Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3687 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3687 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Visintin Gianfranco, n. a Monfalcone il 09/05/1954;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova in data 11/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Izzo, che ha concluso per la non rilevanza della questione di
legittimità costituzionale e per l’inammissibilità degli altri motivi;
udite le conclusioni dell’Avv. G. Gardella , quale difensore di fiducia, che si è
riportato ai motivi•
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RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Genova, dopo avere disposto la restituzione in termini
per proporre impugnazione, ha, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Chiavari di condanna di Visintin Gianfranco per il reato di cui all’art. 30 della
legge n. 394 del 1991 per avere ormeggiato l’unità navale “Cairos” nella baia di
Paraggi in violazione del regolamento dell’area protetta di Portofino, ridotto la
pena ad euro 4.000,00 di ammenda.

Data Udienza: 11/12/2013

2. Ha proposto ricorso l’imputato tramite il proprio difensore lamentando con un
primo motivo la violazione degli artt. 162 bis c.p. e 175 c.p.p.; lamenta che
l’art. 175, comma 2 c.p. prevede la restituzione in termini del condannato in
contumacia unicamente per proporre impugnazione od opposizione sì che, una
volta restituito in termini lo stesso, questi non può esperire eventuali riti

ancor più, di essere giudicato in due gradi di merito; e ciò in contrasto con l’art.
6 della Convenzione edu e con gli artt. 2, 3, 24 e 111 Cost. Nella specie, quindi
egli, pur essendo stato restituito in termini per appellare, è privo del diritto di
esercitare la facoltà di oblazione di cui avrebbe potuto avvalersi in primo grado
ove avesse avuto regolare conoscenza del procedimento. Chiede pertanto che
venga sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 162 bis c.p. e
175 c.p.p. suddetti.
Con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 19, comma 3, e 30 della
I. n. 394 del 1991; evidenzia che, ancorata l’imbarcazione parallelamente alla
linea idealmente tracciata dalla boa segnalante l’area protetta della baia (come
illustrato anche da fotografia di cui si era chiesta l’acquisizione in sede di
appello), a causa di una leggera brezza di vento, la stessa aveva ruotato di circa
60 gradi scivolando lentamente all’interno; in ogni caso evidenzia il dato
fondamentale che l’ancora era stata calata fuori dell’area protetta a nulla
rilevando la posizione dell’imbarcazione; infatti nella zona cosiddetta C, ovvero di
riserva parziale, in cui ricadrebbe l’area in questione, l’ancoraggio sarebbe
consentito, come previsto dal’art.18 del regolamento dell’area protetta di
Portofino, salvo il divieto di calare l’ancora oltre la linea idealmente e
normativamente tracciata dalla boa.
Con un terzo motivo lamenta la mancata assunzione di prova decisiva e
mancanza di motivazione in ordine al diniego di rinnovazione dell’istruzione;
premesso che in sede di appello si erano richieste l’acquisizione di riproduzioni
fotografiche nonché l’esame dell’imputato e di alcuni testimoni presenti
sull’imbarcazione, lamenta che la Corte territoriale, ritenendo irrilevante che
l’ancora potesse essere stata calata al di fuori della linea delimitata dalla boa,
abbia rigettato l’istanza, fondando tale decisione, oltre che sulla illegittima
esclusione del diritto alla prova, sulla errata interpretazione di norme già
denunciata con il secondo motivo.

