Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3692 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3692 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LA VALLE EGIDIO N. IL 09/05/1965
LA VALLE FRANCESCO N. IL 25/02/1956
avverso la sentenza n. 2/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

pc.

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 16.10.2012, ha
confermato la decisione con la quale, in data 6.7.2010, il Tribunale di quella città
aveva riconosciuto Francesco LA VALLE ed Egidio LA VALLE responsabili del
reato di cui agli artt. 99, 110 cod. pen., 258, comma 4 d.lgs. 152\06 in relazione

amministratori della «ECO.F.A.L. s.r.I.», effettuavano il trasporto di kg 30.000 di
rifiuti speciali pericolosi attestandone falsamente nel F.I.R., esibito in sede di
controllo, la natura di rifiuti speciali non pericolosi con attribuzione del codice
CER 16.01.06 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi né altre sostanze
pericolose), trattandosi, invece, di rifiuti speciali pericolosi classificabili con il
codice CER 16.01.04 (fatto accertato il 29.2.2008. Recidiva specifica per
entrambi).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per
cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione dell’articolo 258
d.lgs. 152\06, rilevando che, avuto riguardo alla formulazione della richiamata
disposizione dopo l’intervento correttivo ad opera del d.lgs. 205\2010, la
condotta contestata nel capo di imputazione non sarebbe più prevista dalla legge
come reato, mancando ora ogni riferimento al trasporto di rifiuti pericolosi senza
formulario che, invece, era contemplato nella originaria stesura dell’articolo.

3. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge,
osservando che l’art. 258, comma 4 d.lgs. 152\06 attualmente vigente individua,
quale condotta soggetta a sanzione penale, esclusivamente quella di chi, nella
predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla
natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e di chi
fa uso di un certificato falso durante il trasporto e che, pertanto, a tale fattispecie
non sarebbe riconducibile il fatto loro ascritto nell’imputazione, avente ad
oggetto una diversa qualificazione del rifiuto trasportato nel F.I.R., documento
che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici del gravame, non avrebbe
alcuna funzione certificativa o asseverativa, bensì soltanto descrittiva ed
identificativa del rifiuto.

4. Con un terzo motivo di ricorso lamentano il vizio di motivazione,

1

all’art. 483 cod. pen., perché, in concorso tra loro e con altri, nella qualità di soci

asserendo che risulterebbe accertato in fatto, anche attraverso la perizia
effettuata sui rifiuti trasportati, che questi solo in parte potevano qualificarsi
come rifiuti pericolosi per il loro contenuto, non più presente in gran parte degli
oggetti, che risultavano, conseguentemente, bonificati prima del trasporto.

5. Con un quarto motivo di ricorso rilevano che, a tutto voler concedere, la
condotta contestata potrebbe essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 258,

6. Con un quinto motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, rilevando
che la Corte di appello non si sarebbe pronunciata in punto di sostituzione della
pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria e di concessione della
sospensione condizionale della pena in favore di Francesco LA VALLE.

7. Con un sesto motivo di ricorso lamentano, infine, l’eccessività della pena
in relazione alla non particolare gravità del fatto, evidenziata dalla natura di rifiuti
non pericolosi di parte di quelli trasportati.
Insistono pertanto per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

8.Pre messa

Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Occorre premettere che la questione di preminente rilievo nella vicenda in
esame riguarda la applicabilità o meno dell’art. 258, comma 4 d.lgs. 152\06,
disposizione che, come è noto, ha subito modifiche ad opera del d.lgs. 3
dicembre 2010, n. 205, con rilevanti conseguenze circa l’individuazione
dell’ambito temporale di efficacia della disposizione medesima, rispetto al quale
la giurisprudenza di questa Sezione e la dottrina non sono giunte ad univoche
conclusioni.
Tale questione, riproposta dagli odierni ricorrenti, merita pertanto di essere
nuovamente esaminata al fine di meglio delineare, alla luce delle disposizioni
richiamate e tenendo anche conto dei molteplici interventi dottrinari, quale sia il
regime sanzionatorio attualmente applicabile al trasporto di rifiuti pericolosi
senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o
inesatti, così esaminando le deduzioni formulate dagli odierni ricorrenti nel
primo, secondo e quarto motivo di ricorso.

2

comma 4 prima parte, soggetta alla sola sanzione amministrativa.

