Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36907 del 20/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36907 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

CANESI ANDREA

n. il 06.06.1985

avverso la sentenza n. 3668/13 della Corte d’appello di Milano del
24.05.2013
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita all’udienza pubblica del 20 giugno 2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Oscar Cedrangolo
che ha concluso per l’annullamento della sentenza limitatamente al
trattamento sanzionatorio.

Data Udienza: 20/06/2014

RITENUTO IN FATTO
CANESI Andrea ricorre per cassazione avversala sentenza, in epigrafe
indicata, della Corte d’Appello di Milano di conferma della sentenza di
condanna emessa nei suoi confronti dal locale Tribunale il 4.11.2011 in
ordine al delitto di cui all’art. 73. V comma, d.P.R- 309/90 (detenzione a
fine di specchio di sostanza stupefacente nella specie cocaina).
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge avente ad
oggetto l’eccezione di nullità della notificazione del decreto di citazione a

iieputato al recapito del decreto di citazione, aveva indicato la madre
dell’imputato, a cui era stata consegnata la copia dell’atto, come
“convivente” del figlio, ancorché fosse stata esibita documentazione
anagrafica da cui emerge che il nucleo familiare della madre occupa un
appartamento, benchè situato nello stesso stabile, diverso da quello
occupato dal figlio.
Con il secondo motivo si denuncia altra violazione di legge per essere
state poste a base del convincimento di colpevolezza le dichiarazioni rese da
Pietrostefani Linda (ha asserito che la sostanza stupefacente trovata in suo
possesso le era stata ceduta dal CANESI) non considerando che la stessa, in
quanto concorrente nel reato, non poteva essere sentita come teste ex art.
197 e 197 bis c.p.p. Inoltre, la Corte/ su specifico rilevo, aveva ritenuto
inattendibili le dichiarazioni difensive dell’imputato ancorché riscontrate da
quelle del teste Grecchi, conferendo maggiore credibilità alla versione resa
dalla Pietrostefani. In sostanza il Grecchi aveva confermato di consumare
“una due volte al mese” la sostanza con il CANESI e la Pietrostefani,
comprata a turno da uno di loro da nord africani e che, qualche giorno prima
che venisse trovata alla Pietrostefani, questa aveva chiesto l al CANESI di
anticipare i soldi per l’acquisto dello stupefacente da usare nei giorni
seguenti a casa di uno di loro, fornendo una descrizione dettagliata
dell’appartamento della donna.
Con il terzo motivo si contesta la corretta applicazione dei parametri di
cui all’art. 133 cod. pen..

RITENUTO IN DIRITTO.
2. I motivi esposti, di cui alcuni non consentiti in sede di legittimità, sono
infondati e determinerebbero il rigetto del ricorso, ma il Collegio non può non
tener conto dello ius superveniens di cui al comma 24 ter

1 del D.L.

36/2014 convertito in L. 79/2014 con cui è stato modificato il comma V dell’art.

giudizio del grado di appellor evidenziandosi che l’ufficiale giudiziario /

73 d.P.R. 309/90 attribuendo all’ipotesi ivi prevista la configurazione di figura
autonoma di reato anziché di circostanza attenuante speciale con la modifica
dell’assetto delle pene.
3. Quanto al motivo riguardante la eccepita nullità della notifica del
decreto di citazione dell’imputato innanzi alla Corte d’appello è da ritenersi
infondata, condividendosi la soluzione sul punto del giudice di secondo grado
in quanto aderente al dato normativo ed alla giurisprudenza di questa Corte.

