Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36874 del 26/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 36874 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORDI MATTEO N. IL 23/09/1973
avverso l’ordinanza n. 3/2013 TRIB. LIBERTA’ di BOLZANO, del
25/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LAPALORCIA;
ha/sentite le conclusioni del PG Dott.
edlJ
cik-Uht-0LQ n_c-g2}11-0 9U,

Uditi difensor Avv.f. l? A L () 1

(1._9)

Data Udienza: 26/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Matteo SORDI, indagato per concorso con il liquidatore della AGRIMPORT spa dichiarata
fallita il 30-3-2012, nel reato di cui agli artt. 216, comma 1 e 223 legge fall., ha
proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore avv. F. Palumbo, avverso
l’ordinanza in data 25-1-2013 con la quale il Tribunale del Riesame di Bolzano ha
confermato il decreto di sequestro preventivo, emesso il 2-1-2013 dal Gip dello stesso
tribunale, avente ad oggetto 58 marchi, 7 registrazioni di prodotti fitosanitari e 3

questa ceduti con atto notarile 23-8-2011 per il prezzo irrisorio di euro 5000, alla
ORIUS srl (in realtà a Sordi che li conferiva nella stessa), società all’uopo costituita per
operare nello stesso settore, di cui Sordi, già dipendente della Agrimport, era socio al
50%, mentre socio per l’altro 50% era il coindagato.
2. Va premesso che gli stessi beni erano stati oggetto di un provvedimento di sequestro
probatorio in data 4-12-2012 annullato in sede di riesame.
3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione del ne bis in idem per motivazione
inesistente o apparente in ordine alla sequestrabilità dei beni, già esclusa nel
provvedimento di annullamento del sequestro probatorio.
4. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta falsa applicazione dell’art. 321 codice di rito
per mancanza o apparenza di motivazione in ordine alla sequestrabilità dei beni
immateriali con particolare riferimento alle registrazioni e alle domande di registrazione
dei prodotti fitosanitari che, a differenza dei marchi, tali non sono, trattandosi di
atti/provvedimenti amministrativi.
5. Con il terzo motivo il ricorrente censura l’ordinanza di falsa applicazione dell’art. 321
codice di rito per mancanza o apparenza di motivazione in ordine alla confiscabilità dei
beni di un soggetto fallito, destinati alla massa fallimentare per il tramite di azioni
revocatorie. Principio che, affermato da questa corte in relazione al sequestro
probatorio, sarebbe applicabile, secondo il ricorrente, anche a quello preventivo.
Inoltre sarebbe stato pure disatteso il principio affermato dalla sezioni unite
(29951/2004) per il quale, nel disporre il sequestro preventivo nella forma impeditiva di
cui al primo comma dell’art. 321, occorre bilanciare, in caso di beni fallimentari, le
ragioni della cautela con gli interessi dei creditori (nella specie il curatore non aveva
proposto revocatorie né azione di responsabilità verso gli amministratori).
6. Quarto motivo: motivazione inesistente/apparente sul fumus commissi delicti in quanto
l’ipotesi delittuosa contestata (e cioè l’aver cagionato con dolo o per effetto di
operazioni dolose il fallimento della società) era da escludere risultando accertato dal
curatore che lo stato d’insolvenza era antecedente alla cessione dei beni oggetto del
sequestro. Inoltre i giudici di merito erano incorsi in una serie di travisamenti della
prova e, laddove avevano ritenuto che la cessione di beni alla Orius comportasse il
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domande di registrazione che, già di appartenenza della Agrimport, erano stati da

trasferimento dell’avviamento della società poi fallita, erano smentiti dal provvedimento
del tribunale di Venezia 28-2-2012 da cui risultava, a differenza della consulenza di
parte su cui si era basato il Gip, che i beni trasferiti, risolti i sottostanti contratti di
commercializzazione, erano insuscettibili di produrre reddito (tra l’altro molti marchi
analoghi erano già stati registrati da altre società, mentre altri simili erano stati in
precedenza ceduti da Agrimport a prezzo simbolico o comunque ridotto).
7. Quinto motivo: motivazione apparente sul periculum in mora in quanto il trasferimento
dei beni non aveva avuto come destinatario la Orius alla quale non era stato indirizzato