9. La successione degli interventi normativi
Il reato di illecito trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con
indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, era originariamente
previsto dall’art. 52, comma 3 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, il quale prevedeva
l’applicabilità della pena di cui all’art. 483 cod. pen.

ha prodotto, inizialmente, alcun effetto rilevante, in quanto l’art. 258, comma 4
aveva contenuto pressoché identico a quello della disposizione previgente.
L’art. 258, comma 4, nella formulazione originaria, stabiliva:

«chiunque

effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero
indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si
applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale nel caso di
trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche

a chi,

nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni
sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e
a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto».
La disposizione così formulata prevedeva, dunque, l’applicazione della
sanzione amministrativa al trasporto di rifiuti non pericolosi senza formulario
ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, mentre
per il trasporto nelle medesime condizioni di

rifiuti pericolosi, la sanzione

applicabile era quella stabilita dall’art. 483 cod. pen.
Considerato il tenore letterale della norma in esame, il richiamo all’art. 483
cod. pen. veniva ritenuto, da gran parte della dottrina e dalla giurisprudenza di
questa Corte, effettuato quoad poenam (v. Sez. III n. 1040, 29 maggio 2000; Sez.
III n. 1134, 4 maggio 2000) e, per ciò che concerneva l’ipotesi di predisposizione
di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla
composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso
di certificato falso durante il trasporto, si faceva invece rilevare in dottrina che,
sempre secondo la formulazione letterale della norma, detto reato prescindeva
dall’attività di trasporto cui veniva fatto riferimento nelle altre ipotesi di reato
contemplate dall’articolo 258 nell’originaria formulazione, in quanto tale attività
non veniva menzionata riguardo a tale condotta. Inoltre, l’assenza di riferimenti,
in questa parte dell’articolo, ai rifiuti pericolosi, consentiva di ritenere la
disposizione applicabile indipendentemente dalla pericolosità o meno del rifiuto,
giustificando tale opzione ermeneutica in considerazione della oggettiva diversità

3

L’abrogazione del d.lgs. 22\97 ad opera del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non

tra certificato e formulario (di cui si dirà anche in seguito) ed individuando in tale
disposizione una fattispecie autonoma di reato, speciale rispetto a quella prevista
dall’art. 481 cod. pen.

9.1. La situazione è rimasta immutata fino al 25.12.2010, data di entrata in
vigore del d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 il quale, con l’art. 35, comma 1, lett. c),
ha disposto la sostituzione del comma 4 dell’art. 258.
Per effetto di tale intervento correttivo, l’art. 258, comma 4, nella sua attuale

rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base
volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui
all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza
il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati
incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all’art.
483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di
rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle
caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso
durante il trasporto»
L’intervento modificativo è stato effettuato in previsione della pressoché
concomitante piena operatività del «SISTRI», il sistema informatico di controllo
della tracciabilità dei rifiuti la cui introduzione era prevista dal comma

3-bis

dell’articolo 189 del d.lgs. 152\06 (introdotto con il D.Lv. 4\2008) e che era
finalizzato alla trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione,
trasporto e smaltimento di rifiuti ed alla realizzazione, in formato elettronico, del
formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del M.U.D.,
da stabilirsi con apposito decreto ministeriale, che il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare ha emanato il 17 dicembre 2009, dando
dunque attuazione alla disposizione richiamata (ed all’articolo 14-bis del decretolegge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009).
Il contenuto del decreto ministeriale è stato successivamente modificato ed
integrato prorogando, però, anche i termini originariamente fissati per la piena
operatività del sistema.
Il d.lgs. 205\2010, sempre considerando l’imminente entrata in funzione del
SISTRI, che sostanzialmente comporterebbe la sostituzione della documentazione
cartacea precedentemente utilizzata (MUD, Registri di carico e scarico e FIR), ha
provveduto, con l’art. 16, alla sostituzione degli articoli 188, 189, 190 e 193,
all’introduzione degli artt. 188-bis e 188-ter nonché, con l’art. 36, alla previsioni
di specifiche sanzioni, contemplate dagli artt. 260-bis e 260-ter..

4

formulazione così recita: «Le imprese che raccolgono e trasportano i propri

L’art. 16, comma 2 del d.lgs. 205\2010 prevedeva, tuttavia, che le
disposizioni in esso contenute entrassero in vigore a decorrere dal giorno
successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del d.m. 17
dicembre 2009 (quindi all’effettivo avvio del SISTRI), termine che però, come si è
già detto, è stato più volte prorogato.
Al medesimo termine faceva riferimento anche l’art. 39 del d.lgs. 205\2010,
recante disposizioni transitorie e finali, per ciò che concerneva le sanzioni relative
SISTRI, prevedendone peraltro la graduazione nel primo periodo di attività del

Nessun termine era invece previsto per l’entrata in vigore dell’art. 35 del
d.lgs. 205\2010, con la conseguenza di una immediata efficacia delle modifiche
apportate all’art. 258 del d.lgs. 152\06 comportanti, come si è visto, un
restringimento dell’ambito soggettivo di applicabilità della disposizione non
riferita più a «chiunque effettui il trasporto», bensì alle sole «imprese che
raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212,
comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)» e l’assenza dello specifico richiamo all’art. 483
cod. pen. per il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario ovvero con
indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti.

