Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36831 del 15/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36831 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI BLASIO MASSIMO N. IL 23/05/1973
avverso la sentenza n. 1570/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 12/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO,

Data Udienza: 15/04/2015

OSSERVA
1. Con la sentenza in epigrafe veniva confermata la condanna di DI BLASIO MASSIMO per il
delitto di cui all’art. 624-625 c.p. In sede di appello, riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62
n. 4 c.p. equivalente alla recidivala, la pena veniva ridotta ad anni 1 e mesi 3 di reclusione ed
C 300= di multa.

3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Il ricorrente pretende, invero, che in questa sede si proceda ad una rinnovata valutazione delle
modalità mediante le quali il giudice di merito ha esercitato il potere discrezionale a lui
concesso dall’ordinamento ai fini della valutazione del giudizio di comparazione dell’attenuante
con le aggravanti e la recidiva.
In proposito va ricordato che questa Corte di legittimità, con giurisprudenza consolidata ha
statuito che “Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti sono censurabili in cassazione soltanto nella ipotesi in cui siano frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione della
equivalenza aver ritenuto detta soluzione la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena
irrogata in concreto” (Cass. I, 15542\01, Pelini).
Nel caso di specie, il giudice di merito, con adeguata motivazione, ha spiegato di non ritenere il
ricorrente meritevole della prevalenza delle attenuanti e riduzioni di pena, in ragione dei
plurimi precedenti penali (per furti, rapina, armi ed altro) che non consentivano una prognosi
favorevole sul suo comportamento futuro.
Si tratta di una considerazione ampiamente giustificativa del diniego della prevalenza, che le
censure del ricorrente non valgono a scalfire.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo
ragioni di esonero, della somma di euro 1.000= (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
delle spese processuali ed al versamento della somma di 1.000= euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 15 aprile 2015
Il Co

igli

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e estenso e

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo la violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza dell’attenuante di cui all’art.
62 n. 4 sulle aggravati e la recidiva ed alla dosimetria della pena.

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