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alternativi o richiedere, come nella specie, di essere ammesso all’oblazione, o,

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Con riguardo al primo motivo, va premesso che il ricorrente ha, con atto del
25/06/2012, chiesto ed ottenuto dalla Corte d’Appello di Genova la restituzione
nel termine ex art. 175, comma 2, c.p.p., per potere interporre appello avverso
la sentenza del Tribunale di Chiavari in quanto pronunciata nei suoi confronti in

l’atto di appello, richiesto preliminarmente alla Corte territoriale la restituzione
nel termine per proporre istanza di oblazione allegando che l’impossibilità di
conoscere, oltre che la sentenza di primo grado, altresì il decreto di citazione
avanti al Tribunale, lo ha privato del potere di formulare rituale e tempestiva
istanza di oblazione. Tale istanza di restituzione in termini è stata tuttavia
rigettata dalla Corte d’Appello in quanto formulata senza alcuna doglianza,
ritenuta invece dalla Corte necessaria, in ordine alla nullità degli atti introduttivi
del giudizio di primo grado.
Il ricorrente ha quindi sollevato, avanti a questa Corte, la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 162 bis c.p. e 175 c.p.p. in relazione agli artt. 3, 24 e
111 Cost e 6 della Convenzione edu nella parte in cui, nell’ipotesi in cui
l’imputato non abbia avuto effettiva conoscenza sia del procedimento che del
provvedimento, tali articoli consentirebbero la restituzione nel termine
limitatamente alla proposizione della impugnazione od opposizione da parte dello
stesso e non anche con riferimento alle prerogative esercitabili solo nel corso del
giudizio di primo grado in aperta violazione dei diritti di difesa, di uguaglianza e
del “giusto processo”.
Ciò posto, osserva questa Corte che, anche a voler prescindere dal fatto che il
motivo di ricorso in oggetto non articola alcuna doglianza nei confronti della
decisione sul punto della sentenza impugnata, limitandosi a proporre tout court
l’asserito contrasto delle norme astrattamente applicabili con i principi
costituzionali richiamati, tale questione non è rilevante.
Lo stesso ricorso dà atto infatti della circostanza che l’imputato venne a
conoscenza della intervenuta condanna in contumacia nel momento in cui allo
stesso venne effettuata la notifica dell’ordine di esecuzione per la carcerazione,
avvenuta, come risultante dagli atti (consultabili da questa Corte in ragione della
natura processuale del motivo) e come precisato nella stessa istanza di
restituzione in termini per appellare presentata alla Corte di Genova, in data
30/05/2012; ne consegue che, poiché deve ritenersi che fu in tale momento che
l’imputato acquisì consapevolezza che si era svolto nei suoi confronti un
procedimento, in contumacia, per reato oblabile senza che egli avesse avuto la
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contumacia. Successivamente all’avvenuta restituzione in termini, egli ha, con

possibilità di chiedere, proprio in ragione della sua
all’oblazione nei termini previsti dall’art. 162

absentia, l’ammissione

bis, comma 1, c.p., lo stesso

avrebbe dovuto chiedere comunque la restituzione in termini a tale ultimo fine
nel termine di trenta giorni da tale intervenuta conoscenza, come prescritto
dall’art. 175, comma 2 bis, c.p.p., ovvero, nella specie, entro la data del
30/6/2012. Risulta, invece, che entro tale termine venne unicamente fatta

restituzione in termini per oblare venne effettuata in data 18/09/2012 con i
motivi di appello.
Del resto, una diversa interpretazione che giungesse a riconoscere all’imputato
restituito in termini per appellare, giacché contumace, la possibilità di chiedere
con l’atto di appello di essere rimesso in termini per potere formulare istanza di
oblazione, si risolverebbe del tutto irragionevolmente nell’attribuire allo stesso, a
fronte della mancanza di qualsivoglia eccezione in punto di nullità del giudizio di
primo grado, nella specie mai proposta, una facoltà (ovvero appunto quella di
richiedere l’ammissione in termini per oblare) che mai potrebbe essere
riconosciuta all’imputato processato e condannato non in contumacia.
In definitiva, dunque, la tardiva proposizione dell’istanza di restituzione in
termini per proporre oblazione, precludendo a priori ed a prescindere dalla
latitudine dei poteri e delle facoltà che sono, allo stato attuale della normativa,
esercitabili dal condannato in contumacia restituito in termini, l’applicabilità
dell’istituto della rimessione, rende non rilevante la questione sollevata.

4. Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte ha già affermato che anche se non rientrante nell’elenco
esemplificativo delle attività non consentite in area protetta di cui alla seconda
parte dell’art. 19, comma 3, della legge n. 394 del 1991, l’ormeggio in zona
protetta marina, in quanto operazione caratterizzata dall’ancoraggio, rientra fra
le attività vietate in linea generale dalla prima parte della stessa norma, perché
idonea a comportare la compromissione della tutela delle caratteristiche
dell’ambiente oggetto di protezione (Sez. 3, n. 23054 del 23/04/2013, Mancini,
Rv. 256171; Sez. 3, n. 15742 del 21/03/2012, Palma, Rv. 252382).
Ora, il ricorrente, senza contestare un tale principio, sostiene però che ai fini
dell’attività di ormeggio vietata dalla norma debba aversi strettamente riguardo
alla sola operata collocazione dell’ancora sì che se anche la imbarcazione si
trovasse all’interno dell’area protetta (tale posizione nella specie essendo stata
raggiunta poi per effetto non di una manovra indirizzata consapevolmente a tal
fine ma per effetto della rotazione di circa 60 gradi dovuta al vento), ove l’ancora
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richiesta di restituzione in termini per appellare mentre la prima istanza di

fosse stata comunque gettata al di fuori dell’area in questione il reato non
sussisterebbe.
Tale interpretazione non è tuttavia, come già correttamente motivato dalla Corte
territoriale (secondo cui il natante, il suo motore e le attività umane che ne
conseguono sono fonti di pericolo per lo specchio acqueo e il suo habitat
indipendentemente dal luogo in cui l’ancora viene calata), condivisibile.

volta, come del resto emergente dallo stesso chiaro dettato dell’art. 19 comma 3
cit., ad inibire tutte quelle attività che possano compromettere la tutela delle
caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive
dell’area, all’interno dell’ormeggio vietato deve evidentemente farsi rientrare
anche la posizione che la imbarcazione ottenga per effetto dell’ancoraggio,
indipendentemente dal punto ove quest’ultimo sia effettuato; non è chi non veda
infatti come anche dalla permanenza della sola imbarcazione possano derivare
effetti quali, esemplificativamente, lo scarico, anche solo occasionale, di rifiuti o
la perdita, anche fisiologica, di carburante certamente idonei, a fronte della
struttura di reato di pericolo del reato in questione, a pregiudicare la tutela per
legge dell’area protetta.
Quanto poi all’assunto secondo cui la posizione dell’imbarcazione sarebbe stata
causata dal vento spirante, lo stesso, ove conducente, nell’impostazione del
ricorrente, a sostenere, come pare di potere ritenere, la mancanza dell’elemento
soggettivo del reato, sarebbe in contrasto con la componente anche solo colposa
derivante dalla natura contravvenzionale del reato in questione, tale da imporre,
a chi manovri in prossimità dell’area protetta, di evitare di collocare
l’imbarcazione in posizione che, tenendo conto anche dei venti spiranti, possa
sconfinare in area protetta; la manifesta infondatezza di tale motivo, oltre a
rendere qui non sindacabile l’omessa specifica risposta della Corte territoriale
(cfr. Sez. 5, n. 27202 del 11/12/2012, Tannoia e altro, Rv. 256314 secondo cui
non costituisce causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato
esame di un motivo di appello che risulti manifestamente infondato), comporta
altresì la manifesta infondatezza di ogni questione legata al rigetto della richiesta
di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, consistita, appunto, nel pretendere
di provare una situazione di fatto (ovvero lo sconfinamento dovuto al vento) in
ogni caso, per quanto appena detto, irrilevante.

5.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Infatti, atteso che la ratio posta a fondamento della normativa in questione è

P.Q.M.

Dichiara irrilevante la questione di legittimità costituzionale; rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, 1 1 11 dicembre 2013
Il Presidente

Il Cons liere est.

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