9.2. La diacronia nella vigenza delle singole decisioni è stata oggetto di
pesantissime e giustificate critiche da parte della dottrina, che ha in più occasioni
stigmatizzato non soltanto la singolare situazione venutasi a creare, ma anche la
soluzione successivamente adottata per rimediarvi.
Presa infatti coscienza dell’esistenza di quello che è stato da più parti
definito un evidente «vuoto normativo», il legislatore è intervenuto con il d.lgs. 7
luglio 2011, n. 121, il quale, con l’art. 4, comma 2, ha apportato modificazioni
all’art. 39 del d.lgs. 205\2010, disponendo, tra l’altro, l’inserimento dei commi 2bis e 2-ter che si riferiscono all’ambito di efficacia temporale dell’art. 258 d.lgs.
152\06.
Stabilisce, in particolare, il comma 2-bis che «anche in attuazione di quanto
disposto al comma 1, i soggetti di cui all’articolo 188-ter, commi 1, 2, 4 e 5, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, che fino alla
decorrenza degli obblighi di operatività del sistema di controllo della tracciabilità
dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non adempiono alle
prescrizioni di cui all’articolo 28, comma 2, del decreto del Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52, sono soggetti
alle relative sanzioni previste dall’articolo 258 del decreto legislativo 3

5

nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti.

aprile 2006, n. 152, nella formulazione precedente all’entrata in vigore
del presente decreto».
L’art. 28, comma 2 del d.m. 52\2011, come modificato dal successivo d.m.
10 novembre 2011, n. 219, stabilisce che «al fine di garantire l’adempimento
degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del SISTRI, fino al
termine di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009 e successive
modifiche e integrazioni, i soggetti di cui agli articoli 3, 4 e 5 del presente

190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni e sono soggetti alle relative sanzioni previste dal
medesimo decreto legislativo precedentemente all’entrata in vigore
del decreto legislativo del 3 dicembre 2010, n. 205».
Il richiamo all’applicabilità delle previgenti sanzioni risulta contenuto anche
nell’art. 52, comma 1 del dl. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni
dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 ove, nel sospendere il termine di entrata in
operatività del SISTRI, si precisa che i soggetti di cui all’art. 188-ter d.lgs. 152\06
«rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed all’osservanza della relativa
disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente all’entrata in vigore
del decreto legislativo del 3 dicembre 2010, n. 205».

10.1 precedenti arresti giurisprudenziali
Con un prima decisione (Sez. III n. 29973, 27 luglio 2011) si è affermato che
il trasporto di rifiuti pericolosi senza il formulario di identificazione dei rifiuti o con
formulario che riporti dati incompleti o inesatti, previsto come delitto dall’art.
258, comma quarto, del d.lgs. 152\06 nella formulazione previgente alle
modifiche introdotte dal d.lgs. 205\2010 non è più previsto dalla legge come
reato, rilevando anche che la nuova fattispecie dell’art. 260-bis, comma settimo,
d.lgs. 152\06, introdotta sempre dal d.lgs. n. 205\10, sanziona il trasporto di
rifiuti pericolosi non accompagnato dalla copia cartacea della scheda SISTRI e
non anche quello accompagnato dal F.I.R. o con un formulario con dati incompleti
o inesatti.
Nell’occasione, tuttavia, si prescindeva dall’esaminare ulteriormente le
questioni derivanti dalla richiamata modifica legislativa e gli eventuali problemi
di continuità normativa, in quanto la fattispecie oggetto del giudizio, riguardando
rifiuti non pericolosi, doveva ritenersi già, sulla base della disciplina previgente

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regolamento rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli

come configurante, in astratto, un mero illecito amministrativo.

10.1. Una successiva pronuncia (Sez. III n. 15732, 24 aprile 2012), in piena
adesione al principio appena ricordato, si affermava che, in applicazione dei
principi fissati dall’art. 2 cod. pen., le condotte concernenti il trasporto di rifiuti
pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati
incompleti o inesatti oggetto del giudizio e poste in essere antecedentemente
all’intervento correttivo operato con il d.lgs. 205\2010, devono essere ritenute

Analogo richiamo alla sentenza 29973\2011 veniva effettuato in altra
decisione (Sez. III n.27383, 11 luglio 2012, non massimata) pervenendo peraltro
alla conclusione che per il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero
con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti deve ora
ritenersi applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria prevista, in generale,
dal novellato comma 4 per le medesime condotte riguardanti i rifiuti non
pericolosi
In entrambe le occasioni, tuttavia, non veniva svolta alcuna considerazione
in ordine alle ulteriori modifiche apportate all’art. 39 d.lgs. 205\2010 ad opera del
d.lgs. 121\2011, già in vigore alla data della pronuncia.

