Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3683 del 14/10/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3683 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
sentite le conclusioni del P.G. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo Galli, che ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Amoroso Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 4 giugno
2015 del Tribunale del Riesame di Napoli, con la quale, è stato rigettato il ricorso avverso
l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Napoli in data 7 maggio 2015, con cui è stata applicata
nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere in ordine ai reati di rapina
continuata.
A sostegno dell’impugnazione l’Amoroso Giuseppe ha dedotto:
a)

Violazione dell’art. 297, c. 3 cod. proc. pen. in relazione ai capi b) e c9 delle

contestazioni.
Il ricorrente lamenta che nel caso di specie sia stato disatteso il principio del divieto
delle c.d. contestazioni a catena, in quanto due delle tre rapine contestate sarebbero state
eseguite prima del termine in cui è stata emessa la prima ordinanza.
b) Mancanza di motivazione ai sensi dell’art. 606, c. 1 lett. e) cod. proc. pen.
Il ricorrente lamenta la genericità del quadro indiziario che non avrebbe potuto giustificare
l’emissione del provvedimento di custodia cautelare a suo carico.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.

Data Udienza: 14/10/2015

Con riferimento al primo motivo osserva la Corte che in tema di contestazione a catena,
la questione della retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare può essere
dedotta anche nel procedimento di riesame a condizione che, per effetto della retrodatazione,
al momento dell’emissione della successiva ordinanza cautelare il termine di durata
complessivo sia già scaduto (cfr. Corte cost. n. 293 del 2013). (Sez. 2, n. 13021 del
10/03/2015 – dep. 27/03/2015, Belgio, Rv. 262933), circostanza che non risulta essere
avvenuta nel caso di specie, come emerge dallo stesso provvedimento impugnato.
In ogni caso è onere della parte che, nel procedimento di riesame, invoca l’applicazione

contestazioni a catena, fornire la prova dell’esistenza delle condizioni di applicazione di tale
retrodatazione riferite al termine interamente scaduto al momento del secondo provvedimento
cautelare e alla desumibilità dall’ordinanza applicativa della misura di tutti gli elementi idonei a
giustificare l’ordinanza successiva. (Sez. 5, n. 49793 del 05/06/2013 – dep. 10/12/2013,
Spagnolo, Rv. 257827). A tale onere la parte non ha fatto minimamente fronte , non essendo
sufficiente l’indicazione della data di commissione delle prime due rapine in epoca antecedente
all’emissione della prima ordinanza.
li. Con riferimento al secondo motivo osserva la Corte che il Tribunale ha spiegato con
coerenza logico-giuridica le ragioni in base alle quali devono ritenersi sussistenti le esigenze
cautelari in ordine ai reati contestato. Infatti la figura dell’Amoroso e il suo ruolo nelle vicende
sono stati inseriti all’interno di un quadro di elementi probatori che hanno ricevuto un positivo
vaglio procedimentale attraverso i riscontri concernenti preliminarmente le dichiarazioni delle
persone offese, le ricognizioni fotografiche, le riprese effettuate dalle videocamere del circuito
di videosorveglianza.
Il collegio ha indicato poi, in ordine alla permanente necessità della misura custodiale in
atto, non solo la circostanza della gravità dei fatti

de quibus ma anche la personalità

dell’indagato in forza dei gravi precedenti e della reiterazione di reati della stessa indole puniti
con pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, e l’esercizio pressoché
costante di condotte violente, unitamente alla pressoché certa impossibile concessione del
beneficio della sospensione condizionale della pena; proprio tale situazione complessiva ha
fatto ritenere al Tribunale ancora concreta ed attuale la pericolosità dell’Amoroso, con la
necessità della permanenza della misura della custodia cautelare in carcere, in considerazione
del pericolo di reiterazione dei reati, della personalità e del comportamento del prevenuto, e
l’assoluta impossibilità di fare affidamento su un comportamento di “contenimento” volontario”
dell’indagato in ragione della persistente attualità della sua pericolosità sociale. Tutte queste
circostanze appaiono idonee a rendere concretamente ipotizzabile una recidivanza dell’attività
criminosa. Peraltro il profilo dedotto attiene in modo univoco al merito della decisione e non è
censurabile in questa sede.
2. Alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura di altri elementi di fatto
rispetto a quelli posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi

della retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare, in presenza di

o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei medesimi, ritenuti maggiormente
plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se
la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e
spiegare l’iter logico seguito (ex plurimis: Cass. 10 ottobre 2008 n. 38803). La Corte non deve
accertare se la decisione di merito, anche cautelare, propone la migliore ricostruzione dei fatti,
né deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v.
Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546; Cass. 10 luglio 2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n.

3. Nella specie, peraltro l’Amoroso si limita a proporre una lettura riduttiva degli
elementi di fatto posti a base del provvedimento di rigetto in modo non esaustivo sotto il
profilo motivazionale, censurando genericamente la parziale adozione della motivazione per
relationem. Appare evidente che queste doglianze danno luogo a censure che non possono
trovare ingresso nel giudizio di legittimità. E in questo senso il ricorso appare infondato.
4. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato e, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen. , l’imputato deve essere condannato al pagamento delle spese
del procedimento.
La Cancelleria deve provvedere ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

Roma, 14 ottobre 2015
Il C
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re estensore
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Il Presidente
Mario Gentile

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