Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36829 del 06/10/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36829 Anno 2018
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1) Di Laura Frattura Paolo, nato a Campobasso il 04/07/1962;
2) Pacitti Pio, nato a Cassino il 10/06/1951
avverso l’ordinanza del 14/11/2016 emessa dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Cassino;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i ricorsi;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Luigi Cuomo, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cassino non ha
accolto la richiesta di archiviazione in relazione ai reati di concorso in abuso di

9)91

Data Udienza: 06/10/2017

ufficio contestati a Paolo Di Laura Frattura e a Pio Pacitti, disponendo, ai sensi
dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., che il pubblico ministero formuli
l’imputazione.

2. I due indagati hanno proposto distinti ricorsi per cassazione,
denunciando l’abnormità del provvedimento, pronunciato senza che fosse

pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In base all’art. 409, comma 2, cod. proc. pen. quando il G.i.p. non
ritenga di accogliere la richiesta di archiviazione deve necessariamente fissare
l’udienza camerale, da tenere nelle forme dell’art. 127 cod. proc. pen., dopo
aver dato gli avvisi al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini
e alla eventuale persona offesa. Nel caso in esame, invece, il giudice ha
emesso un provvedimento
direttamente

gli

atti

al

de plano,
pubblico

omettendo l’udienza e restituendo
ministero

per

la

formulazione

dell’imputazione: questo provvedimento è stato impugnato dai due ricorrenti
che ne hanno denunciato l’abnormità.

2. Sulla possibilità di impugnare il provvedimento negativo del giudice che,
come nel caso in esame, disponga l’imputazione coattiva “saltando” l’udienza
in camera di consiglio, si registra un contrasto nella giurisprudenza di questa
Corte.
Invero, le disposizioni processuali non prevedono alcun mezzo di
impugnazione contro il provvedimento con cui il giudice neghi l’archiviazione e
disponga che il pubblico ministero formuli l’imputazione, sicché mancando una
specifica previsione in tal senso, in base al principio di tassatività delle
impugnazioni la giurisprudenza pacificamente esclude la possibilità di
impugnazione in questi casi.
2.1. Il contrasto, invero, riguarda la natura del provvedimento emesso de
plano dal giudice che, se ritenuto abnorme, potrebbe essere oggetto di ricorso
per cassazione.

2

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fissata e celebrata l’udienza camerale di cui all’art. 409, comma 2, cod. proc.

Un primo orientamento ritiene abnorme il provvedimento con cui il g.i.p.
rigetta la richiesta di archiviazione e dispone la restituzione degli atti al
pubblico ministero, senza preventiva fissazione dell’udienza camerale, poiché
tale indebita regressione determina una stasi del procedimento, posto che il
pubblico ministero, da un lato, non è tenuto ad eseguire un ordine
illegittimamente posto e, dall’altro, non può nemmeno restituire gli atti al

45163 del 27/1072004, I., Rv. 230011; Sez. 1, n. 30270 del 22/05/2003,
Mariottini, Rv. 225488).
Secondo un diverso indirizzo lo stesso provvedimento non è impugnabile in
sede di legittimità, neppure sotto il profilo dell’abnormità (Sez. 2, n. 24793
del 05/06/2015, Asavinei, Rv. 264363; Sez. 6, n. 40768 del 09/11/2006,
Raymond, Rv. 235527).
2.2. Questo Collegio condivide quest’ultimo orientamento, dovendosi
rilevare che la categoria dell’abnormità presuppone il difetto di attribuzione
del potere di emettere l’atto da parte del giudice, mentre, nell’ipotesi in
esame, al giudice compete pienamente la funzione di esercitare il controllo
sulla domanda di non esercizio dell’azione penale da parte del pubblico
ministero.
In sostanza, deve ritenersi che qualora il g.i.p. adotti un provvedimento del
genere, questo non è autonomamente ricorribile per cassazione, in forza della
tassatività dei mezzi di impugnazione e ciò neppure sotto il profilo
dell’abnormità, dovendo riconoscersi che il provvedimento rientra nei poteri
tipici del g.i.p. e non determina alcuna irrimediabile stasi processuale. Il
codice di rito invero – prima delle modifiche introdotte dalla legge 23 giugno
2017, n. 103 — limita la ricorribilità dell’ordinanza di archiviazione ai soli casi
di nullità riconducibili all’art. 127, comma 5, cod. proc. pen., ma non prevede
alcuna possibilità di impugnazione avverso il provvedimento che
l’archiviazione neghi. Ciò appare d’altronde del tutto logico, poiché il
provvedimento lascia intatta la facoltà dell’interessato di dispiegare ogni
difesa in sede di udienza preliminare e di opporsi in quella sede all’emissione
del decreto che dispone il giudizio.

3. Da quanto precede consegue la dichiarazione di inammissibilità dei
ricorsi, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. In

3

ih

giudice (Sez. 6, n. 22081, del 28/04/2015, Cherubini, Rv. 263691; Sez. 1, n.

considerazione dell’esistenza del contrasto circa la possibilità di impugnare il
provvedimento si ritiene di non condannare i ricorrenti al pagamento di una
somma in favore della cassa delle ammende.

P. Q. M.

spese processuali.
Così deciso il 06/10/2017

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle

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