10.1. Il principio formulato nella sentenza 29973\2011 era poi oggetto di
mero richiamo in altre decisioni (Sez. III n. 19682, 8 maggio 2013; Sez. III n.
10244, 5 marzo 2013; Sez. III n. 14086, 26 marzo 2013, non massimate) al fine di
evidenziare l’evidente errore in cui era incorso il giudice del merito nel ritenerli
applicabili ad ogni ipotesi di trasporto di rifiuti, tanto da dichiarare di non doversi
procedere nei confronti dell’imputato per il reato di cui all’art. 256, comma 1, lett.
a) e comma 2 d.lgs. 152/2006 perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato.
In una successiva pronuncia (Sez. III n. 28909, 8 luglio 2013) riguardante
fatti commessi nel 2007, quindi antecedentemente all’intervento correttivo del
d.lgs. 205\2010, viene invece dato atto della postergazione della piena
operatività del SISTRI, cui risulta collegata l’entrata in vigore delle nuove
disposizioni in materia di trasporto di rifiuti e delle relative sanzioni penali,
ritenendo così la piena vigenza di quelle originariamente previste «anche al fine
di evitare un pericoloso vuoto normativo con possibile contrasto con il precetto
costituzionale di cui all’art. 3 Cost. (principio di ragionevolezza)»

e,

conseguentemente, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero avverso la
pronuncia del giudice del merito, il quale aveva ritenuto il fatto non più previsto
dalla legge come reato.

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non più riconducibili all’ipotesi di reato contemplate dalla disciplina previgente.

Ancor più recentemente (Sez. III n. 32942, 30 luglio 2013) con riferimento ad
un sequestro probatorio eseguito il 20 febbraio 2012, dunque successivamente
alle modifiche apportate all’art. 258 d.lgs. 152\06 dal d.lgs. 205\2010 ed
all’ulteriore intervento ad opera del d.lgs. 121\2011, si ricorreva nuovamente al
mero richiamo della sentenza 29973\2011 per sostenere il venir meno della
rilevanza penale dell’art. 258, comma 4 d.lgs. 152\06 per effetto delle modifiche

11.La dottrina
Le conseguenze della successione di leggi in precedenza ricordata sono
state ovviamente, come si è detto, oggetto di attenzione da parte della dottrina,
che pure è giunta a posizioni non uniformi, le quali hanno riguardato anche i
contenuti delle pronunce di questa Corte in precedenza ricordate e che meritano
di essere sommariamente sintetizzate.

11.1. Antecedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. 121\2011 si era
sostenuta, sulla base di una interpretazione ritenuta rispondente a logica,
l’applicabilità dell’art. 258 nella formulazione previgente al correttivo del 2010,
considerando che il differimento dell’entrata in vigore del SISTRI comportava
ancora l’utilizzo dei formulari nell’attività di trasporto dei rifiuti.
Tale lettura della disposizione in esame – evidentemente finalizzata a
colmare il vuoto venutosi a creare con l’eliminazione effettiva degli obblighi
concernenti il formulario e la temporanea inapplicabilità, a causa dei plurimi
rinvii, delle nuove sanzioni per le violazioni degli obblighi previsti dal SISTRI – è
stata tuttavia criticata da coloro che, al contrario, ne negavano ogni ultrattività,
ritenendo che l’eliminazione dal quarto comma dell’art. 258 del riferimento al
trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario o con formulario contenente dati
incompleti o inesatti abbia sottratto tali condotte alla sanzione penale.
Secondo tale lettura delle disposizioni in esame vi sarebbe stato un vuoto
normativo nel periodo intercorrente tra il 25 dicembre 2010, data di entrata in
vigore del d.lgs. 205\2010 ed il 16 agosto 2011, data che segna l’inizio della
vigenza del decreto legislativo 121\2011, con conseguente applicabilità dell’art. 2
cod. pen.

11.2. L’intervento, non a torto definito «riparatore», effettuato con l’art. 4,
comma 2 d.lgs. 121\2011 non ha tuttavia risolto completamente la questione,
dovendosi, anche in questo caso, registrare le divergenti opinioni di quanti hanno

8

apportatevi dal d.lgs. 205\2010

ritenuto che la richiamata disposizione abbia natura di norma penale innovativa,
restando così immutata la questione dell’applicabilità, in base all’art. 2 cod. pen.,
della norma più favorevole per i fatti commessi in epoca antecedente al 16
agosto 2011, rispetto a quelle di coloro che vedono in questa disposizione una
norma meramente interpretativa, la cui efficacia retroagirebbe fino al 25
dicembre 2010, saldando così la cesura tra le due date.
Tale ultimo indirizzo critica il ricorso all’interpretazione letterale dell’art. 39
d.lgs. 205\2010, secondo la quale dovrebbe ritenersi che il legislatore non abbia