convivente non si intende soltanto coloro che vivono stabilmente con il
destinatario dell’atto e quindi anagraficamente facciano parte della sua
famiglia, ma anche quelle che, per altri motivi, si trovino al momento della
notificazione nella casa di abitazione del medesimo, purché le stesse, per la
qualifica declinata all’agente notificatore, rappresentino a quest’ultimo una
situazione di convivenza, sia pure di carattere meramente temporaneo, che
legittima nell’agente notificatore medesimo il ragionevole affidamento che
l’atto perverrà all’interessato (Cass., Sez. 3, 21.11.2007, n. 200. Cfr. anche
Cass., Sez. 4, 4.6.2008, n. 27549; id., Sez. 4, 9.5.2006, n. 30863; id., Sez.
4, 12.1.2006, n. 14752; id., Sez. 1, 17.3.2005, n. 19035).
Puntualmente, in fatto, la Corte del merito ha evidenziato che il recapito
indicato nell’atto di citazione corrisponde alla residenza dell’imputato,
domicilio dallo stesso dichiarato all’udienza di convalida dell’arresto, ove si
trovava la madre, che ha aperto la porta dell’appartamento del figlio
all’ufficiale giudiziario ed ha accettato l’atto, sottoscrivendo la relazione di
notifica in qualità di persona convivente.
3. 1. Quanto ai motivi che riguardano la ritenuta responsabilità penale del
ricorrente le relative censure sono ripetitive delle argomentazioni già
sottoposte al vaglio del giudice dell’appello, manifestamente infondate e, in
gran parte, dedotte con formulazioni generiche concernenti apprezzamenti di
merito incensurabili in questa sede.
Nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato il seguente principio
di diritto: “È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua
genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni

Con riferimento t infatti all’asserita estraneità di Cianciulli Rita dal nucleo
I
familiare del CANESI, vale ricordare che, ai fini delle notificazioni, per familiare

del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a
mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in termini,
Sez. 4, N. 256/98 – ud. 18/9/1997 – RV. 210157; nello stesso senso Sez. 4, N.
1561/93 – ud. 15/12/1992 – RV. 193046).
Il ricorso per cassazione deve rappresentare censura alla sentenza
impugnata, criticandone eventuali vizi in procedendo o in iudicando: esso,
quindi, non può consistere in una supina riproposizione delle doglianze
espresse con l’appello, ma deve consistere in una critica alle ragioni in fatto

disattendere il gravame.
Ebbene, la Corte facendo proprio l’impianto motivazionale di giudice di
primo grado ha evidenziato come lo stesso abbia ampiamente motivato circa
la maggiore credibilità data alle dichiarazioni della Pietrostefani, rilevando che
la versione “dell’uso di gruppo” introdotta dal teste Grecchi Gabriele non
regge in quanto risulta in radicale contrasto con quella esposta dall’imputato
in sede di convalida dell’arresto e non presenta alcuno dei presupposti della
fattispecie legale del consumo di gruppo come delineato, costantemente, da
questa Corte di legittimità
3.2 Quanto alla eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni della
Pietrostefani, sollevate per la prima volta in questa sede (non risultando dalla
sentenza impugnata la formulazione di un analogo motivo di gravame) si
rileva che la censura non trova fondamento non essendo stato offerto alcun
elemento da cui possa ritenersi che la Pietrostefani sia imputata nello stesso
procedimento o in altro connesso. Tutt’al più si sarebbe potuta eccepire la
violazione dell’art. 63 del codice di rito, che, comunque, posto che, come più
volte affermato da questa Corte, le dichiarazioni “indizianti” evocate da tale
articolo (comma 1) sono quelle rese da un soggetto sentito come testimone o
persona informata sui fatti che riveli fatti da cui emerga una sua responsabilità
penale e non quelle attraverso il quale il medesimo soggetto realizzi il fatto
tipico di una determinata figura di reato (ad es. calunnia, falsa testimonianza
o favoreggiamento personale). Detta norma di garanzia, infatti, è ispirata al
principio nemo tenetur se detegere, che salvaguarda la persona che abbia
commesso un reato e non quella che il reato debba ancora commettere (v.
Cass., 5 maggio 2000, Zoppe; Cass., 5 maggio 2000, Papa; Cass., 3 dicembre
1998, Francese; Cass., 8 ottobre 1998, Petrangeli; Cass., 25 settembre 1997,
Bizzarro).
Nello stesso senso, con maggiore specificazione si è affermato che, poiché
la destinazione ad uso di terzi costituisce lemento essenziale del reato, la

//

e/o in diritto sulla cui scorta il secondo giudice ha ritenuto di dover

persona trovata in possesso di sostanza stupefacente va considerata, almeno
fino a che nei suoi confronti non siano emersi concreti elementi indicativi della
finalità di spaccio e non sia stata effettuata l’iscrizione nel registro degli
indagati, persona informata sui fatti, le cui dichiarazioni pertanto possono
essere utilizzate contro i terzi ai sensi dell’art. 63, comma 1, cod.proc.pen.
(sez. 4, 24.02.2001, n. 17104, Rv. 219451).
4. La nuova formulazione del V comma richiamato riguarda tutti i tipi di
sostanza stupefacente, senza alcuna distinzione tra droghe pesanti e droghe

multa da C 1.032 ad C 10.329, inferiore a quella prevista dal precedente d.l.

