Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3675 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 5 Num. 3675 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

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sul ricorso proposto da:
PIGNATIELLO GIOVANNI N. IL 12/09/1974
CAMMARANO VERONICA N. IL 06/01/1979
avverso la sentenza n. 9913/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
25/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Uditoli Procuratore Generale in persona del Dott. ).)írlh Lernegi
che ha concluso per n- ‘2,1 46 11-1-0 DEI P-iconS

Udito, per la parte ci
Udit i dire

r Avv.

Avv

Data Udienza: 22/01/2014

OSSERVA

1. Con sentenza del 24 febbraio 2009 del Tribunale di Noia, Pignatiello
Giovanni e Cammarano Veronica erano condannati alla pena di giustizia per il
delitto di furto di alcuni beni sottratti dai banchi del supermercato Auchan,

una borsa riposta nel carrello. La Corte d’appello di Napoli riformava
parzialmente la decisione, riconoscendo agli imputati l’attenuante del danno
patrimoniale di speciale tenuità, da ritenersi prevalente sull’aggravante
contestata, unitamente alle attenuanti generiche e conseguentemente
rideterminava la pena.
2. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli propongono ricorso
entrambi gli imputati, con atto del proprio difensore, avv. Carmine Pannarella,
affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell’art. 606, lettera
B, cod. proc. pen., in relazione agli articoli 56, 110, 624 e 625 cod. pen., in
riferimento alla qualificazione del fatto come furto consumato anziché tentato.
I ricorrenti rilevano che l’azione si è svolta sotto la sorveglianza del personale
addetto alla vigilanza, che ha atteso il superamento delle casse da parte degli
imputati per recuperare i beni sottratti e richiamano la giurisprudenza di
questa Corte (Sez. 5, n. 7042 del 20/12/2010 – dep. 23/02/2011, D’Aniello,
Rv. 249835; Sez. 4, n. 38534 del 22/09/2010, Bonora, Rv. 248863) secondo
la quale integra solo il tentativo di furto la condotta di prelevamento della
merce dai banchi di vendita di un grande magazzino a sistema “self service” e
di allontanamento, con la merce occultata, senza pagare, allorché l’avente
diritto o la persona da lui incaricata sorvegli l’azione furtiva, sì da poterla
interrompere in ogni momento, perché la cosa non può dirsi uscita dalla sfera
di vigilanza e di controllo diretto dell’offeso. I ricorrenti danno atto anche della
esistenza di un diverso ed opposto orientamento (Sez. 5, n. 7086 del
19/01/2011, Marin, Rv. 249842), ma invocano il precedente arresto,
sottolineando che la predisposizione di un corpo di sorveglianza e di un
sistema di monitoraggio a distanza all’interno di un grande magazzino ha
proprio la funzione di impedire la commissione di furti della merce esposta,
per cui laddove l’agente intervenga nel momento in cui il reo ha superato le

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valendosi del mezzo fraudolento, consistito nell’occultamento della merce in

casse per una propria scelta, a difesa del diritto patrimoniale, non si è ancora
verificato alcun impossessamento.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente Pignatiello deduce violazione dell’art.
606, lettera E, cod. proc. pen., in relazione agli articoli 163 e 164 cod. pen.,
con riferimento al diniego della sospensione condizionale della pena, per avere

cui all’articolo 116 del codice della strada, la quale all’epoca del furto era stata
depenalizzata. Il ricorrente richiama alcuni precedenti di questa Corte,
secondo i quali la regola dell’applicazione della legge più favorevole trova
applicazione anche se, successivamente, il legislatore ritenga di modificarla in
senso meno favorevole (Sez. 4, n. 23613 del 18/03/2004, Vilhar, Rv.
228786).
3. Il primo motivo di ricorso richiede l’esame della questione di diritto
riguardante la qualificazione della condotta di sottrazione di merce all’interno
di un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di
vigilanza, allorchè l’autore sia fermato dopo il superamento della barriera delle
casse con la merce sottratta.
Sul punto si registra il contrasto giurisprudenziale di seguito indicato.
4. La Quinta Sezione penale, con decisione del 7 febbraio 2013, dep. 14
maggio 2013, n. 20838, Fornella, Rv. 256499, ha qualificato la condotta in
termini di furto consumato, osservando che laddove il reo abbia superato la
barriera delle casse non rileva la circostanza che il fatto sia avvenuto sotto il
costante controllo del personale del supermercato incaricato della
sorveglianza.
La decisione ribadisce l’orientamento interpretativo (per limitarsi alle
pronunzie massimate più recenti, si richiamano le seguenti: Sez. V, 19
gennaio 2011, n. 7086, Marin, Rv. 249842; Sez. V, 13 luglio 2010, n. 37242,
Nasi e altro, Rv. 248650; Sez. V, 8 giugno 2010, n. 27631, Piccolo, Rv.
248388; Sez. V, 9 maggio 2008, n. 23020, Rissotto, Rv. 240493), secondo il
quale (in particolare la sentenza Rissotto) in un supermercato la sorveglianza
culmina nel passaggio obbligato della cassa del cliente, che è autorizzato a
portar con sè l’oggetto prelevato sino a quel punto. Se perciò il fatto che,
prelevando la merce, il cliente non la lasci in vista sino alla cassa (ad esempio
riponendola in una borsa – carrellino) non consente per sè la configurazione

