Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36879 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36879 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARTINO LAZZARO N. IL 03/05/1993
avverso la sentenza n. 3224/2014 TRIBUNALE di FOGGIA, del
28/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 24/06/2015

Fatto e diritto
Martino Lazzaro, imputato in ordine a due fattispecie criminose di
cui al reato p. e p. dall’articolo 73 commi l e 1 bis d.PR.
309/90, ricorre per cassazione contro la sentenza di applicazione
concordata della pena in epigrafe indicata emessa dal Tribunale di
Foggia in data 28 ottobre 2014, deducendo mancanza di motivazione
della medesima in ordine alla sussistenza dei presupposti di una
delle “cause di non punibilità” di cui all’articolo 129 c.p.p..

Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p.,
perché proposto per motivi manifestamente infondati. Come questa
Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla
particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto
qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, ovvero
implicitamente, come nella fattispecie di cui è processo, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la
sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione
giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la
concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la
efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli
negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso
contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche
implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge
e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di
proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta
delle parti, il giudice decide, invero, sulla base degli atti
assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le
anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse
preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e
ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata
applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza precisare per quali
specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.
Il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile. Segue, a
norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della
somma di euro 1500,00 (millecinquecento/00) a titolo di sanzione
pecuniaria.

191

P.

q

m.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
millecinquecento euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio del 24.06.2015

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