Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36792 del 25/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36792 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RAGONE MARIA N. IL 26/11/1962
avverso l’ordinanza n. 175/2010 TRIBUNALE di SALERNO, del
12/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 25/06/2013

1. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno, in funzione di
giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 12 marzo 2012,
veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della
disciplina di favore di cui all’art. 671 co. 1 c.p.p., in relazione al
provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 1° giugno
2010, pene inflitte per i reati di cui agli art. 648, 468, 649, 494, 640,
489, 477, 482 c.p. commessi tra il marzo 2000 ed il dicembre 2004,
propone ricorso per cassazione Ragone Maria, assistita dal
difensore di fiducia, denunciando violazione degli artt. 81 c.p. e 673
c.p.p. nonché illogicità della motivazione impugnata.
Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente, c e nella fattispecie
risultano enfatizzati i criteri spazio-temporali e non già il contenuto
delle sentenze di condanna rivelatori dell’unità del disegno
criminoso, peraltro esplicitamente riconosciuto da alcune sentenze
di condanna e dallo stesso P.M. in sede di contestazione dei reati.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 12.05.2006, n. 35797)
secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria
ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti
alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee,
situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel
tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una
determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività
delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità
(cfr., per tutte, Cass., Sez. 2″, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. l”,
15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta
previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento
sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si
determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso,
anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo
l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere
ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del
dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali
indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative
elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene
giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e
le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere
sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

3. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi
dell’art. 616 c.p.p. e di una somma in favore della Cassa delle
ammende, somma che si stima equo fissare in euro 1000,00.
P. Q. M.
la Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00
alla Cassa delle ammende
In Roma, addì 25 giugno 2013

officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il
carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere
affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento,
infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del
giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza
vizi logici e travisamento dei fatti.
Tanto premesso sul piano dei principi non può non convenirsi con
la conclusione che il giudice di merito abbia fatto di essi puntuale
applicazione, con provvedimento articolato logicamente, di guisa
che oltre lo stesso rimane il giudizio di merito, abbondantemente
invocato col ricorso in esame, che anche per tale ragione non può
trovare ingresso.
Il giudice a quo infatti ha ben distinto la nozione di unità del
disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p.,
dalla generica inclinazione a commettere reati a ciò indotti da
occasionalità ovvero da una vera e propria scelta di vita, così come
oggettivamente appare nel caso di specie, come accreditato del tutto
logicamente dal giudicante e come viceversa negato, con giudizio in
fatto, dalla difesa istante, peraltro con argomentazioni
sostanzialmente generiche ed aspecifiche..

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