Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36840 del 29/05/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36840 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: VIGNA MARIA SABINA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procurtore della Repubblica presso il tribunale di Palermo

contro

LAMPASONA ROBERTO nato a SANTA ELISABETTA il 01/07/1977

avverso l’ordinanza del 19/02/2018 del TRIB. LIBERTA di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA SABINA VIGNA;

udito il Pubblico ministero nella persona del Sostituto Procuratore generale PAOLO
CANEVELLI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore, avvocato ANTONINO GAZIANO del foro di AGRIGENTO difensore di
fiducia di LAMPASONA ROBERTO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del
ricorso del P.M.

Data Udienza: 29/05/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Palermo ha
annullato l’ordinanza del locale Giudice per le indagini preliminari in data
11/01/2018 con la quale era applicata a Lampasona Roberto la misura cautelare
della custodia cautelare in carcere in ordine al reato di cui all’art. 416 bis cod.
pen. (capo B) per avere fatto parte dell’associazione “Cosa Nostra”, quale
esponente di vertice della “famiglia mafiosa di Santa Elisabetta”, per essersi
messo a totale disposizione dell’organizzazione mafiosa, mantenendo i contatti

di tale condotta.
1.1. Il Collegio della cautela ha evidenziato che nessuna delle condotte
contestate trovava fondamento negli esiti dell’attività di indagine espletata e che
mancavano i gravi indizi di colpevolezza in ordine al concreto contributo fornito
da Lampasona, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o
del rafforzamento dell’associazione.

2. Avverso l’ordinanza ricorre

il

Procuratore della Repubblica presso il

Tribunale di Palermo il quale deduce:
2.1. Vizio di motivazione con riguardo alle complessive risultanze probatorie.
Il Tribunale del riesame ha trascurato di considerare la rilevanza degli
incontri e delle conversazioni del ricorrente che non possono essere ritenuti
casuali.
L’arresto per traffico di stupefacenti del ricorrente unitamente ad altri
appartenenti al sodalizio mafioso costituisce un ulteriore elemento indicativo del
pieno inserimento di Lampasona in un contesto criminale che intrattiene
collegamenti e pone in essere illecite attività anche con esponenti di diverse
articolazioni territoriali e di altre organizzazioni di tipo mafioso.
Ciò che voleva dire Quaranta nell’interrogatorio era chiaramente che al
ricorrente mancava unicamente la rituale affiliazione a Cosa Nostra.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 416 bis cod. pen., 273 e 192
cod. proc. pen..
In sede cautelare è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio
idoneo a fondare una qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato.
Il Tribunale del riesame è incorso nell’errore di diritto costituito dalla
violazione del principio della valutazione unitaria della prova, essendosi limitato
ad una valutazione autonoma dei singoli elementi probatori.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

con gli altri membri dell’organizzazione mafiosa e ricevendo i benefici economici

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che saranno di seguito indicate.

2. Il primo motivo è generico perché non si confronta con le adeguate
motivazioni fornite dal Tribunale del riesame, con ciò omettendo di assolvere la
tipica funzione di una critica argomentata avverso la ordinanza oggetto di ricorso
(Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838); per altro verso,
sollecita una rivalutazione di puro merito delle emergenze di indagine, non