diversamente da quanto ha fatto per ciò che concerne il SISTRI e le relative
sanzioni, mantenendo in vigore l’obbligo di tenuta dei registri e dei formulari
secondo le vecchie regole e rileva come detta interpretazione si ponga in
contrasto con i principi espressi dalla direttiva 2008\98\CE e, segnatamente,
quelli contenuti nell’art. 36 in tema di adeguatezza delle sanzioni e 13,
relativamente alla protezione della salute umana e dell’ambiente.
Conseguentemente, si osserva come una lettura comunitariamente orientata
delle disposizioni dovrebbe indurre a considerare che nonostante lo specifico
richiamo dell’art. 39, comma 1 d.lgs. 205\2010 alle sole sanzioni riguardanti la
disciplina del SISTRI, la cui efficacia viene differita, deve tenersi conto anche del
contestuale rinvio riguardante le modifiche al regime sostanziale di riferimento
(sostituzione degli articoli 188, 189, 190 e 193, introduzione degli artt. 188-bis e
188-ter), giungendo così alla conclusione che la posticipazione del sistema
sanzionatorio deve considerarsi riferita anche alle modifiche apportate all’art.
258 d.lgs. 152\06.
La citata dottrina ritiene di trovare una conferma dell’esattezza dell’opzione
ermeneutica proposta nel disposto del comma 2-bis dell’art. 39 citato, introdotto
dal d.lgs. 121\2011, laddove premette la frase «anche in attuazione di quanto
disposto al comma /» nello stabilire che, fino alla decorrenza degli obblighi di
operatività del SISTRI, continuano ad applicarsi il regime dei registri e formulari
ed il relativo regime sanzionatorio, manifestando così la volontà di una saldatura
con la disciplina esistente allo scopo di chiarirne la portata ed assumendo,
pertanto, valenza interpretativa e non innovativa.

12. Natura innovativa o interpretativa dell’art. 39. comma

2-bis

d.lgs. 205\2010
Come si è appena visto, l’intervento «riparatore» attuato dal d.lgs.
121\2011, modificando l’art. 39 del d.lgs. 205\2010, ha posto l’ulteriore

9

volutamente inteso differire l’entrata in vigore dell’art. 258 d.lgs. 152\06,

questione, prontamente affrontata dalla dottrina, giunta, però, a soluzioni non
unanimemente condivise, della natura innovativa o interpretativa della
disposizione e la cui soluzione, nell’uno o nell’altro senso, incide anche sulla
soluzione del caso in esame, avente ad oggetto, come ricordato in precedenza,
fatti avvenuti nel 2008.
Tale diversità di vedute pare al Collegio possa individuarsi anche nelle
richiamate pronunce della Sezione laddove le conclusioni adottate, seppure in
assenza di approfondimenti chiarificatori, evidenziano un’implicita adesione

III n. 28809\13), per la natura innovativa della disposizione in esame.

12.1. Ciò posto ed osservato che alla preoccupante situazione di incertezza
venutasi a creare avrebbe potuto agevolmente ovviarsi attraverso un più efficace
e meno caotico coordinamento tra le diverse disposizioni susseguitesi nel tempo,
rileva il Collegio che la soluzione che propende per la natura interpretativa del
più volte menzionato articolo 39 d.lgs. 205\2010 sia preferibile per una serie di
ragioni.
Invero, paiono del tutto condivisibili le osservazioni formulate in dottrina e
sommariamente ricordate in precedenza ma, sopratutto, la soluzione adottata
sembra più ragionevole e conforme all’effettiva volontà del legislatore.

12.2. L’introduzione degli artt. 188-bis e 188-ter e la sostituzione degli artt.
188, 189, 190, 193 e 194 avevano lo scopo di armonizzazione le disposizioni sul
SISTRI con quelle del d.m. 17 dicembre 2009 che lo istituiva, integrandosi con i
principi della direttiva 2008/98/CE, che stabiliscono come la tracciabilità dei rifiuti
debba essere garantita dalla loro produzione alla loro destinazione finale.
Allo stesso scopo, il d.lgs. 205\2010 apportava modifiche all’art. 258 (ed
all’art. 255) d.lgs. 152\06, contestualmente inserendo i nuovi artt. 260-bis e 260ter, predisponendo, così, un nuovo sistema sanzionatorio adeguato al sistema di

tracciabilità dei rifiuti adottato e conforme ai principi della richiamata direttiva
che, nell’art. 36, richiede l’adozione, da parte degli Stati membri, di sanzioni
efficaci, proporzionate e dissuasive.
Si tratta, dunque, di un impianto sanzionatorio necessariamente coordinato,
attraverso modifiche di norme esistenti e l’inserimento di nuove ipotesi di reato,
con il nuovo sistema del SISTRI e che soltanto una lettura sistematica rende
coerente, non avendo altrimenti senso il richiamo, presente anche nell’art. 258,
al sistema di tracciamento dei rifiuti non ancora operativo ed a disposizioni, quali
l’art.188-bis, non ancora entrate in vigore.
Un ulteriore conferma della correttezza di tale soluzione interpretativa può

10

all’una o l’altra tesi, propendendo evidentemente, ad eccezione di un caso (Sez.

