Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36887 del 14/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36887 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
FONTI GIUSEPPE

n. il 29.11.1973

avverso la sentenza n.4899/14 della Corte d’appello di Palermo del 03.12.2014
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso

Udita all’udienza pubblica del 14 luglio 2015 la relazione fatta dal Consigliere dott.
Claudio D’Isa
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott.ssa Marilia Di Nardo che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 14/07/2015

RITENUTO IN FATTO

FONTI GIUSEPPE ricorre per cassazione avverso la sentenza, in epigrafe
indicata, della Corte d’appello di Palermo che, su gravame del P.M. ed, in riforma della
sentenza di assoluzione, emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Agrigento, in data
15.02.2012, lo ha ritenuto responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza,
condannandolo alla pena di giustizia ed alla sospensione della patente di guida per sei
mesi.
Con il primo motivo si denunciano vizio di motivazione e violazione di legge

responsabilità. Si premette che la Corte del merito ha ritenuto rilevante, ed ha
riformato la sentenza di primo grado, la sola constatazione da parte dei carabinieri
degli elementi sintomatici dello stato di ebbrezza da loro evidenziati, la quale ha
trovato conferma negli esiti dell’alcoltest, non tenendo conto, come correttamente
evidenziato dal Tribunale, che tali esiti erano risultati falsati dall’assunzione da parte
del ricorrente di due fitofarmaci utilizzati per curare la tosse.
Con il secondo motivo si denunciano vizio di motivazione e violazione di
a

legge con riguardo alla mancata concessione del beneficio della sospensione
condizionale della pena, solo in ragione del comportamento processuale del FONTI.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi non meritano accoglimento con il conseguente rigetto del ricorso.
Quanto alla censura, oggetto del primo motivo, è stato affermato dalla
questa Corte di legittimità il principio secondo cui, in tema di guida in stato di
ebbrezza, l’esito positivo dell’alcotest costituisce prova della sussistenza dello stato di
ebbrezza ed è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale
accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione
dell’aspirazione, non essendo sufficiente allegare la circostanza relativa all’assunzione
di farmaci idonei ad influenzare l’esito del test, quando tale affermazione sia sfornita di
riscontri probatori (Sez. 4, n. 45070 del 30/03/2004, P.M. in proc. Gervasoni, Rv.
230489). Nel caso che occupa la corte territoriale ha dato conto del fatto che
l’imputato aveva prodotto una relazione medica da cui si evinceva che i farmaci
asseritannente assunti potevano comportare un aumento del livello ematico di alcol ed
un aumento del livello di alcol espulso tramite espirazione ma ha ritenuto, con
motivazione esente da vizi logici, che ciò non provava ne’ l’assunzione del farmaco ne’
che la causa certa del rilevato tasso alcolemico fosse riconducibile all’assunzione di
esso.
Inoltre, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto
secondo cui neppure in astratto la circostanza dell’assunzione del farmaco poteva
assumere rilievo, trattandosi di reato colposo in relazione al quale spettava in ogni
caso al conducente accertarsi, senza potersi avvalere della dedotta ignoranza e
incorrendo in caso contrario in colpa, della compatibilità dell’assunzione del farmaco

con riferimento agli elementi istruttori che avrebbero supportato la penale

con la circolazione stradale al momento di mettersi alla guida (cfr. Sez. 4, n. 19386 del
05/04/2013, De Filippo, Rv. 255835).
Parimenti infondato è il secondo motivo, atteso che è lasciato al prudente
apprezzamento del giudice del merito, quando ne ricorrano le condizioni di legge,
concedere o meno il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Nel caso concreto la Corte lo ha denegato con motivazione ampiamente
esaustiva immune da vizi logici.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente medesimo al
pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
Così deciso in Roma all’udienza del 14 luglio 2015.

P.Q.M.

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