Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36803 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 36803 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Trandafir Marius Florin, nato in Romania il 24.4.1989, avverso
l’ordinanza emessa dal tribunale di Catania 1’8.1.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Alberto Cardino, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

FATTO E DIRITTO

Data Udienza: 26/05/2015

-o

1.

Con ordinanza emessa 1’8.1.2015 il tribunale di Catania, in

funzione di tribunale del riesame, adito ex art. 309, c.p.p.,
confermava l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari
presso il tribunale di Ragusa aveva applicato la misura cautelare della
custodia in carcere nei confronti di Trandafir Marius Florin,
gravemente indiziato del reato di partecipazione ad un’associazione
per delinquere finalizzata alla commissione di furti di rame ed altro
materiale analogo e di numerosi reati-fine.
2. Avverso la decisione del tribunale del riesame, di cui chiede
l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione
l’indagato, personalmente, lamentando violazione di legge, con
riferimento alla affermata inidoneità della misura degli arresti
domiciliari, con l’ausilio del “braccialetto elettronico” a soddisfare
le ritenute esigenze cautelari.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. Come è noto, infatti, in materia di misure cautelari personali, la
Corte di cassazione non ha alcun potere di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso
lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle condizioni
soggettive dell’indagato, in relazione alle esigenze cautelari e alla
adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha
applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di
legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto
impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo
hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti,
ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento (cfr., ex plurimis, Cass., sez. V,

2

t

02/10/2013, n. 15906; Cass., sez. IV, 26/02/2014, n. 14003;
Cass., sez. IV, 03/02/2011, n. 14726).
Nel caso in esame il tribunale del riesame di Catania, con
motivazione approfondita ed immune da vizi logici dopo essersi

colpevolezza e delle esigenze cautelari connesse al pericolo di
reiterazione criminosa, ha indicato specificamente le ragioni che
non consentono di applicare all’indagato la misura cautelare degli
arresti domiciliari, sia pure accompagnata dalla particolare
modalità di controllo costituita dal “braccialetto elettronico”,
evidenziando l’inidoneità di tale misura a soddisfare la ritenuta
esigenza di tutela della collettività, in considerazione della
negativa personalità del Trandafir, soggetto che, avendo
dimostrato una “chiara ed indiscutibile propensione a delinquere e
refrattarietà al rispetto delle regole”, appare “assolutamente
inaffidabile ed incapace di conformarsi alle prescrizioni del vivere
civile e, ovviamente, al rispetto di misure alternative al carcere
rimesse all’autodeterminazione del preposto”.
A fronte di tale limpido argomentare le censure del ricorrente non
pongono in risalto illogicità evidenti, con la conseguenza che il
ricorso va dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e
della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende,
tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei
motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente
medesimo immune da colpa nella determinazione delle
evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n.
186 del 13.6.2000).

3

diffusamente soffermato sulla sussistenza dei gravi indizi di

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 in favore della cassa delle ammende.

comma 1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma il 26.5.2015

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94

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