rinvenirsi nella relazione che accompagna il d.lgs. 121\2011.
In detta relazione viene fatto presente che l’introduzione dei commi 2-bis e
2-ter nell’art. 39 d.lgs. 205\2010 ha lo scopo di chiarire l’ambito di applicazione
temporale dell’articolo 258 d.lgs. 152\06 come riformulato dal «correttivo» del
2010 e che con essa sostanzialmente viene ribadito ciò che già è affermato
nell’art. 39, comma 1 del medesimo d.lgs. 205\2010.
Si legge testualmente nella relazione «(…) nella sostanza, il citato articolo
39, comma 1, stabilisce, quindi, che fintanto che il SISTRI coesisterà – in un

carico e scarico e formulario),

non si applica l’apparato sanzionatorio

introdotto dal decreto legislativo 205/2010 in vista della piena operatività
del SISTRI, bensì il regime sanzionatorio previgente al decreto legislativo
205/2010 che presidia la violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei
registri obbligatori e dei formulari vigenti, e quindi – come esplicitato dai commi
2-bis e 2-ter – anche l’articolo 258 decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nella
formulazione precedente all’entrata in vigore del decreto legislativo del 3
dicembre 2010, n. 205».

12.3. Peraltro stabiliscono altrettanto, come pure si è dianzi ricordato, l’art.
28, comma 2 del d.m. 52\2011, come modificato dal successivo d.m. 10
novembre 2011, n. 219 e l’art. 52, comma 1 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
Dunque la disposizione in esame non apporta alcuna innovazione al sistema
sanzionatorio né, tanto meno, amplia l’ambito di efficacia dell’art. 258 d.lgs.
152\06, limitandosi a meglio chiarire il significato da attribuire a quanto già
disposto dal comma 1 del medesimo articolo 39, dovendosi conseguentemente
escludere la sussistenza di un «vuoto normativo» quale risultato della nuova e
diversa formulazione dell’art. 258 d.lgs. 152\06 per ciò che attiene al trasporto di
rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di
dati incompleti o inesatti.
Invero, l’art. 258 d.lgs. 152\06 trova comunque applicazione e – è appena il
caso di osservarlo – ciò non comporta alcuna efficacia retroattiva della legge
interpretativa, il cui effetto, una volta specificato il significato della legge
interpretata, è esclusivamente la corretta applicazione di quest’ultima. Dunque
l’interpretazione autentica del legislatore è applicabile anche se meno favorevole
all’imputato di una interpretazione giurisprudenziale precedente.

12.4. Deve conseguentemente affermarsi il principio secondo il quale l’art.
39, comma 2-bis d.lgs. 20512010, come modificato dall’art. 4 d.lgs. 7

11

regime dualistico – con il tradizionale sistema di tracciabilità (MUD, registro di

luglio 2011, n. 121, laddove stabilisce l’applicabilità delle sanzioni
previste dall’articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
nella formulazione precedente all’entrata in vigore del presente decreto
ha natura di norma interpretativa e non innovativa, con la conseguenza
che dette sanzioni sono applicabili ai fatti commessi antecedentemente
alla entrata in vigore del d.lgs. 12112011.
Alla luce delle considerazioni appena svolte appare dunque evidente che la
lettura delle disposizioni richiamate effettuata dai giudici del merito deve

13. I formulari di identificazione dei rifiuti (F.I.R.)
Altro aspetto rilevante della questione trattata riguarda la corretta
individuazione della natura dei F.I.R. (formulari di identificazione dei rifiuti),
rispetto ai quali la Corte territoriale ha escluso, nella decisione impugnata, la
natura di mero documento di trasporto, attribuendo loro, invece, natura
certificativa della tipologia del rifiuto trasportato.
Sulla base di tale conclusione i giudici del gravame, dopo aver affermato che
il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario non sarebbe più sanzionato dopo
la modifica dell’art. 258 ad opera del d.lgs. 205\2010, aderendo così all’indirizzo
interpretativo appena confutato, sono pervenuti comunque alla reiezione dello
specifico motivo di appello ritenendo in ogni caso configurato il reato di cui
all’art. 258 d.lgs. 152\06 in ragione, appunto, del fatto che il trasporto era stato
effettuato in base a documentazione inidonea ad attestare la natura di quanto
trasportato.
L’assunto, tuttavia, non è corretto.

13.1. I formulari di identificazione dei rifiuti sono contemplati dall’art. 193
d.lgs. 152\06. Tale disposizione, come si è detto in precedenza, ha subito nel
tempo diverse modifiche, la più rilevante delle quali è quella ad opera del d.lgs.
205\2010 che, come pure si è ricordato, lo ha sostituito adattandone i contenuti
alle esigenze di operatività del SISTRI, sebbene, come pure si è detto, deve
comunque tenersi conto del più volte richiamato art. 16 comma 2 d.lgs.
205\2010 che ne ha differito l’entrata in vigore.
Dopo la novella del 2010, altri interventi modificativi sono stati effettuati dal
d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n.
35 e dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto
2012, n. 134.

12

ritenersi non corretta.

