Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36917 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36917 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Strada Cosimo, nato a Villa Castelli il 03-11-1956
avverso la ordinanza del 22-10-2014 del tribunale della libertà di Brindisi;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Paolo Canevelli che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
Udito per il ricorrente

Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Cosimo Strada ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza con la
quale il tribunale della libertà di Brindisi ha confermato il decreto di convalida
sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero presso lo stesso tribunale e
con il quale era stato disposto il sequestro, ai sensi dell’articolo 256 decreto
legislativo 4 aprile 2006, n. 152, di due distinti terreni, appartenenti a diversi
proprietari (Alò e Strada) per la riscontrata presenza di rifiuti costituiti

lavorazione, fanghi di lavorazione, polveri ormai essiccate), oltre che la presenza
di bitume da demolizione stradale e pezzi di cemento armato con ferro
rinvenienti da lavori di demolizione.

2.

Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il ricorrente, tramite il

difensore, solleva due motivi, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disposizione
di attuazione codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la
motivazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione per
manifesta carenza ed apparenza della motivazione contenuta nel provvedimento
impugnato (articolo 601, comma 1, lettera e), codice di procedura penale).
Assume il ricorrente che il tribunale del riesame ha completamento travisato
le emergenze processuali, pure integrate dalla produzione documentale, nella
misura in cui ha attribuito la proprietà dei due distinti fondi ai signori Strada ed
Alò (ritenendoli in regime di comproprietà) e quindi ritenendo la situazione dei
luoghi, riscontrata unicamente per il fondo della signora Alò, erroneamente
esistente anche per il fondo del ricorrente Strada.
Tale ultimo fondo di 5100 m 2 era esclusivamente interessato dalla presenza
di “pneumatici travi di ferro dimesse nel corso di demolizione” ossia cose non
costituenti rifiuto, laddove invece sul fondo della signora Alò, distaccato da quello
del ricorrente, erano stati rinvenuti rifiuti di lavorazione, in parte anche interrati
e tuttavia il tribunale del riesame aveva omesso di discernere in maniera distinta
le due differenti situazioni, risultando perciò irrimediabilmente viziato il
provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione di legge per avere
ingiustamente ritenuto sussistente il reato di gestione di discarica abusiva anche
in relazione alla situazione riscontrata sul fondo del ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in
mancanza di motivazione anche in relazione alla sussistenza delle condizioni
legittimanti la prosecuzione del vincolo (articolo 606, comma 1, lettera e), codice
di procedura penale).

soprattutto da materiali di risulta della attività di lavorazione dei marmi (sfridi di

Sostiene che il provvedimento impugnato innanzi al tribunale del riesame
già conteneva scarne indicazioni in relazione alle esigenze probatorie giustificati
il mantenimento del sequestro tant’è che il pubblico ministero, in sede di
riesame, ha tentato di integrare la motivazione del provvedimento di convalida,
all’evidenza lacunosa, con la conseguenza che il vizio di origine, rilevato pure dal
tribunale, in ordine alla motivazione delle esigenze probatorie legittimanti il
sequestro, permanevano e tuttora permangono, riflettendosi nello stesso
provvedimento del tribunale del riesame e costituendo ciò uno specifico profilo

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza ed in quanto
presentato nei casi non consentiti.

2. Quanto al primo motivo di gravame, è sufficiente premettere che la
giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che il ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di
sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per
violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606,
lettera e) cod. proc. pen., pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza
assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in
quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876
del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 . V. anche Sez. 6, n. 6589 del
10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv.
248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916; Sez. 5, n. 8434
del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255).
Nel caso di specie, il tribunale cautelare, con accertamento di fatto
correttamente motivato, ha affermato che in data 24 settembre 2014 agenti ed
ufficiali in servizio presso la compagnia della Guardia di Finanza di Francavilla
Fontana eseguivano un controllo in contrada Pezze Le Monache, in agro Villa
Castelli, al fine di appurare l’eventuale esistenza di una discarica abusiva gestita
dai responsabili della società marmi Strada S.r.l.
Gli operatori eseguivano sette carotaggi all’interno del fondo, accertando la
presenza in ciascuno di essi di “polveri, fanghi e sfridi rinvenientí dalle attività di
lavorazione del marmo” oltre a “residui di demolizione di cemento armato, ferro
e materiale bituminoso da demolizione stradale”.
Il fondo, oggetto del sopralluogo, consisteva in due distinte particelle
adiacenti tra loro, di estensione complessiva pari a 3581 m 2 e di proprietà

