Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36801 del 25/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36801 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
YANG YIKAO N. IL 28/08/1968
avverso la sentenza n. 81/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
NAPOLI, del 03/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 25/06/2013

1. Avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Napoli del
3 luglio 2012, con la quale, in riforma, quanto alla pena, di quella
resa in prime cure dal GUP del Tribunale della stessa sede in data
21 luglio 2011, veniva condannato alla pena di anni dodici di
reclusione perché riconosciuto colpevole, in concorso con altri,
dell’omicidio mediante accoltellamento di Tu Jinguang&Iftwilio
~MA e del tentato omicidio, con le medesime modalità, di
Junmeng Yang, nonché del porto dell’arma come innanzi uta, in
Terzigno, il 25 agosto 2010, propone ricorso per cassazione Yang
Yikao, assistito dal difensore di fiducia, sviluppando un unico
motivo di impugnazione.
Lamenta con esso la difesa ricorrente difetto di motivazione in
relazione all’aumento di pena, ritenuto severo, per la continuazione,
di per sé idoneo ad escludere ogni vantaggio per la scelta del rito
abbreviato.
2. La doglianza è stata assegnata alla VII sezione di questa Corte
con gli adempimenti processuali di rito.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
La graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti,
rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la
esercita, così come per fissare la pena base e gli aumenti per la
continuazione, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133
cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di
cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della
pena sotto gli esposti profili (Cass., Sez. III, 17/10/2007, n. 1182;
Cass., Sez. Unite, 25/02/2010, n. 10713)
4. Il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile ed alla declaratoria
di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle
spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo
determinare in euro 1000,00.

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00
in favore della Cassa delle ammende.
Roma, addì 25 giugno 2013

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