di proprietà della società Fine in quanto nel maggio 2011 i rapporti commerciali
Agrimport/Fine erano stati risolti e quindi la successiva instaurazione del rapporto
Fine/Orius non era intervenuta in concorrenza con la società poi fallita.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.
2. La preclusione procedimentale in ordine alla sequestrabilità dei beni, sottesa al primo
motivo, non sussiste per l’ovvia ragione che la sequestrabilità era stata esclusa nel
provvedimento di annullamento del sequestro probatorio avente ad oggetto gli stessi
beni, non già per l’intrinseca ed oggettiva impossibilità di sottoporre a misura cautelare
reale marchi, registrazioni di prodotti fitosanitari e relative domande di registrazione,
ma piuttosto perché questi non costituivano corpo di reato né erano destinabili a fini di
prova come cose pertinenti al reato.
3. Il secondo motivo è infondato trascurando che non solo i marchi ma tutto quanto
oggetto nella specie della misura reale rientra nella categoria dei beni immateriali,
potendo anche le registrazioni di prodotti fitosanitari e le relative domande di
registrazione formare oggetto di diritti in quanto dotate di autonoma trasferibilità e di
valore economico nel contesto dell’attività delle imprese operanti nel settore (non a
caso il Sordi, dopo averle acquistate da Agrimport per il corrispettivo di C 5000, le
aveva conferite, con i marchi, nella società Orius, appositamente appena costituita per
operare nel medesimo settore).
4. Il terzo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza laddove critica l’ordinanza
per mancanza o apparenza di motivazione in ordine alla confiscabilità dei beni di un
soggetto fallito, destinati alla massa fallimentare per il tramite di azioni revocatorie,
senza tener conto che il sequestro preventivo di cui si tratta è quello di cui al primo
comma dell’art. 321 codice di rito e non quello preordinato alla confisca facoltativa, di
cui al secondo comma della norma citata, non potendo quindi trovare applicazione il
principio invocato, relativo al sequestro probatorio. Né il ricorrente è legittimato a far
valere il principio affermato dalla sezioni unite di questa corte (29951/2004) per il

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il sequestro e che commercializza un prodotto la cui registrazione ed il cui marchio sono

quale, nel disporre il sequestro preventivo nella forma impeditiva di cui al primo comma
dell’art. 321 citato, occorre bilanciare, in caso di beni fallimentari, le ragioni della
cautela con gli interessi dei creditori -aspetto sul quale peraltro il tribunale del riesame
non ha mancato di motivare-, per totale carenza di interesse alla tutela degli interessi
del ceto creditorio non essendo egli l’indagato qualificato, ma terzo interessato. Anche
sotto tale profilo il terzo motivo è pertanto inammissibile.
5. Il quarto motivo, inerente alla sussistenza del

fumus commissi delicti, è

manifestamente infondato laddove, muovendo dal presupposto che l’ipotesi delittuosa

fallimento della società, fa leva sull’accertamento del curatore fallimentare circa
l’anteriorità dello stato d’insolvenza rispetto alla cessione dei beni oggetto del
sequestro. Tale doglianza è assolutamente inconsistente sotto un duplice profilo: da un
lato perché muove da un presupposto erroneo in fatto, essendo in realtà contestata,
come risulta dal decreto di sequestro, la bancarotta fraudolenta patrimoniale, dall’altro
perché trascura, in diritto, che il reato di bancarotta impropria da reato societario
sussiste pur quando la condotta illecita abbia concorso a determinare anche solo
l’aggravamento di un dissesto già in atto della società (Cass. 17021/2013). L’altro
profilo del motivo in esame prospetta poi, sotto l’apparente deduzione del travisamento
della prova, vizio di motivazione, improponibile in questa sede ex art. 325, comma 1,
cod. proc. pen., contrapponendo alla valutazione dei giudici di merito -secondo la quale,
sulla base della consulenza di parte utilizzata dal Gip, la cessione dei beni, poi
sequestrati, alla Orius comportava il trasferimento dell’avviamento (in realtà anche del
patrimonio, secondo l’ordinanza impugnata) della società in seguito dichiarata fallita-,
una diversa interpretazione, ancorata ad un provvedimento emesso in sede di ricorso
ex art. 700 cod. proc. civ. proposto dalla Orius per l’uso dei marchi che Agrimport

intendeva inibirle, da cui risulterebbe che i beni trasferiti, risolti i sottostanti contratti di
commercializzazione, erano insuscettibili di produrre reddito. Provvedimento, allegato al
ricorso, che si limita peraltro solo a dare atto della risoluzione dei contratti di
commercializzazione (aspetto che si tratterà nell’ambito del quinto motivo).
6.

Anche il quinto motivo è affetto da inammissibilità. Il ricorrente, evidenziando
circostanze quali a) il provvedimento di sequestro non aveva avuto come destinatario la
società Orius la quale non era l’acquirente dei beni, b) detta società commercializza un
prodotto la cui registrazione ed il cui marchio sono di proprietà della società Fine, il
rapporto di Agrimport con la quale era stato risolto nel maggio 2011, c) la successiva
instaurazione del rapporto Fine/Orius non era quindi intervenuta in concorrenza con la
società poi fallita, ed invocando motivazione apparente sul periculum in mora, pretende
di ignorare che l’acquirente dei beni era lo stesso Sordi il quale li aveva conferiti subito
dopo nella Orius, società all’uopo costituita per operare nello stesso settore, di cui il
predetto, già dipendente della Agrimport, era socio al 50%, mentre socio per l’altro
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contestata sia quella di aver cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il

50% era il coindagato. Con piena ragione quindi il tribunale di Bolzano ha ravvisato
l’esigenza cautelare nel fatto che la Orius operasse sul mercato utilizzando il patrimonio
e l’avviamento della fallita e traendone notevoli profitti in danno dei creditori del
fallimento Agrimport, dal momento che tutta l’operazione risulta orchestrata per
trasferire e i marchi e le registrazione dei prodotti fitosanitari da quest’ultima società,
privata quindi di ogni risorsa, alla Orius che poteva così instaurare il rapporto di
distribuzione con Fine.
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26-6-2013
Il consigliere est. j

Il Presidente

processuali.

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