eccessività della somma di denaro liquidata a titolo di provvisionale»).

7. Analoga valutazione di inammissibilità deve, infine, esprimersi con
riferimento al terzo motivo, per evidente genericità.
Secondo pacifico indirizzo, invero, la parte che lamenta con ricorso per
cassazione l’onerosità della liquidazione delle spese e degli onorari, ha l’onere di
specificare gli errori addebitati al giudice di merito e le violazioni relative alle voci
della tariffa professionale, al fine di consentire al Supremo Collegio di avere gli
elementi necessari per il giudizio (così Sez. 5, n. 10959 del 24/05/1978 – dep.
12/09/1978, Marotta, Rv. 139931; Sez. 4, n. 8330 del 19/03/1981 – dep.
24/09/1981, Panascì, Rv. 150226).
Tale onere risulta nella specie all’evidenza disatteso, essendosi il ricorrente
limitato a dolersi genericamente della eccessività delle somme liquidate dal
giudice di prime cure, a titolo di rimborso delle spese processuali in favore della
parte civile, e, correlativamente, del mancato esame da parte del Tribunale della
richiesta di riduzione di tali importi, senza però, anche sotto tale profilo,
precisare se e quali argomentazioni erano state sul punto svolte in grado
d’appello: ciò che esonerava il giudice d’appello da un puntuale obbligo di
motivazione sul punto e rende, in questa sede, anche tale diversa specifica
doglianza inammissibile.
Per pacifico indirizzo, infatti, i motivi costituiscono una parte essenziale ed
inscindibile della impugnazione e, pur nella riconosciuta libertà della loro
formulazione, debbono essere, ai sensi della lett. c) dell’art. 581 cod. proc. pen.,
articolati in maniera specifica: devono cioè indicare chiaramente, a pena di

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insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva

inammissibilità, le ragioni su cui si fonda la doglianza. In mancanza di ciò, viene
meno l’obbligo del giudice di fornire una risposta a tutte le questioni proposte, in
quanto tale obbligo trova un limite nella genericità della censura. Ne consegue
che la denuncia di difetto di motivazione della sentenza di appello, in ordine a
motivi genericamente formulati, non ha alcun fondamento, a nulla rilevando che
il giudice di merito non abbia in concreto rilevato tale vizio (cfr. ex multis Sez. 1,
n. 4713 del 28/03/1996 – dep. 09/05/1996, Bruno, Rv. 204548)

rigetto del ricorso con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali oltre che alla rifusione, in favore delle parti civili, delle
spese sostenute nel presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle
parti civili De Lorenzo Matta, De Lorenzo Sara, De Lorenzo Nazareno e Leo
Nazzario, che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 2/7/2014

8. In ragione delle considerazioni che precedono deve pertanto pervenirsi al

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