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invalidante l’ordinanza impugnata.

rispettivamente di Ora Alò e di Cosimo Strada, entrambi titolari di quote della
società Marmi Strada S.r.l., rappresentata dall’odierno ricorrente.
All’udienza camerale del 22 ottobre 2014, il pubblico ministero, secondo
quanto emerge dal testo del provvedimento impugnato, ha integrato il decreto di
convalida del sequestro evidenziando le specifiche esigenze cautelari sottese
all’imposizione del vincolo.
Il Collegio cautelare ha poi affermato come – dalla documentazione acquisita
ed in particolare dalla comunicazione della notizia di reato ed dal processo

emerso che all’interno dell’area estesa 3581 m 2 ritenuta di proprietà anche del
ricorrente era stato interrato un significativo quantitativo di materiale di risulta,
ragionevolmente derivante dall’attività di vendita e lavorazione del marmo, del
quale si occupava proprio la società gestita e rappresentata dal ricorrente.
Il tribunale della libertà ha dunque stimato che la conformazione del terreno,
innalzato di un metro rispetto al piano di campagna, confermasse l’utilizzo
massivo come “contenitore” dei rifiuti prodotti dalla società “marmi Strada S.r.l.”
a dimostrazione della predisposizione di una struttura organizzata, finalizzata alla
realizzazione e alla gestione di una discarica abusiva di rifiuti speciali, anche
pericolosi.
Il tribunale ha perciò ritenuto condivisibili le esigenze probatorie
rappresentate dal pubblico ministero siccome finalizzate ad accertare la natura,
la quantità, la provenienza dei rifiuti all’interno dell’area (nel suo complesso) al
fine di valutare la esatta consistenza dei rifiuto e l’eventuale presenza di altro
materiale, anche diverso da quello descritto, mentre alcun rilievo è possibile
attribuire alla prospettata confiscabilità dei terreni in assenza, salvo conversione,
di una misura cautelare reale (sequestro preventivo).
Ne consegue pertanto che, al cospetto di una congrua e logica motivazione
che ha investito il complesso dei beni oggetto del sequestro probatorio, i rilievi
formulati dal ricorrente si traducono in mere asserzioni, prive di autosufficienza
(fondo di 5.100 mq), o in censure che attengono esclusivamente a vizi della
motivazione, non alla sua assenza o alla sua apparenza, e che non sono
consentite in sede di legittimità, quanto all’impugnazione dei provvedimenti
cautelari reali.
Tant’è che, rispetto alle ragioni giustificative del vincolo, il ricorrente, salvo a
reiterare la distinzione dei fondi, non ha preso alcuna specifica posizione circa la
ritenuta predisposizione di una struttura organizzata, finalizzata alla
realizzazione e alla gestione di una discarica abusiva di rifiuti speciali, anche
pericolosi, giustificativa tanto del fumus quanto delle esigenze probatorie sottese
al sequestro dei beni ricondotti all’esercizio dell’attività della società “marmi
Strada S.r.l.”.
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verbale di sequestro operato dalla Guardia di Finanza – fosse chiaramente

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato avendo le Sezioni Unite di
questa Corte affermato che, qualora il pubblico ministero non abbia indicato, nel
decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione dell’accertamento
dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione
della misura, tali ragioni l’organo dell’accusa può legittimamente esplicitare nel
contradditorio camerale in sede di procedimento di riesame e solo laddove egli
abbia persistito nell’inerzia pure nel contraddittorio del procedimento di riesame,
il giudice di quest’ultimo non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il

mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur
doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questo radicalmente e
illegittimamente pretermesse (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in
proc. Bevilacqua, Rv. 226712).
Ne consegue che quando, come nella specie, il pubblico ministero abbia
enunciato le esigenze probatorie necessarie per l’accertamento dei fatti in sede
di procedimento di riesame, la parte attinta dal vincolo non può più sostenere
l’illegittimità originaria del decreto di sequestro probatorio, avendo il pubblico
ministero provveduto a colmare la carenza motivazionale, spettando solo
all’organo dell’accusa di identificare ed allegare le ragioni probatorie che, in
funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in
concreto l’applicazione della misura.

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere
che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 13/05/2015

perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare

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