Considerando dunque la disciplina attualmente applicabile, riferibile anche
alla fattispecie in esame, deve ricordarsi che il formulario di identificazione è
richiesto per il trasporto di rifiuti effettuato da enti o imprese e deve contenere
alcuni dati essenziali (nome ed indirizzo del produttore e del detentore; origine,
tipologia e quantità del rifiuto; impianto di destinazione; data e percorso
dell’instradamento; nome ed indirizzo del destinatario) la cui presenza è
imprescindibile, pur non escludendosi, comunque, la possibilità che il formulario
contenga ulteriori informazioni, come emerge dal tenore letterale dell’art. 193, il

tipologie di trasporto.
Tenendo dunque conto dei contenuti e delle finalità del formulario, dottrina e
giurisprudenza hanno individuato le sostanziali differenze tra detto documento
ed il certificato cui fa sempre riferimento il quarto comma dell’art. 258 d.lgs.
152\06, che punisce, sempre richiamando l’art. 483 cod. pen., la predisposizione
di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla
composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso
di certificato falso durante il trasporto.
Si tratta, evidentemente, di atti che hanno diversa natura giuridica, poiché,
come si è fatto rilevare, sebbene il formulario abbia una sua specifica valenza in
ragione dei dati che obbligatoriamente vi sono contenuti e ad essi il legislatore
abbia attribuito un rilievo non secondario, in ragione delle finalità di compiuta
identificazione del rifiuto, come dimostra anche la previsione delle specifiche
sanzioni contemplate dall’art. 258 d.lgs. 152/06, nondimeno esso si concreta in
una mera attestazione del privato, avendo, in sostanza, un contenuto
meramente dichiarativo.
Diversamente, il certificato si distingue dal formulario in ragione del fatto
che esso, per definizione, risponde ad una esigenza di certezza pubblica e
proviene da soggetto qualificato ed abilitato all’esercizio di una specifica
professione che, nel caso previsto dall’art. 258 d.lgs. 152\06, comporta
l’esternazione di dati precedentemente acquisiti attraverso specifiche
metodologie concernenti natura, composizione e caratteristiche del rifiuto, tanto
che, si è osservato, la specifica violazione prevista dalla disposizione in esame si
porrebbe in rapporto di specialità rispetto al reato di cui all’art. 481 cod. pen.
Del resto, la diversità tra formulario e certificato risulta evidente anche dalla
stessa formulazione della norma incriminatrice, che, con riferimento al primo,
prevede la sanzione penale considerando esclusivamente i rifiuti pericolosi,
mentre la predisposizione e l’uso del certificato falso prescinde da tale
specificazione ed è conseguentemente applicabile anche ai rifiuti pericolosi.
Inoltre, la predisposizione di un falso certificato di analisi viene sanzionata

13

quale prevede anche ulteriori requisiti ed alcune esenzioni per determinate

dall’art. 258 d.lgs. 152\06 senza alcun riferimento all’attività di trasporto,
diversamente da quanto avviene per i formulari, prevedendo quale diversa ed
autonoma condotta quella dell’uso di un certificato falso durante il trasporto.

13.2. In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di questa Corte (Sez.
III n.1040, 29 maggio 2000) con riferimento alla previgente disciplina dettata
dall’ormai abrogato d.lgs. 22\97 allorché, premettendo che la ratio ispiratrice
della disciplina del trasporto i rifiuti è quella di consentire agli enti competenti un

ricordava come la pena di cui all’art. 483 cod. pen. è applicabile anche «(…) a
chi, indipendentemente dal trasporto di rifiuti, nel predisporre un certificato di
analisi di rifiuti (pericolosi o no), fornisce false indicazioni sulla natura chimicofisica degli stessi; ovvero a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto
dei rifiuti (pericolosi o no)»

13.3. Date tali premesse deve dunque affermarsi che il formulario di
identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo della
natura e composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di documento
recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura
prettamente dichiarativa, con la conseguenza che, a differenza di ciò
che avviene per la predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti
contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle
caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti medesimi e di uso di certificato
falso durante il trasporto, non sonno applicabili le sanzioni penali
stabilite dall’art. 258 d.lgs. 152106 con richiamo all’art. 483 cod. pen.

14. I residui motivi di ricorso
Passando all’esame del terzo motivo di ricorso, deve rilevarsi che lo stesso,
nel dedurre il vizio di motivazione, formula censure in fatto finalizzate alla
prospettazione di una diversa lettura delle emergenze probatorie rispetto a
quella effettuata dai giudici del merito.
Invero,

l’accertamento

concernente

la

qualificazione

del

rifiuto,

l’accertamento della sua natura e l’attribuzione allo stesso del codice CER
corrispondente, costituisce mero accertamento in fatto che, in quanto tale, resta
sottratto al giudizio di legittimità, non essendo compito di questa Corte quello di
ripetere l’esperienza conoscitiva del giudice di merito.
Nella fattispecie, i giudici del gravame, con motivazione adeguata e scevra

14

controllo puntuale di tutte le attività di gestione e movimentazione dei rifiuti,

da salti logici o evidenti contraddizioni, hanno dato atto del fatto che, attraverso
l’escussione di testimoni e l’espletamento di una perizia, si era accertato,
attraverso una verifica di 25 tra i 47 «pacchi di carrozzeria» trasportati e
sequestrati perché all’apparenza contaminati da plastiche, vetro, oli, grassi e cavi
elettrici, che emergeva la presenza, in numerosi «pacchi» controllati, di
componenti pericolosi, constatando conseguentemente la falsa attribuzione di un
codice CER corrispondente a rifiuti speciali non pericolosi (16 01 06) in luogo di
quello che avrebbe dovuto essere effettivamente attribuito (16 01 04*).

