Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36830 del 20/03/2018
Penale Ord. Sez. 6 Num. 36830 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: AGLIASTRO MIRELLA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FANNI MIRKO nato a CAGLIARI il 14/03/1978
avverso la sentenza del 07/12/2017 del TRIBUNALE ch CAGLIARI
udita la relazione svolta dal Consigliere MIRELLA AGLIASTRO;
sentite le conclusioni del PG PAOLO CANEVELLI il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Data Udienza: 20/03/2018
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Cagliari in composizione monocratica, in data 7/12/2017
aveva emanato sentenza ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di
Fanni Mirko in relazione al reato di evasione, accertato in Cagliari 1’8/7/2017.
Su richiesta delle parti era stata applicata nei confronti del ricorrente la pena
complessiva di mesi dieci e giorni venti di reclusione, unificato il reato ascritto
Tribunale di Cagliari n. 1982 del 12/7/2017, pervenendo alla misura definitiva di
mesi sedici di reclusione per la riduzione del rito.
2. Ricorre per cassazione Fanni Mirko per il tramite del difensore, per due
seguenti motivi:
1)
mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione ai
sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.
2) violazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. Il giudice
non avrebbe dovuto applicare la recidiva che ha inciso sulla commisurazione
della pena finale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché proposto, successivamente l’entrata in
vigore delle modifiche al codice di procedura penale introdotte con la recente
legge n. 103 del 2017, per motivi non deducibili nel giudizio di legittimità
avverso sentenza di patteggiamento.
Ai sensi del nuovo art. 448, comma
2-bis cod. proc. pen., “il pubblico
ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la
sentenza (ex art. 444) solo per motivi attinenti l’espressione della volontà
dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea
qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di
sicurezza”. Dall’analisi della suddetta norma appare pertanto chiaro che la
rilevanza dell’intervento riformatore è consistita nella esclusione dal novero dei
casi di ricorso per cassazione del difetto o illogicità della motivazione e le
questioni relative alle circostanze. I motivi dedotti, quindi, non sono più
denunciabili come motivi di ricorso per cassazione. Va peraltro rilevato che la
ritenuta sussistenza dell’aggravante non ha avuto alcuna incidenza nel calcolo
della pena, in quanto bilanciata dal giudizio di equivalenza con le attenuanti
generiche, cosicchè il motivo di ricorso non è sorretto nemmeno da un concreto
interesse.
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dal vincolo della continuazione con quello già giudicato con la sentenza del
2. Con la modifica dell’art. 610 cod. proc. pen. e l’introduzione del comma 5
bis, la Corte di cassazione dichiara senza formalità di procedura l’inammissibilità
del ricorso nei casì di impugnazioni avverso la sentenza di patteggiamento aventi
ad oggetto motivi non deducibili.
3.
L’applicazione dei suddetti principi al caso in esame comporta la
declaratoria di inammissibilità de plano con ordinanza del proposto ricorso.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 nuova
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n.
186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro quattromila a
favore della cassa delle ammende avuto riguardo al rimedio esperito per ragioni
non più consentite dalla legge e totalmente ignorate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 20/3/2018
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Mirella Agliastro
Giacomo Paoloni
formulazione cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della