146 del 2013 convertito in L. 10/2014 ( che già aveva configurato l’ipotesi di
cui al comma V art. 73 come fattispecie autonoma di reato, senza distinzioni tra
tipi di droga, con una pena detentiva da uno a cinque anni), ed ancora più mite
rispetto alla pena prevista dallo stesso articolo nella formulazione (Legge
Fini/Giovanardi) in vigore al momento del fatto.
Inoltre è stato inserito il comma V bis dell’art. 73 in base al quale
“nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo
commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti
o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena
su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, su
richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba
concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare,
anziche’ le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui
all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi
previste.”
4.1 Va anche ricordato che, ancor prima dell’entrata in vigore della L79/2014 e successivamente all’entrata in vigore del D.L. 146/2013, convertito in
L. 10/2014, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2014, depositata
il 25.02.2014, che, per quanto qui rileva, ha dichiarato la illegittimità
costituzionale dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del testo dell’art. 73
d.P.R. 309/90 nella formulazione di cui alla predetta legge c.d. “Fini-Giovanardi”,
determinando, come dalla Corte Costituzionale espressamente affermato,
l’applicazione dell’art. 73 del predetto d.P.R. 309/90 e relative tabelle nella
formulazione originaria (Legge c.d. “Iervolino-Vassalli”).
4.2

Sul piano intertemporale, il problema dell’individuazione della legge

più favorevole va risolto, secondo quanto costantemente affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte , privilegiando la disposizione in concreto

6

leggere, e prevede la pena della reclusione da mesi sei ad anni quattro e la

complessivamente più favorevole (e non attraverso una combinazione di parti di
disposizioni diverse), e distinguendo:
c) i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della “Fini – Giovanardi”, da
giudicare scegliendo la legge più favorevole tra quella in vigore al momento
del fatto (ovvero tra l’originario comma 5 dell’art. 73, circostanza attenuante
ad effetto speciale articolata in distinte previsioni sanzionatorie a seconda
della tipologia “pesante” o “leggera” della sostanza trattata) ed il reato
autonomo introdotto dal d.l. 146 del 2013: senza alcuna possibilità di fare
/ex intermedia

dichiarata incostituzionale, dal momento che “il principio di retroattività della
norma penale più favorevole in tanto è destinato a trovare applicazione, in
quanto la norma sopravvenuta sia, di per sé, costituzionalmente legittima”
(Corte cost., sent. n. 394 del 23 novembre 2006);
d) i fatti commessi durante la vigenza della “Fini – Giovanardi”, in relazione ai
quali dovrà invece tenersi conto, nell’individuazione della legge più
favorevole, anche delle norme dichiarate incostituzionali,

“per il valore

assoluto del principio di irretroattività della norma meno favorevole” 2 .
E’ in tale contesto che si colloca l’ulteriore modifica, apportata all’art. 73 comma
5 del testo unico, dalla legge n. 79: modifica, come già evidenziato, consistita
esclusivamente nella mitigazione della risposta sanzionatoria (reclusione da sei
mesi a quattro anni e multa da euro 1.032 a euro 10.329, in luogo della
reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000),
senza alcun intervento volto a ripristinare la distinzione tra “droghe leggere” e
“droghe pesanti”, che – come già più volte accennato – è ormai tornata in vigore
per i fatti non lievi e che, nell’originaria formulazione dell’art. 73 del testo unico,
connotava anche il trattamento sanzionatorio per i fatti di lieve entità.
5. In ragione di quanto esposto e dovendo trovare applicazione la
disposizione di cui all’art. 2, comma 4 codice penale, si impone l’annullamento
della sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio che dovrà essere
valutato dal giudice del rinvio anche con riferimento alla possibilità di
applicazione della pena sostitutiva.
Resta definitiva la dichiarazione di responsabilità penale in ordine al reato
ascritto.
P.Q.M.
Annulla la sencancak„, imptowa a limitatamente al trattamento
sanzionatorio, con rinvÌ Cid’Appello di Milano; rigetta il ricorso nel
resto.

applicazione – anche se in ipotesi più favorevole – della

Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara irrevocabilità della sentenza in ordine
all’affermazione di responsabilità penale dell’imputato

Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 20 giugno 2014.

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