14.1. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il quinto
motivo di ricorso per ciò che concerne la censura riguardante l’omessa
motivazione sul diniego del beneficio della sospensione condizionale a Francesco
LA VALLE.
Risulta invero dall’imputazione che ad entrambi i ricorrenti era stata
contestata la recidiva specifica e la Corte territoriale, nel pronunciarsi sul motivo
di gravame, ha ritenuto i precedenti penali gravanti sull’imputato ostativi alla
concessione del beneficio richiesto.
La censura è pertanto infondata, dovendosi infatti ricordare che la
valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la concessione
del beneficio della sospensione condizionale non richiede l’esame tutti gli
elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ben potendosi questi limitare ad indicare
quelli ritenuti prevalenti (Sez. III n. 6641, 18 febbraio 2010; Sez. IV n.9540, 20
ottobre 1993; Sez. I n.6239, 30 aprile 1990).
Tra i suddetti elementi rilevano finanche i precedenti giudiziari, ancorché non
definitivi, quali i procedimenti pendenti a carico (Sez. III n.9915, 11 marzo 2010;
Sez. Il n.3851, 6 aprile 1991; Sez. VI n.13122, 2 ottobre 1990; Sez. IV n.5504, 2
giugno 1982).

14.2. Per ciò che concerne, invece, la mancata sostituzione della pena
detentiva, deve rilevarsi, invece, che nell’atto di appello effettivamente entrambi
i ricorrenti – come risulta da ripetuti riferimenti alle

«pene irrogate» – hanno

censurato la mancata sostituzione, da parte del primo giudice, della pena
detentiva con quella pecuniaria corrispondente ai sensi dell’art. 53 legge 689\81
o con altra sanzione sostitutiva e, sul punto, la Corte del merito ha omesso di
motivare.
Ciò premesso, deve ricordarsi come la sostituzione delle pene detentive
brevi sia rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, il quale è tenuto a
motivare l’eventuale diniego di una richiesta in tal senso formulata dall’imputato

15

Il motivo di ricorso risulta, conseguentemente, infondato.

(Sez. I n. 25833, 4 luglio 2012).
Si è tuttavia precisato che l’apprezzamento del giudice va espresso tenendo
conto dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., in quanto la sostituzione è legata
agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, dovendosi
prendere così in esame anche le modalità del fatto e la personalità del
condannato (Sez. Il n. 5989, 6 febbraio 2008).
Ciò, tuttavia, non implica che detti parametri debbano essere tutti esaminati,
ben potendo il giudice motivare esclusivamente sugli aspetti ritenuti decisivi,

21265, 15 maggio 2003) o i precedenti penali (Sez. Il n. 25085, 2 luglio 2010;
Sez. Il n. 7811, 8 luglio 1992; Sez. IV n. 11402, 11 agosto 1990).
Nella fattispecie manca, invero, qualsivoglia considerazione sulla specifica
richiesta dell’imputato da parte della Corte territoriale e, pertanto, la sentenza
impugnata deve essere annullata con rinvio sul punto.

14.3. Per ciò che concerne, infine, il sesto motivo di ricorso, deve rilevarsi
che lo stesso concerne altra questione (eccessività della pena) effettivamente
dedotta nei motivi di appello.
Tale questione costituisce, senza dubbio, un «punto della decisione»
suscettibile di autonoma considerazione che, nella fattispecie, vi è stata, avendo
la Corte del merito osservato che la circostanza che solo una parte dei rifiuti
fosse pericolosa era stata verificata dal primo giudice, considerata la «particolare
equità» del trattamento sanzionatorio inflitto.

Si tratta, ad avviso del Collegio, di argomentazioni del tutto sufficienti a
giustificare il corretto esercizio del potere discrezionale di determinazione della
pena e dei criteri di valutazione fissati dall’articolo 133 cod. pen., non essendo
richiesto al giudice di procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo
elemento esaminato, ben potendo assolvere adeguatamente all’obbligo di
motivazione limitandosi anche ad indicarne solo alcuni o quello ritenuto
prevalente (v. Sez. Il n. 12749, 26 marzo 2008).

16

quali l’inefficacia della sanzione (Sez. V n. 10941, 16 marzo 2011; Sez. III n.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di
appello di Reggio Calabria.

Così deciso in data 17.12.2013

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