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la Corte ritenuto ostative al beneficio due condanne per la contravvenzione di

della condotta criminosa, la condotta di sottrazione si attua sicuramente al
momento in cui il cliente non mostra alla cassa l’oggetto, per il pagamento del
prezzo. E se la supera senza pagarlo, ne consegue istantaneamente il
possesso illegittimo, indipendentemente dal monitoraggio svolto sino a quel
momento da parte del personale dell’esercizio.

momento consumativo del reato, vanno segnalate due ulteriori decisioni di
questa Sezione, non massimate (Sez. V, 15 giugno 2012, n. 25555, Magliulo
e Sez. V, 30 marzo 2012, n. 30283, Oprea), che fanno riferimento
all’apprensione del bene dai banchi ed all’occultamento di esso (in tasca, in
borsa o altrove), in modo da predisporre le condizioni per passare dalla cassa
senza pagare: tale condotta – si afferma – integrerebbe già, in presenza del
relativo elemento psicologico, gli elementi costitutivi del delitto di furto,
compreso l’impossessamento, non essendo rilevante il tempo in cui esso si
protrae (per pochi secondi o lungamente). In tale ottica “il superamento delle
«linee di cassa» rappresenta e quindi rende manifesta la volontà dell’agente di
non pagare le cose che…ha prelevato dagli scaffali. Detto superamento,
insomma, opera più sul piano della prova, che su quello dell’integrazione degli
elementi tipici.”
6. Nella giurisprudenza della Corte va però segnalata la presenza della diversa
posizione, fatta propria dal ricorrente, secondo la quale in caso di sorveglianza
continua dell’azione criminosa si configura solamente la fattispecie tentata del
reato di furto, in quanto la cosa prelevata dagli scaffali ed occultata non
potrebbe dirsi comunque uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto
dell’offeso, il quale potrebbe in ogni momento interrompere tale condotta.
In questo senso si sono espresse alcune decisioni di questa Sezione, anche
recenti (tra le ultime, Sez. V, 28 gennaio 2010, n. 11592, Finizio, Rv. 246893;
Sez. V, 6 maggio 2010, n. 21937, Lazaar, Rv. 247410; Sez. V, 20 dicembre
2010 – dep. 23 febbraio 2011, n. 7042, D’Aniello, Rv. 249835) e due decisioni
di altre Sezioni (Sez. IV, 22 settembre 2010, n. 38534, Bonora, Rv. 248863,
Sez. II, 5 febbraio 2013, n. 8445, Niang, non massimata, quest’ultima in
tema di rapina impropria), nelle quali si predilige un connotato di “effettività”
che deve caratterizzare l’impossessamento, quale momento consumativo del
delitto di furto, rispetto al semplice momento sottrattivo. In particolare la

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5. Nella stessa linea interpretativa, anche se con diversa individuazione del

decisione D’Aniello distingue l’ipotesi nella quale

l’amotio della res e lo

spossessamento siano contemporanei, dall’ipotesi che invece vede il momento
della “sottrazione” del bene dalla disponibilità del detentore non
accompagnarsi allo “spossessamento”, inteso come perdita di “vigilanza e di
controllo diretto” sulla cosa: in tal caso la sottrazione non realizzerebbe altro

7. Va infine ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte, affrontando in
senso affermativo il tema della configurabilità del tentativo di rapina
impropria, nel caso in cui la condotta di sottrazione della cosa non venga
completata (Sez. U, n. 34952 del 19/04/2012, Reina, Rv. 253153), hanno
incidentalmente ritenuto, con riferimento al furto, che “..finchè la cosa non sia
uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore questi è ancora in grado di
recuperarla, così facendo degradare la condotta di apprensione del bene a
mero tentativo”,

affermazione che sembra manifestare una implicita

condivisione dell’interpretazione invocata dai ricorrenti.
8. Alla stregua dei riferiti rilievi, rilevato che la tematica esaminata ha dato
luogo ad un contrasto giurisprudenziale, appare necessario rimettere alle
Sezioni Unite Penali di questa Corte, a norma dell’art. 618 c.p.p., la seguente
questione:
” Se la condotta di sottrazione di merce all’interno di un supermercato,
avvenuta sotto il costante controllo del personale di vigilanza, sia qualificabile
come furto consumato o tentato allorchè l’autore sia fermato dopo il
superamento della barriera delle casse con la merce sottratta”.

P.Q.M.

rimette i ricorsi alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen..
Così deciso in Roma il 22 gennaio 2014
Il Consigliere estensore

che una fattispecie tentata.

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