(ex plurimis Sez. U, n. 47289 del

24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
2.1. Corretta e sorretta da logica, secondo un percorso che non segnala
deficienze o contraddizioni, è la motivazione spesa dal Collegio della cautela
nell’evidenziare che i meri rapporti di frequentazione dell’indagato con soggetti
ritenuti intranei al sodalizio mafioso non apparivano univocamente indicativi
dell’inserimento organico dello stesso nella “famiglia mafiosa di Santa
Elisabetta”. Né poteva escludersi che i contatti tra il ricorrente ed altri soggetti
pregiudicati fossero legati a comuni affari illeciti di diversa natura, quali ad
esempio il traffico di sostanze stupefacenti (l’indagato era, infatti, arrestato a
novembre 2015 perché trovato in possesso di 1 kg di cocaina).
Con motivazione saldamente ancorata alle obiettive risultanze processuali, il
Tribunale del riesame ha poi sottolineato che l’unico incontro tra l’indagato e gli
altri esponenti delle famiglie mafiose ebbe ad oggetto la trattazione di affari che
nulla avevano a che vedere con le strategie di “Cosa Nostra”, ed, in particolare, il
business relativo all’acquisto di beni alle aste per la successiva rivendita.
Del pari, la conversazione intercorsa il 6 giugno 2014 tra Quaranta e Nugara
è stata ritenuta correttamente del tutto priva di rilievo indiziante in quanto,
sebbene gli interlocutori parlassero di questioni inerenti alle dinamiche interne al
sodalizio mafioso, l’indagato veniva dagli stessi menzionato solo perché
intratteneva una relazione extraconiugale.
Si sottraggono a censure di vizi logico-giuridici ictu ()cui/ percepibili – e come
tali esulanti dal tipo di sindacato in questa Sede correttamente attivabile – anche
le ulteriori deduzioni della ordinanza impugnata in merito alle dichiarazioni del
collaboratore di giustizia Quaranta Giuseppe.
Il Collegio della cautela ha rilevato che il predetto ha in un primo momento
escluso che Lampasona facesse parte di Cosa Nostra, precisando che lo stesso
era dedito al traffico illecito di sostanze stupefacenti e all’abigeato; solo
successivamente ha, invece, dichiarato che l’indagato faceva parte della
“famiglia di Santa Elisabetta”.

3

consentita a questa Corte di legittimità

Il Tribunale del riesame, dopo avere evidenziato che tale ultima
affermazione non trovava riscontro nell’attività di indagine, ha ritenuto le
dichiarazioni di Quaranta inidonee a fondare quel giudizio di gravità indiziaria
necessario per l’applicazione della misura cautelare richiesta.
2.2.

Deve,

sul

punto,

evidenziarsi

che secondo

l’orientamento

giurisprudenziale ispirato da una nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di
cassazione (Cass. Sez. U. n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, rv. 231670) nel
quadro di una fattispecie plurisoggettiva come quella descritta dall’art. 416-bis

non può risolversi in un dato meramente formale, destinato ad essere inteso in
termini puramente astratti, ma deve essere concretamente calato all’interno del
sodalizio esaminato: in tal senso si è rilevato che deve attribuirsi all’elemento
rappresentato dal far parte dell’associazione un significato che ne valorizzi
l’incidenza sull’esistenza e sullo svolgimento dell’attività del sodalizio, cioè un
significato che non si limiti alla statica contemplazione di una qualità, ma si
risolva nell’individuazione di un ruolo dinamico e funzionale.
La citata pronuncia ha dunque in tal senso affermato che «la condotta di
partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica
compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più
che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione
del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a
disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi».
Con motivazione immune da vizi logici censurabili in questa sede, il
Tribunale del riesame di Palermo ha sottolineato come la partecipazione di
Lampasona all’associazione mafiosa non potesse essere desunta da alcun
indicatore fattuale tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle
pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della
qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e
però significativi “facta concludentia” -, idonei senza alcun automatismo
probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo.
2.3. In conclusione deve ritenersi che il Procuratore della Repubblica di
Palermo si limiti apoditticamente a riproporre gli argomenti che il Tribunale
aveva già motivatamente respinto, escludendo non illogicamente la gravità
indiziaria del quadro probatorio.

3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato posto che, alla
luce di quanto sopra evidenziato, il Collegio della cautela, ha correttamente
proceduto ad una valutazione unitaria del fatto (Sez. F, n. 38881 del
30/07/2015, Rv. 264515).
4

cod. pen. debba tenersi conto del contributo del singolo partecipante, il quale

Ed, in particolare, ha accertato, in un primo momento, il livello di gravità e
precisione dei singoli indizi, ciascuno isolatamente considerato, ed ha poi
proceduto al loro esame globale e unitario, senza però riuscire a dissolverne
l’indubbia ambiguità.
Proprio in considerazione dell’accertata impossibilità di fornire una lettura
complessiva del quadro probatorio in grado di chiarirne l’effettiva portata
dimostrativa e la congruenza rispetto al tema d’indagine prospettato dall’accusa
nel capo di imputazione, il Collegio della cautela ha correttamente annullato

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 29 maggio 2018

l’ordinanza del G.i.p..

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